| Categoria: Librogame E.L. - Singoli Libri Grecia Antica
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Titolo: 03 - Il Ritorno | Valutazione: 7.33 Letture:3320 | John Butterfield, David Honigmann e Philip Parker | Dopo aver sconfitto il Minotauro vorresti già essere a casa, da tua madre, a Trezene. Ma il diverso volere degli dei, capricciosi signori del fato, e la tua ansia di conoscere mondi e terre lontane ti spingono negli infidi territori di Poseidone, lontano dalla giusta rotta. Riuscirai a resistere al canto ammaliatore delle Sirene? Avrai il coraggio di affrontare la discesa nel mondo degli Inferi? Saprai sottrarti agli incantesimi della ninfa Calipso? Mille lusinghe si presentano ad un giovane principe vittorioso, e non sempre la saggezza sostiene il giovanile ardore. Ardua è la via del ritorno... |
Valutazione media:
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(1)
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(10)
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Data pubblicazione 22/11/2007
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Inviata da: Gurgaz il 7/1/2007 |
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Valutazione generale:
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9
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Titolo originale: Return of the Wanderer Autori: John Butterfield, David Honigmann e Philip Parker Anno: 1986 Illustrazioni: Dan Woods Traduzione italiana: Flavio Gregori (1987)
Nel precedente episodio abbiamo lasciato Alteo vincitore, in procinto di sposarsi con Arianna sull’Isola di Nasso. Ebbene, cosa mai potrà riservare un terzo librogame ad un eroe che ha affrontato gli avversari più temibili, ha compiuto un viaggio faticoso ed è sopravvissuto alle insidie della corte di Minosse? Una fine ingloriosa, se non si ha la prontezza di spirito per usare la Preveggenza al paragrafo 1! Infatti, sposare la figlia di Minosse rende Alteo fratello del Minotauro, partorito dalla regina Pasifae, e le terribili Furie perseguitano fino alla morte chi uccide un consanguineo!
Dopo questo colpo basso, il lettore più smaliziato ha già capito che Il Ritorno gli farà sputare sangue. Il terzo ed ultimo capitolo di Grecia Antica è ispirato all’Odissea, tuttavia Ulisse non fu mai costretto a sopportare le pene e le ignominie che gli autori hanno riservato ad Alteo. Abbandonare Arianna a Nasso era necessario, ma costituisce una colpa davanti agli dei. A questa si aggiungono altre disgrazie, come la morte del padre Egeo e l’involontaria uccisione del cugino Agnoste. La purificazione è lunga e dolorosa, perché sull’eroe incombe l’ira funesta di Poseidone, sempre pronto a scatenare tempeste. In oltre quattro anni di peregrinazioni, Alteo capita in mezzo ai Lotofagi, sull’isola Ogigia da Calypso, a Eea dalla maga Circe, ma anche tra i selvaggi Nubiani, nel deserto egiziano, fino alla discesa nel tenebroso Ade. Lo spirito di Teseo lo indirizza verso la tribù dei Fitalidi, un popolo misterioso che è in grado di cancellare la sua immane colpa, ma la pace non è il destino del nostro eroe.
Senza dubbio si tratta di un librogame di qualità superiore, in perfetta linea con gli altri titoli di Grecia Antica. Per apprezzarlo è necessario uno sforzo incredibile, perché il divertimento non sta nel compiere gloriose imprese ed ingraziarsi gli dei, ma nel sopravvivere ad una marea di avversità ingiuste e sproporzionate. Questo libro è fenomenale per come trasmette al giocatore l’impotenza di Alteo, in balia di un destino che lo ricopre di disonore e gli pone davanti solo ostacoli. Ci vuole attenzione e perseveranza per sfuggire al furore del dio del mare e ai tranelli del mercante Markos, un subdolo fenicio col coltello sempre dalla parte del manico.
I viaggi di Alteo sono piuttosto confusi, geograficamente parlando, ma così sono quelli di Ulisse; c’è però qualche svista, ad esempio non viene mai specificato chiaramente se si perde l’equipaggiamento, ma le caratteristiche degli avversari fanno intendere che non si dispone delle armi di Efesto. Ad ogni modo, l’unico difetto che imputo a questo librogame è la precisa intenzione di spingere il giocatore su un percorso prefissato, irto di eventi infausti ed inevitabili. C’è solo un punto in cui si possono seguire due strade: fare visita a Circe o recarsi al tempio di Ares a Olbia, in cerca di purificazione. Il resto è tutto predeterminato e non c’è spazio per le scelte del lettore, che è fin troppo occupato a contenere il minaccioso accumulo di INFAMIA, a fronte delle rare occasioni per farsi ONORE.
Un librogame magnifico, tragico ed eccezionalmente arduo; di pari passo con Alteo, il lettore deve compiere il lento e sofferto processo che i Greci definirono catarsi. Raggiungere la fine senza imbrogliare dà un senso di pace e liberazione, poco importa cosa si è costretti a leggere nel paragrafo 600. Il Ritorno offre emozioni uniche, diverse da qualsiasi altro librogame, ma una sbagliata predisposizione d’animo può renderlo intollerabile. Per molti, ma non per tutti.
