Dall’alto della sua misteriosa fortezza, il Signore del Fuoco terrorizza le campagne circostanti con una serie di scorrerie che ormai hanno ridotto in miseria i contadini dei dintorni. Devi penetrare nella fortezza e spegnere il potere di questo malefico signore... ma il tuo compito non sarà così facile: la fortezza è in realtà un labirinto, una serie interminabile di corridoi, di fiumi sotterranei, di pozzi, di grotte, di trabocchetti in cui la morte è sempre in agguato.
Titolo originale: Fortress of the Firelord Autore: Paul Vernon Anno: 1986 Illustrazioni: Barrie Morton e David Haig-Thomas
La storia riprende da dove si era interrotta nel libro precedente: per meritare definitivamente le ricompense ricevute, sei obbligato a salvare la regione dalla minaccia di Farak, un mago che attinge il suo potere da una fonte segreta. Stavolta c’è solo un sotterraneo da esplorare, la fortezza del Signore del Fuoco, e l’approccio all’avventura varia rispetto a Tradimento a Drakenwood.
Infatti, l’unico modo per entrare nella fortezza è farsi catturare e diventare schiavi di Farak; secondo il travestimento scelto si riceverà una diversa mansione (gladiatore, scriba, stalliere o inserviente) e in ciascuna situazione sarà più o meno difficile ritrovare la libertà. Una volta fuggiti dalla propria cella, occorre riprendere la missione e cercare un modo per annientare il potere del Signore del Fuoco. Qui l’avventura procede come di consueto, articolandosi in una meccanica esplorazione del sotterraneo, che può essere annosa o rapidissima a seconda del percorso che si intraprende.
C’è un lieve miglioramento rispetto all’esordio ed è possibile instaurare relazioni diverse dal combattimento con gli abitanti della fortezza. Qua e là appaiono brevi stralci di narrazione e dialogo. È già qualcosa ma resta poco, soprattutto perché non si protrae mai a lungo.
I combattimenti sono più impegnativi, non tanto per la forza dei nemici quanto per l’assenza di oggetti. Si viene privati di tutto il bottino dell’avventura precedente e i ritrovamenti/rifornimenti di armi ed oggetti sono saltuari e talvolta spiegati male. Comunque, basta aprire le porte con Sesamo e non perdere tempo con gli Orchi e anche quest’avventura si concluderà in modo indolore.
Nessuna particolare emozione da segnalare. Il Signore del Fuoco è il naturale seguito del primo episodio ed è contrassegnato da un impercettibile progresso nello stile e da qualche timido diversivo. I disegni subiscono un’ulteriore involuzione e paiono proprio sciatti, nonostante il coinvolgimento di un secondo disegnatore. Forse non è il caso di rimpiangere la mancata pubblicazione del terzo ed ultimo librogame di Unicorn Fatemaster Adventures, nemmeno se facesse la sua comparsa il fantomatico unicorno da cui la serie prende il nome. Segui le tracce dell’Unicorno... dice la copertina; mi spiace, è una falsa pista.
Ambientazione: 5 Stile di scrittura: 5 Bilanciamento: 8 Interattività: 8 Aspetto grafico: 4
Un fan(atico) di Dungeons & Dragons può solo concepire avventure a base di Sotterranei e Dragoni, e proprio questa è la ricetta di Paul Vernon per il secondo volume di Unicorno. Per qualche motivo, anche se reduce dal primo libro, l’eroe comincia quest’impresa senza armi né corazze; una pivellonaggine simile viene subito giustamente punita con la cattura da parte del Signore del Fuoco, dalla cui fortezza dovremo evadere.
L’idea originale è che, in base a una scelta fatta al primo paragrafo, potremo iniziare l’avventura da quattro postazioni diverse, in pratica selezionando la difficoltà dell’impresa. Non ci vuole comunque molto a capire che, ancor più che in Tradimento a Drakenwood, lo svolgimento del librogame è abbastanza a senso unico, in barba alla libertà di spostamento. I nemici sono quasi sempre troppo forti per l’equipaggiamento fornito, o addirittura troppo numerosi per poter anche solo arrivare al combattimento; evitare la cattura da parte degli Orchi che pullulano nel castello è una necessità angosciosa che limita tragicamente le possibilità di azione, e il tutto si riduce ad una sorta di missione stealth assai minimalista, con la maggior parte dell’immenso dungeon a fare da appendice a quella piccola porzione dove si trova tutto ciò che c’è da raccogliere e uccidere.
Data la situazione, non si riesce a provare la gioia dell’esplorazione che poteva offrire il primo volume, e a peggiorare le cose ci si mette il nuovo sistema di mappe, stavolta rispettoso della quadrettatura ma proprio per questo molto più pesante da tracciare. Pare incredibile che, nonostante l’immensa ambientazione proposta, Vernon abbia ripetuto in lungo e in largo gli stessi due o tre trabocchetti, che sfruttano sempre i medesimi paragrafi e pertanto, dopo che ti hanno fregato una volta, perdono tutta l’efficacia. L’unica parte veramente interessante del libro arriva nel finale, dove si incontrano due creature che richiedono un approccio alternativo e ragionato. Qui la traduzione di Flavio Gregori, purtroppo, può ingannare, nel senso che nel primo volume spacciava una lucertola del fuoco per un “dragone sputafuoco” e in questo secondo libro viene quindi istintivo lanciarsi spada alla mano contro un VERO dragone, ahimé molto meno conciliante.
I paragrafi conclusivi lasciano anche intravedere qualche sprazzo di velleità narrativa da parte dell’autore; è troppo poco, e troppo tardi, però è lo stesso una bella scena. Quello che invece non è, è una ragione sufficiente per voler giocare Il Signore del Fuoco, episodio sensibilmente meno creativo e intrigante di Tradimento a Drakenwood. Se l’idea di Vernon per il terzo volume era qualcosa sulla falsariga di questo, probabilmente la scelta di non scriverlo è stata una dichiarazione di saggezza.
ERRATA CORRIGE 212: “Ferma quel maledetto razzo, subito!” è un quid pro quo da antologia: la frase giusta sarebbe “Smettila di fare questo baccano infernale!”, ma Gregori ha confuso racket (baccano) con rocket (razzo)! 478: nella penultima frase si tratta di PUNTI DI FORZA, e non di POTERE.