| Categoria: Librogame E.L. - Singoli Libri Misteri d'Oriente
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Titolo: 05 - Gli Adoratori del Male | Valutazione: 8.00 Letture:3310 | Doug Headline, Dominique Monrocq e Jacques Collin | Questa volta il vento dell’avventura porta il Prete Gianni nella giungla e nelle città dell’India misteriosa, terra di antica cultura e religione. Coinvolto suo malgrado nella lotta tra i monaci induisti e la setta dei fanatici Thug, adoratori della dea Kalì, dovrà ritrovare al più presto il pugnale di Shiva per poter condurre a termine la sua missione. |
Valutazione media:
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(1)
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(10)
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Data pubblicazione 21/12/2006
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Inviata da: Gurgaz il 23/12/2006 |
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Valutazione generale:
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9
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Titolo originale: Les Adorateurs du Mal Autori: Doug Headline, Dominique Monrocq e Jacques Collin Anno: 1987 Illustrazioni: Olivier Vatine Traduzione italiana: Eleonora Baron (1990)
Fonte d’ispirazione: I Thug furono una setta religiosa hindu attiva dal XII secolo d.C, ma certamente la loro nascita va collocata molto prima. Il nome deriva dal sanscrito sthag, che significa “nascondere”. La confraternita fiorì soprattutto nell’Uttar Pradesh e nell’India Centrale durante i secoli XVII-XIX, favorita dalla destabilizzazione dei poteri locali dovuta ai saccheggi degli europei. Il culto dei Thug aveva il suo centro nel tempio di Kali a Mirzapur, nei pressi di Benares. Gli atti criminali compiuti dai membri della setta combinavano la rapina per autofinanziarsi con la devozione religiosa. Le vittime erano scelte per divinazione e dopo averle strangolate, derubate e seppellite si celebrava un banchetto. A volte i malcapitati erano avvelenati, annegati o sepolti vivi; l’agonia veniva deliberatamente prolungata, affinché la dea Kali potesse apprezzarla. L’appartenenza ai Thug veniva trasmessa di padre in figlio e proprio questo fatto consentì agli Inglesi di effettuare accurati studi genealogici, che permisero di risalire ai membri della setta e di smantellarla completamente tra il 1831 e il 1882.
La tavoletta trovata nella Torre di Babele indirizza il Prete Gianni verso l’India, “il paese delle vacche sacre”. Il quinto librogame di Misteri d’Oriente si svolge interamente a Kasi, l’antica Benares, città sconvolta dagli scontri tra le fazioni religiose indù. Coinvolto suo malgrado nella faida, il protagonista entra casualmente in possesso del Katar Sacro di Shiva, un prezioso manufatto dagli strani poteri. Inseguito dai Thug, il Prete Gianni cerca aiuto presso le autorità politiche e religiose, ma trova molti guai e poche ricompense. Sta per abbandonare Kasi quando incontra la bella principessa Rossana, che ha bisogno del suo aiuto per impedire ai Thug di compiere un rito, destinato a conferire alla setta un potere immenso...
Nonostante la serie abbia smarrito il rigore storico (ricordo che dovremmo essere nel VI secolo a.C.), questo capitolo presenta un’India colorita, caotica, piena di trame segrete ed usanze bizzarre. Grazie ad una prosa solida ed accorata, è possibile immedesimarsi nello scoraggiato Prete Gianni, che continua a comportarsi da paladino e riceve come ricompensa tradimenti e persecuzioni. Non posso esimermi dal segnalare la scena, straordinaria, in cui il nostro cerca di annegare il suo sconforto nell’alcool ed è subito circondato da thug, bramini e yoghi che si sbudellano allegramente. Ha bevuto troppa soma, oppure la lite sta accadendo realmente?
Mai come in questo libro si passa da momenti sospesi sul filo del rasoio a situazioni grottesche, da sbellicarsi dal ridere. La storia in sé non è originale ma è ben articolata; a renderla avvincente sono i continui colpi di scena e le ammiccanti citazioni di Indiana Jones e il tempio maledetto. Al solito, la fantasia degli autori mescola creature tipiche della mitologia locale con i luoghi comuni del fantasy, dando vita ad un’ambientazione varia eppur coesa.