Ambientazione: 9 Stile di scrittura: 10 Bilanciamento: 9 Interattività: 6 Aspetto grafico: 10
Voto complessivo: 9 Difficoltà: alta
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Inviata da: EGO il 3/6/2007 |
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Valutazione generale:
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7
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Il ritorno è uno dei librogame più faticosi che siano mai stati scritti. Faticoso, perché per portarlo a termine si arriva a provare su se stessi una sensazione, fisica e mentale, molto simile a quella in cui si deve trovare il suo protagonista. Simile a un Fantozzi dell’antica Grecia, Alteo si sostituisce a Ulisse in un’Odissea che comincia male e che peggiora ad ogni tappa; sembra quasi di assistere a una lunghissima candid camera, solo che in questo caso il protagonista sei tu.
Quello che non si può minimamente capire senza leggere il libro è la pura cattiveria con cui gli autori l’hanno messo insieme. Se pensavate che Steve Jackson fosse perfido, aspettate di provare Il ritorno. Su 600 paragrafi ce ne sono 43 di morte; se il pensiero che vi sta affiorando alla mente è “sticazzi”, vi faccio presente che ne La Corona dei Re ce ne sono 46 su 800 paragrafi, e guarda caso proprio 43 entro i primi 600. E come se non bastasse, possiamo tranquillamente dire che ce ne sono di più, perché per finire il libro bisogna necessariamente invocare Zeus alla fine; ne consegue che tutti i paragrafi in cui ci si può salvare solo invocando Zeus, di fatto, costituiscono di per sé una sconfitta, anche se permettono di andare avanti. Ma non è solo la quantità delle morti istantanee a sorprendere, è anche la spietata efferatezza delle descrizioni. Alteo viene fatto fuori nei modi più crudeli e raccapriccianti immaginabili: provate a farlo cadere preda delle Sirene o degli Uomini Uccello e ve ne renderete conto. Alcuni di questi paragrafi sono realmente disturbanti, tanto da chiedersi quale sia il target di età di questo libro.
Onestamente è difficile divertirsi in un’avventura in cui non c’è praticamente nessun tipo di ricompensa, nemmeno nel finale. Il libro vuole farci sentire un piccolo uomo nelle mani di un destino avverso, costantemente ostacolato dagli dei capricciosi e da esseri umani privi di qualsiasi scrupolo e pietà, e ci riesce alla perfezione! E’ esattamente questo che affatica il giocatore: superi uno scoglio con grande difficoltà, facendo uno slalom gigante tra la mezza dozzina di possibilità di morte gratuita che ti aspettano, solo per trovarti in acque ancora peggiori, in una spirale che sembra infinita e che si spezza solo a due paragrafi dalla fine, senza mai darti nemmeno il tempo o il motivo di gioire per le piccole vittorie. La difficoltà è mostruosa: tutta l’avventura è costellata di piccoli “mini-giochi” in cui i dadi la fanno da padroni, e che sarebbero interessanti se i numeri in gioco non fossero così sfavorevoli. Basta pensare alla purificazione presso il tempio di Ares, agli scogli delle Sirene o alla regata; e come se non bastasse, la maggior parte di questi eventi sono obbligatori.
Visto che i combattimenti sono rari e relativamente facili, il sistema delle preveggenze diventa il protagonista principale dell’impianto di gioco, e viene spinto a livelli parossistici, tant’è vero che se non si fa una preveggenza al paragrafo 1 si muore subito! Praticamente in ogni situazione una preveggenza può ben fare la differenza tra la vita e la morte, e si può quindi immaginare come il libro tenda a caricare continuamente il lettore, giustamente ansioso di non perdersi una preveggenza salvavita, di punti di INFAMIA (davvero strambo, a riguardo, il paragrafo che dice: “Se hai un giusto numero di punti di INFAMIA vai al xxx; se ne possiedi, invece, un numero esorbitante vai al xx.” Davvero molto chiaro!). Nel finale poi la cosa diventa quasi ridicola, con una preveggenza dietro l’altra per evitare di perdere proprio quando si è a un passo dalla fine. E non ci sono mica solo le preveggenze: anche in altri punti della storia ci sono delle sonore fregature, come quando si vince un combattimento, ci si copre di gloria e poi si va incontro a una brutta fine; oppure quando si pensa di aver finalmente trovato un passaggio verso la meta, e invece si viene riportati dritti dritti nel luogo da cui si è appena fuggiti!
Non è affatto difficile pensare che un bel po’ di giocatori possano arrivare a odiare questo libro con tutta l’anima e mollarlo prima di finirlo, e li posso benissimo capire. Farcela al primo tentativo è praticamente impossibile; unica consolazione è che, a differenza del secondo, è possibile finirlo senza aver giocato i precedenti, ma questa è la via più rapida e sicura per arrivare a disprezzare Grecia Antica. Visto come conclusione della serie, una volta finito Il ritorno acquista il suo perché, e appare come il buon librogame che è; prima, però, non fa molto per farsi apprezzare, eccetto l’impressionante varietà di situazioni e lo stile di scrittura eccellente. E’ troppo punitivo per essere veramente divertente, e quindi è molto meno godibile dei due precedenti, ma è altrettanto interessante.
