Una orrenda creatura, un mostro spaventoso nato mettendo insieme vari pezzi di diversi cadaveri e' fuggito dal laboratorio del dottor Frankenstein! In questo libro il protagonista sei tu. Vuoi interpretare il ruolo dell'eccentrico dottore, deciso a rintracciare la sua creatura anche in capo al mondo? Oppure vuoi entrare nei panni del mostro, vivere le sue bestiali sensazioni, godere delle sue poche, stupide gioie? In uno scenario polare battuto da venti incessanti, tra gelide nebbie, capanne sperdute e relitti incagliati, due individui sono impegnati in un disperato inseguimento, in un temerario duello che vede di fronte la delirante luce della scienza e un povero barlume di animalesca umanità.
Il secondo volume della serie Horror Classic è un librogame d’eccezione. Già dall’introduzione, scritta sotto forma di diario del barone Frankenstein come nel romanzo, si vede che Brennan ambisce a creare qualcosa di memorabile. L’avventura inizia nella regione polare artica; solo e smarrito nel bel mezzo degli “orizzonti perduti” (Loc 4), il giocatore compie la scelta fatidica: interpreterà il barone, oppure l’orrendo mostro che questi ha costruito?
L’avventura del mostro E’ fantastica la descrizione delle abilità e dell’equipaggiamento del mostro: “sei un moderno Prometeo, perché hai ricchezze, talento e destino...”; una frase evocativa, subito seguita dalla grottesca descrizione delle “ricchezze” del mostro, che consistono per lo più in organi di ricambio da usare per recuperare energia. L’obiettivo del mostro è trovare il suo creatore e ucciderlo per conquistare la libertà. La vicenda si svolge tutta in questo territorio gelato, in cui si passa buona parte del tempo cercando di arrivare in qualche luogo ben definito, visto che da ogni parte sembrano esserci solo nebbia e ghiaccio. La cosa più importante è trovare le caverne, nelle quali è celato il passaggio che porterà alla nave del barone, dove quest’ultimo attende la sua creatura per uno scontro faccia a faccia. Al mostro toccano sicuramente le scene più spassose del libro: gnomi polari, tentativi di suicidio, cavernicoli dai nomi improbabili, eschimesi dai pessimi gusti, ostacoli che resistono alla sua forza prodigiosa, un mostro di modello precedente al suo, e perfino Caronte in una grotta sotterranea!
L’avventura di Frankenstein Sebbene la vicenda del mostro abbia il suo fascino (e soprattutto tanta ironia), il gioco nei panni del barone ha una marcia in più: questa parte del libro ha un pizzico di logica extra nelle connessioni tra i paragrafi, laddove il mostro affrontava un paio di attimi di smarrimento molto simili a quelli di Dracula nel primo libro. Ma la cosa più importante è il fascino della locazione finale della storia, col barone che, superato l’enigmatico e impenetrabile crinale cristallino, si ritrova in un’antichissima città, in una valle misteriosa della regione polare. Qui davvero la bellezza delle descrizioni dei Loc raggiunge il culmine, ricreando in modo eccezionale l’atmosfera di una gloriosa città diroccata e popolata solo da fantasmi e dai reliquati di una civiltà perduta. I Quattro Templi sono luogo di sfide memorabili (e, se non si fa attenzione, di sconfitte altrettanto indimenticabili).
Come già anticipato, Frankenstein è un librogame veramente di gran fattura, specialmente quando viene visto con gli occhi di chi ha assistito ai peggiori deliri del suo autore. La mappa delle locazioni è sempre coerente e precisa, come può verificare chiunque abbia voglia di provare a tracciarla, e lo stesso Brennan dev’essersene reso conto visto che nei paragrafi di morte ci dice espressamente che nulla ci vieta di utilizzare qualsiasi mappa ci possiamo essere premurati di disegnare. Questo è un aspetto molto importante, dal momento che finire il libro senza aver visitato tutte le locazioni disponibili è abbastanza improbabile (e questo è un punto in più in favore della sua longevità). Viene poi una difficoltà insolitamente ben calibrata: i combattimenti non sono gratuiti e quelli più difficili, in genere, ce li si va a quasi a cercare, così come le trappole mortali che, a parte forse una per personaggio, sono sempre prevedibili ed evitabili. Effettivamente c’è un po’ di cattiveria di troppo nella parte finale del barone, con due o tre situazioni in cui i dadi dettano legge assoluta: la sezione in cui bisogna tirare per forza un 12 poteva essere addolcita richiedendo un lancio minimo di 10, tanto per citare il passaggio più impietoso. Nonostante queste rare espressioni del Brennan più infame, però, tutto è fattibile: se pensiamo che in alcune avventure Alla corte di Re Artù l’autore a volte ci faceva perdere degli oggetti necessari per finire il gioco, c’è da stupirsi che in Frankenstein la ricerca di alcuni item fondamentali non sia piagata da sviste o dimenticanze.