Un altro candidato al titolo di miglior episodio della serie, finisce col rovinare tutto a causa dell’assurda difficoltà della parte finale. Durante tutto il librogame occorre restare vigili ed evitare i tranelli, ma a partire dalla cerimonia dei Thug salta ogni schema di bilanciamento. Anzitutto viene penalizzata la Forza e i danni diventano ingenti; non è concesso recuperare alcunché e si viene sottoposti ad una faticosa ordalia (giudizio divino), che può facilmente annientare le ultime riserve di Vita. Il bello è che mancano ancora diversi scontri per giungere al duello finale contro il Gran Sacerdote dei Thug o, nel caso peggiore, con il micidiale demone Asura. Se non si possiede una Forza base di almeno 16 punti ci si può mettere il cuore in pace, perché non si può terminare il librogame.
Un ottimo libro, illustrato a mo’ di fumetto da Olivier Vatine, che non riesce a conciliare un’avvincente sfida contro il male con la giocabilità. È facile capire perché, purtroppo, la saga del Prete Gianni non fu mai terminata; il nostro eroe ha tirato le cuoia in India, nel disperato tentativo di sconfiggere gli Adoratori del Male...
Ambientazione: 9 Stile di scrittura: 9 Bilanciamento: 4 Interattività: 8 Aspetto grafico: 7
Voto complessivo: 9 Difficoltà: alta
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Inviata da: EGO il 12/5/2008 |
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Valutazione generale:
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7
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L’indizio della tavoletta di Babele era quanto mai sibillino, e il Prete Gianni sembra proprio aver smarrito la bussola nell’India misteriosa. Nemmeno l’incontro con Zarathustra gli ha rivelato dove si trovi Shangri-La, e la ricerca è giunta ormai a un punto morto. Ma se l’eroe non va alla ventura, è l’avventura a cercare lui: di punto in bianco, il cavaliere di Cristo si ritrova suo malgrado ad essere una pedina fondamentale in un conflitto cosmico-religioso di incredibili proporzioni quando la setta dei Thug lo scopre depositario del Katar Sacro, un’arma leggendaria in grado di scatenare forze occulte.
Ne Gli Adoratori del Male l’arricchimento spirituale del protagonista continua con l’apprendimento della religione e della filosofia dell’India, così diverse da quelle cristiane eppure così importanti, se non altro per stare lontani dai guai. Ciò che accade nella prima metà del libro è infatti un autentico delirio: qualsiasi strada si segua, succederanno cose che inducono a chiedersi a quale serie di librogame stiamo giocando. Sembra esserci la mano di un autore nuovo in questa baraonda di stranezze, di discorsi impossibili ed esilaranti nella loro logica perversa ma ineccepibile, di rocambolesche fughe e combattimenti con quelli che prima sono amici e un attimo dopo nemici. La scena dell’ubriacatura nella taverna e di quel che ne consegue (?) è il momento clou di questo bailamme; in seguito la situazione in parte si normalizza, quando ci tocca rivestire ancora i panni dell’eroe paladino per salvare il mondo dai riti dei Thug.
Il problema, se così vogliamo vederlo, è che tutto ciò è completamente out of character. Quest’avventura poteva viverla un qualsiasi Lupo Solitario, o uno dei tanti avventurieri senza nome che affollano i volumi di Dimensione Avventura, ma non si addice di certo al Prete Gianni. Shangri-La sembra quasi dimenticata, vagamente citata di tanto in tanto per ricordare che tutto quello che dobbiamo affrontare ha un obiettivo ulteriore… o forse, semplicemente, per mantenere un certo legame col piano generale dell’opera, il che non è male visto che anche la coerenza storica è andata a farsi benedire pur di sfruttare i Thug, figure tra le più classiche e note dei romanzi d’avventura ambientati in India. Oltretutto, il tono più che scanzonato di molte situazioni fa a pugni con l’atmosfera oscura e opprimente che vorrebbe permeare il racconto, e sorge il dubbio che gli autori si siano forse lasciati andare perché sapevano già che la serie non sarebbe continuata.
