| Categoria: Librogame E.L. - Serie Complete Unicorno
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Titolo: Unicorno | Valutazione: 5.50 Letture:2725 | Paul Vernon | Una classica ambientazione fantasy, tra foreste tenebrose e fortezze inespugnabili, con una straordinaria libertà di azione e movimento.
In questo libro il protagonista sei tu. Segui le tracce dell’unicorno...
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Valutazione media:
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(1)
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(10)
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Data pubblicazione 30/1/2007
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Inviata da: Gurgaz il 19/1/2007 |
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Valutazione generale:
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5
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Titolo originale: Unicorn Fatemaster Adventures Autore: Paul Vernon Copertine: Peter Andrew Jones Traduzione italiana: Flavio Gregori (1993)
La pubblicazione della serie Unicorno fu un clamoroso errore da parte delle Edizioni E. Elle. Proporre nel 1993 un simile lavoro, piuttosto datato nell’approccio al fantasy e con un’impostazione narrativa rudimentale, non poteva certo dare nuova linfa al fenomeno dei librogame. Nonostante la magnifica veste grafica esterna, opera di Peter Andrew Jones (copertinista di Lupo Solitario), i due volumi di questa serie non riescono ad appassionare, malgrado il discreto sistema di gioco e la peculiare gestione del movimento.
Definire “classico” il fantasy di Paul Vernon è un raffinato eufemismo per accennare alla massiccia dose di stereotipi presenti in questa serie. Siamo in un gioco di ruolo fantasy del 1985, palesemente ispirato a Dungeons & Dragons per l’ambientazione “generica” ed il sistema di regole. Sembra incredibile, ma non c’è spazio per alcuna sorpresa: la fanciulla rapita, stregoni malvagi, cospiratori, caverne del drago, miniere dei goblin, oggetti magici, porte segrete, incantesimi... tutto già visto e collaudato.
Ciò che attira davvero è la libertà di movimento consentita dai paragrafi corredati di mappe, che possono essere assemblate con pazienza certosina nella pianta della foresta di Drakenwood, dei sotterranei che costituiscono l’interno del Dente di Draken (una montagna) e della fortezza del Signore del Fuoco. Non si è costretti a seguire un percorso prefissato, ma ci si può muovere liberamente nelle direzioni consentite dalla mappa; se questo può sembrare interessante, ben presto ci si troverà a maledire l’eccessiva schematicità dei paragrafi, la miriade di piccole sviste e i frequenti loop narrativi, utilizzati per gestire combattimenti ed incantesimi. Anche se si presta la massima attenzione, capiterà più di una volta di imboccare una direzione non voluta, oppure di giungere ad un punto morto, in cui si rimanda ad un paragrafo precedente che ci si è scordati di segnare. L’idea di base è buona, ma è gestita in modo grossolano e alla lunga diventa noiosa.
Una nota di merito va al regolamento, secondo me un’ottima semplificazione di Dungeons & Dragons per il formato librogame. Tre caratteristiche: Forza (1d6+6), Agilità (1d6+6) e Potere (1d6+4). Le prime due servono per combattere e per le azioni; un valore di 10-11 dà un bonus +1, il 12 dà +2, rispettivamente ad Attacco e Difesa. I danni che si subiscono vanno sottratti di volta in volta ad un punteggio a scelta tra Forza e Agilità; quando uno raggiunge lo 0, il personaggio sviene. Più danni si subiscono, più i bonus vengono meno e subentrano i malus, per l'eroe come per i nemici. Nella sua semplicità, è un sistema con qualche velleità di realismo. Infine, il Potere è una riserva da cui si attinge per lanciare incantesimi.
Il vero problema di Unicorno è la totale assenza di parti narrate, a partire dai succinti prologhi. I paragrafi sono fatti di descrizioni telegrafiche, istruzioni sintetiche e di tediosi elenchi di alternative, apparentemente tutte uguali. I dialoghi e le relazioni con le creature incontrate sono minime e le avventure consistono principalmente nella metodica esplorazione di un labirinto, alla ricerca di oggetti e personaggi necessari a conseguire l’obiettivo. Una formula che poteva andare bene negli Anni Ottanta, quando i lettori di librogame erano ancora a digiuno di giochi di ruolo; nel 1993 Unicorno non aveva nulla da aggiungere e ha avuto assai meno fortuna dell’originale anglosassone. La serie è rimasta monca, con tanto di rimando ad un terzo episodio mai realizzato: I banditi di Redmarsh (titolo originale: Marauders of the Redmarsh).
La serie è costituita dai seguenti titoli:
1) Tradimento a Drakenwood 2) Il Signore del Fuoco
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Inviata da: EGO il 16/5/2008 |
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Valutazione generale:
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6
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Francamente, che c’entra l’unicorno? Io non ne ho idea, e in questa collana non ce n’è nemmeno uno, però sicuramente alla E.Elle faceva comodo come simbolo per quest’altra serie, vecchia e tronca, recuperata per mettere ancora qualcosa sul mercato dei librogame in fase di stanca. Vecchia, sì, indiscutibilmente: scritta tra il 1985 e il 1986, raggiunge le nostre librerie nel 1993, e il gap generazionale con gli altri prodotti simili si vede benissimo nei contenuti e nello stile.