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Inviata da: =Dr.Scherzo= il 22/8/2009 |
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Valutazione generale:
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6
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Titolo originale: "The Cretan Chronicles – Return of the Wanderer” Autore: John Butterfield, David Honigmann, Philip Parker Anno: 1986 (1987 in Italia) Illustrazioni: Dan Woods Traduzione italiana: Flavio Gregori
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Alteo, principe greco, ha appena sconfitto il possente Minotauro. Deve ora fare ritorno ad Atene, da suo padre. Tuttavia, gli Dei hanno deciso diversamente...
Ecco, adesso cambiate la parola “Dei” con “Autori”, perchè la volontà di chi ha scritto questo libro è palese fin dal primo paragrafo: dovrete subìre. E subirete *tanto*. Dico sul serio, “Il Ritorno” è un libro estenuante. Non ho la fortuna di possedere i primi due capitoli della saga di Grecia Antica, ma mi auguro che non siano perfidi come questo, altrimenti ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli. La vicenda è totalmente incentrata sul tema dell'espiazione: nel corso della sua vita Alteo ha commesso un errore, e da quel momento egli deve solo pagare, pagare, pagare. Per lui non c'è scampo. Essendo noi lettori a muoverlo, saremo testimoni d'una delle avventure più avare di soddisfazioni di tutta la storia dei librigame. Il povero Alteo, come un novello Ulisse, si trova a vagare per il Mediterraneo, colpito a più riprese dalla malasorte e venendo umiliato in ogni modo possibile. L'ambientazione è ottima, ma il tutto viene reso in modo volutamente deprimente, trasmettendo uno sgradevole senso d'impotenza che, nel mio particolare caso, si è presto trasformato in noia. Dopo i primi malevoli paragrafi si capisce fin troppo bene l'antifona, e si smette di sperare di compiere una qualsivoglia impresa eroica: la sistematicità con cui il Fato s'accanisce su Alteo rasenta lo scorretto od il paradossale, come nel caso delle Preveggenze (se si vuole sopravvivere bisogna farne largo uso, ma se ne si fa uso piovono penalità e punti Infamia). Per esempio, su cinque volte che sono salito su una nave, quattro volte s'è scatenata una tempesta di proporzioni bibliche ed ho fatto naufragio. Alla fine, esasperato, m'ero perfino messo in testa di evitare il mare ad ogni costo, tanto sapevo già come andava a finire. Il problema è che non si può, gli autori non danno la possibilità di muoversi come si vorrebbe. Alteo deve espiare, e noi con lui.
Altra cosa piuttosto seccante è la puntualità con cui ciò su cui mettiamo faticosamente le mani ci viene brutalmente tolto. Non c'è un attimo di pace. Riusciamo dopo sforzi immani ad ottenere un po' di provviste? Alè, giù una bella tempesta con naufragio annesso e perdiamo tutto. Ci viene donata una spada con cui difenderci? Non sia mai, ecco subito giungere qualcuno che ce la porta via. Stiamo per scoprire il modo in cui fare penitenza? La nostra fonte sparisce o viene uccisa senza che ci venga data la minima possibilità di decidere. Decisamente frustrante, in particolare se si pensa che dobbiamo attraversare 600 lunghissimi paragrafi, e che la mole di sfortuna tende ad acuirsi invece che ridursi: non mi spiego altrimenti l'incomprensibile ed inutile deviazione che può spingere Alteo fino in Africa, dai Nubiani. Una perdita di tempo colossale, a parer mio.
Restando in tema di passaggi forzati e scelte obbligatorie, un discorso a parte merita sicuramente il mercante fenicio Markos, una delle figure più detestabili di ogni tempo. Non si sa come, né perchè, ma 'sto tizio ce lo ritroviamo continuamente tra i piedi, il che è tutto fuorchè un bene per il lettore: l'unico ruolo di Markos, infatti, sembra essere quello del traditore guastafeste, il suo unico intento quello di ingannare il protagonista, il suo unico anelito quello di rompere pedissequamente le uova nel paniere. Davvero non si capisce il motivo di questa acredine: o Alteo gli ha fatto qualcosa in una vita precedente, oppure Markos è un figlio di buona donna senza alcuna qualità morale. In ogni caso, non è quasi mai consentito ribellarsi: bisogna subìre e basta. Il testo ci obbliga a mettere in gioco costantemente i nostri pochi e sudatissimi averi, anche se uno non ha alcuna intenzione di dare di nuovo retta all'insopportabile mercante (come nell'assurdo caso dell'anello e del frammento di giada, in cui l'opzione “No, dannazione, non voglio giocare con te, Markos, và via!” non è contemplata).
Ambientazione: 8 Stile di scrittura: 8 Bilanciamento: 6 Interattività: 5 Aspetto grafico: 7
Voto complessivo: 6 Difficoltà: alta
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