Sul profilo del gioco la situazione non è meno caotica: i paragrafi sono diminuiti ancora, e per risparmiare spazio si sono utilizzati molti eventi comuni per raggruppare diverse strade, col risultato di aprire delle grosse falle nella sequenzialità della prima parte della storia (salvo poi dedicare, nel finale, paragrafi diversi ad eventi sostanzialmente identici, magari solo per far cifra tonda col numero delle sezioni); un errore di traduzione al 18 aumenta la confusione, facendoci credere di avere ancora il Katar quando non ce l’abbiamo più… Altro segno che tutti gli equilibri sono scoppiati è il ricorso esasperato al tiro di dadi, costantemente sbilanciato in nostro sfavore e dagli esiti quasi sempre catastrofici in caso di fallimento, cosa mai vista prima e molto antipatica, visto già il casino che sta avendo luogo tra le pagine del racconto.
Se ci eravamo lamentati in precedenza che la difficoltà era troppo bassa, Gli Adoratori del Male ci ricaccia le lamentele in gola alzando il livello della sfida al punto di renderla quasi proibitiva. Il numero di scelte disponibili si fa di colpo imbarazzante, al punto da rendere la struttura del libro un vero labirinto; questo sarebbe di per sé una buona cosa, ma purtroppo si associa ad un’organizzazione in stile true path che pone in fortissimo svantaggio chi non è riuscito a trovare certi oggetti di grande utilità, alcuni dei quali, di nuovo, ottenibili solo con un tiro fortunato. Aggiungiamoci ancora che alcuni percorsi, non necessariamente imboccati di nostra volontà, ci privano di tutto l’equipaggiamento o quasi, ed ecco che la libertà di esplorazione si rivela più apparente che reale. Il possibile furto dell’Occhio Magico non è un dramma troppo grave, visto che anche questa potentissima arma non ha quasi nessuna utilità nei momenti in cui servirebbe davvero, ma che possa accadere è sì grave, e poco importa che non ci siano altri volumi in cui farne uso.
E’ un vero peccato che il risultato finale sia così instabile e insoddisfacente, perché certe parti della storia fanno emergere tutto il buono che il gruppo Hachette ha dimostrato nei volumi passati: grandi capacità narrative, ottima creatività, abilità nel costruire sfide interessanti. Alcuni paragrafi sono molto intensi, le ricerche storico-culturali di base sono evidenti e ben sfruttate, e ci sono momenti in cui emerge il Prete Gianni che abbiamo imparato ad amare nel corso delle sue avventure. Ma è chiaro che qualcosa non funzionava più: molti paragrafi sono brevi e raffazzonati, alcune idee sono pessime (le mura di metallo che si innalzano verso il cielo, ma che è?), e forse quell’accenno a “Pagel il Capriccioso” potrebbe essere qualcosa di più di una semplice strizzata d’occhio come sono invece Zorro e lo scriba di corte Rudyakiplinga. Anche il fatto che non ci sia alcuna ricompensa per chi riesce a salvare la vita al maharajah, in vista di avventure future, mi sembra un segno importante. A ciò si somma ancora qualche errore tutto nostrano, come la Forza dell’avversario al 156, che non è 4 ma un più sensato 8.
Gli Adoratori del Male è una conclusione poco degna di una bella serie quale è Misteri d’Oriente, e sono convinto che sarebbe venuto fuori diversamente se la collana non fosse stata forzatamente interrotta. Non è certo un librogame brutto, o inutile, ma è caotico, incoerente, mal bilanciato e decisamente non convince. Il finale resta aperto; se non altro, possiamo sognare un futuro di redenzione per il coraggioso Prete Gianni, ben degno di beatitudine eterna dopo un’avventura simile!
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