Il finale un po’ insipido e affrettato, per entrambi i personaggi, non mi sembra un motivo sufficiente per svalutare uno dei migliori librogame di J.H. Brennan. Scritto benissimo, solidamente strutturato, vario e difficile quanto serve, mai disonesto, quasi mai vigliacco, è uno di quei libri che vanno giocati assolutamente.
La serie Horror Classic mi sembra estremamente innovativa in quanto fornisce punti di vista diversi ed opposti sulle stesse vicende, incrociando perfino le azioni dei due personaggi che formano i punti di vista. Non sono comunque sicuro che siano usciti altri titoli prima di questi che già non avessero introdotto le stesse meccaniche: in effetti Rashomon di Akira Kurasawa, un film, lo aveva già fatto, ma non si tratta di un prodotto interattivo in cui sperimentare in prima persona i punti di vista avendo la libertà di scegliere... scoprendo ancora di più come il punto di vista sia il motore delle scelte. Per la particolare riflessione sul punto di vista trovo che la serie Horror Classic (ed in particolare Frankestein, che trovo scritto meglio da Brennan), sia lo sviluppo naturale della forma ludonarrativa del librogame, costituendo una sottolineatura del carattere prospettivista del librogame in generale, in cui... il protagonista sei tu, il lettore.
Titolo originale: The Curse of Frankenstein Autore: J.H. Brennan Anno: 1986 Illustrazioni: Tim Sell Copertine: Tim Sell Traduzione italiana: Alessandra Dugan (1987)
Dopo il Conte Dracula c’è un solo personaggio horror ad aver riscosso un eccezionale successo sia sulla carta che sul grande schermo: il mostro di Frankenstein. Horror Classic presenta un secondo emozionante duello ambientato nelle regioni polari, ampliando e trasfigurando gli spunti presenti nel celebre romanzo di Mary Shelley Frankenstein o il moderno Prometeo. Il lettore può scegliere se impersonare il pragmatico Barone von Frankenstein, allarmato dalla fuga della sua creatura e deciso a distruggerla a qualunque costo, oppure può calarsi nella tormentata mente di un mostro fatto di pezzi di cadavere, fuggito nelle gelide distese artiche per guadagnarsi la libertà, minacciata dall’implacabile persecuzione del suo creatore.
La sfida si svolge in un territorio piuttosto monotono: una pianura ghiacciata spazzata dal vento. La maggioranza dei paragrafi rimanda al Loc “gli orizzonti perduti”, che rischia di provocare un senso di smarrimento finché non si comincia a disegnare una mappa. Allora si capisce che l’ambiente è concepito in maniera realistica, rispettando i punti cardinali ed introducendo qua e là percorsi a senso unico col solo scopo di disorientare. Nella griglia di paragrafi che ne consegue si trovano dei Loc particolari (le montagne di ghiaccio, la nave bloccata, le caverne di ghiaccio, ecc...), alcuni riservati ad un solo personaggio, altri condivisi da entrambi.
L’avventura del Barone Viktor von Frankenstein I paragrafi di Frankenstein sono contraddistinti da numerazione pari. Tra i due contendenti l’umano è quello con minor speranza di riuscita. Non solo la sua esplorazione della banchisa è disturbata da qualche incontro poco piacevole (il Reiz polare), ma la risoluzione del puzzle richiede passaggi più rigorosi rispetto a quelli del Mostro. Il Barone deve trovare la città perduta di Xanthine, perché una serie di indizi gli suggerisce che il mostro si è diretto da quelle parti. Per farlo deve recuperare degli oggetti in luoghi diversi, magari approfittando dell’esplorazione per dotarsi di qualche interessante potenziamento.