Tutto infatti, in Unicorno, ricalca il modello del più classico Dungeons & Dragons, dai presupposti delle avventure al sistema di gioco. Per quanto riguarda le prime, si tratta di roba che di solito si propone agli avventurieri alle prime armi: c’è una principessa da salvare, c’è un mago cattivo da far fuori, e per farlo bisogna penetrare in fortezze dotate di ampi locali sotterranei e di stanze brulicanti di goblin, orchi, scorpioni, lupi, e, ehm… altri goblin, altri orchi, e poi altri ancora. Sì, ci sono un SACCO di orchi e di goblin.
Il gioco è più interessante; il sistema sembra inizialmente complicatissimo, ma in realtà è ben gestibile. Il personaggio è un classico guerriero/mago dotato di tre punteggi: Forza, Agilità (1D6+6 ciascuna) e Potere (1D6+4), quest’ultimo usato per lanciare gli incantesimi e difendersi da quelli altrui. Le armi infliggono un danno fisso, e scudi e armature garantiscono un bonus di Difesa. Le regole di battaglia affermano che il sistema è tarato per favorire il giocatore, e in effetti è così: il punteggio per colpire il nemico, dopo aver calcolato bonus e malus vari, è 7, mentre con 9 o più si ha diritto ad attaccare ancora senza che l’avversario possa rispondere. Quando si viene colpiti si può scegliere di detrarre il danno dalla Forza o dall’Agilità, a scelta; quando esse calano si subiscono dei malus a carico di Attacco e Difesa, e se una delle due scende a zero si perdono i sensi. Quando a essere colpito è il nemico si deve sottrarre il danno dal suo attuale punteggio più alto, un trucchetto per far durare un po’ di più le battaglie. Il meccanismo funziona abbastanza bene: è realistico, perché le ferite influenzano direttamente le capacità dei combattenti, e nel contempo fa sì che anche con armi molto potenti il nemico non possa essere ucciso troppo in fretta. La difficoltà è abbordabile, a patto però che si abbia un equipaggiamento almeno discreto: è molto difficile uccidere un avversario con un’arma che infligge solo 2 punti di danno, e riuscirci coi soli pugni mi pare impensabile se non si hanno delle difese eccellenti. Gli incantesimi a disposizione sono di attacco, di difesa e misti (invisibilità, levitazione ecc). Il modo in cui li si usa è curioso: l’autore vorrebbe che ne scrivessimo il nome prima di lanciarli (un ingenuo metodo anti-baro), per poi rivelarcene l’effetto in un paragrafo separato, spesso con esito spiacevole perché arbitrario e imprevedibile (non è Sortilegio, insomma). Per recuperare Potere bisogna passare un’intera notte di sonno indisturbati; non si possono invece recuperare le energie, ripristinabili solo con l’incantesimo Sanare.
L’aspetto più noto e, se vogliamo, originale della serie consiste nelle piccole mappe che accompagnano le descrizioni dei luoghi, da disegnare e unire come in un puzzle, idealmente sui fogli quadrettati forniti col libro stesso. Nel primo volume c’è da esplorare una foresta, e questa è rappresentata addirittura con le mappe a esagoni tipiche dei giochi di ruolo! Le mappe, benché abbiano un po’ il sapore dell’ossessione di un nerd irriducibile, sono comunque un prezioso riferimento visivo nei labirinti proposti, visitabili in lungo e in largo senza fisso ordine come avviene anche in Skyfall. A differenza della serie di David Tant, però, la gestione degli eventi nei luoghi già visitati è lasciata molto al buon senso del lettore, e questo a dispetto del gran numero di paragrafi.
Già, un gran numero: 500 per volume, adeguatamente strillati dalla quarta di copertina originale. Se è sicuramente una quantità che poteva far sembrare l’opera più polposa rispetto a quelle di Joe Dever e Ian Livingstone, d’altra parte ci sono certi autori francesi che a sentire la cosa si sarebbero lasciati scappare un sorriso… Oltretutto anche parlare di una vera qualità del testo sarebbe generoso, perché Paul Vernon svolge giusto l’essenziale ruolo di dungeon master: le sezioni sono brevi, tutte dedicate a secche descrizioni da manuale, e non c’è spazio per l’emozione o lo spettacolo. Si gioca molto, ma si legge pochissimo. I disegni non aiutano di certo l’immaginazione, così statici e grezzi come sono; anch’essi ricordano in qualcosa quelli di Skyfall, ma sono così dilettanteschi da essere talvolta ridicoli, seppur debba ammettere che certi occhiacci restano impressi. La traduzione fa il suo parco dovere, abbellendo forse un minimo i testi ma dando anche adito a incomprensioni, specie nel nome delle armi (spada corta o spadino? Spada lunga o spadone?).
Unicorno è il prodotto di un uomo folgorato da Dungeons & Dragons, e incapace di guardare più in là. Il gioco creato da Paul Vernon è, niente più e niente meno, la versione librogame di una piccola campagna di D&D, che doveva articolarsi lungo tre volumi, ma si è interrotta dopo il secondo. E’ una perdita, anche se non grave: il gradimento della serie è fortemente soggetto ai gusti personali, però nel complesso il sistema funziona bene e il gioco (non posso onestamente dire “le avventure”) può riuscire a coinvolgere.
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