Purtroppo si sente la mancanza di mezzi per curarsi, perché la bottiglia di laudano con cui si inizia tende ad esaurirsi in fretta. A Xanthine attendono prove e combattimenti impegnativi, difficili da superare senza un uso frequente delle capacità PSICO. Viktor von Frankenstein possiede le seguenti interessantissime abilità: la Scienza Insana, il cui effetto va determinato lanciando un dado e può significare la vittoria automatica di uno scontro oppure la fine dell’avventura; la Creazione di Mostri, che mette a disposizione un mostriciattolo da 25 PUNTI DI VITA e 3 punti per caratteristica; la Difesa del Corpo, vera ancora di salvezza in quanto dimezza il danno subito durante un intero combattimento. Anche con un alto punteggio di PSICO è facile che il Barone giunga stremato alle ultime sezioni dell’avventura. Il guaio è che i templi di Xanthine contengono brutte sorprese: un attacco da parte di 1D6 lucertoloni piuttosto cattivi, uno gnomo che risorge 1D6 volte prima di schiattare e, classica spacconata alla Brennan, un’aquila meccanica che provoca 7 punti di danno a colpo e che si può fermare solo tirando 12 con i dadi.
Queste battute conclusive sono un po’ pretenziose e gettano qualche ombra su un’avventura altrimenti ineccepibile. La ricerca della città perduta conserva un notevole fascino e l’esplorazione offre momenti concitati, subito rasserenati da una simpatica battuta. Come ne Il Conte Dracula, anche in Frankenstein la parte dell’umano offre meno occasioni per ridere ed è imperniata su una maggiore serietà. Ciò che cambia radicalmente è la qualità della missione, decisamente avvincente e sotto molti aspetti superiore a quella del Mostro.
Ambientazione: 7 Stile di scrittura: 8 Bilanciamento: 6 Interattività: 9 Aspetto grafico: 8 Difficoltà: alta
L’avventura del Mostro di Frankenstein I paragrafi del Mostro sono contraddistinti da numerazione dispari. Sebbene sia assurdo, il Mostro di Frankenstein è il personaggio con cui è più facile immedesimarsi. Brennan ne offre un ritratto a metà tra l’intellettuale incompreso ed il bestione grezzo ed ingombrante, fuggito dal castello di Schwarzstein con qualche oggetto, una discreta dotazione di “pezzi di ricambio” (cuore, testa, fegato, intestini e piede sinistro) e le proprie capacità PSICO, decisamente meno utili di quelle del suo creatore.
Il Mostro può usare il Colpo di Terrore che obbliga l’avversario a mancare il suo prossimo colpo, la Sete di Sangue che raddoppia il danno arrecato con il successivo attacco e la Relazione Amorosa, un “insolito potere” che garantisce l’empatia di un avversario se si lancia 4 o più con un dado. È una possibilità più concreta della Reazione Amichevole di Alla Corte di Re Artù ed in certi casi può salvare la pelle. In verità il Mostro non ha grossi problemi a sopravvivere, perché i luoghi nascondono oggetti curativi e bonus che rendono tutto più facile; c’è perfino una versione minore della Gemma della Fortuna, una moneta magica che consente di aggiungere 2 ad ogni proprio tiro.
La soluzione non è affatto difficile, anche se non può prescindere dall’accurata esplorazione di tutti i Loc. Nelle caverne di ghiaccio si trova una porta sbarrata e per aprirla ci vogliono 3 gettoni ottagonali, da ricercare in tutta la zona. C’è anche una fantomatica parola d’ordine divisa in due parti, però ho l’impressione che non sia strettamente necessaria. Gli invincibili gnomi polari che la richiedono possono infatti essere aggirati utilizzando una delle altre entrate alle caverne. Una volta superata la porta la strada è spianata, anche se restano diversi enigmi logici da risolvere.
La comicità è su ottimi livelli e trova i momenti migliori nei Loc riservati al Mostro: le sorgenti termali in cui si possono perdere i vestiti, il villaggio eschimese dove c’è una donna in cerca di marito ed alcune zone delle caverne, soprattutto la parte finale in cui c’è perfino un pollaio custodito dal mostro di Frankenstein Mark I... (Mary Shelley si starà rivoltando nella tomba). Il finale riserva un combattimento difficile ma non impossibile contro Viktor von Frankenstein, che si permette di sfoggiare un’improbabile FORZA 12! A tal proposito l’autore si limita a sostenere che i matti hanno la forza di dieci uomini... (!?) In ogni caso lo scontro diretto è un momento topico che manca nell’avventura del Barone.
Ambientazione: 6 Stile di scrittura: 8 Bilanciamento: 8 Interattività: 9 Aspetto grafico: 8 Difficoltà: media
Stavolta Brennan è riuscito a produrre due avventure che sfruttano in modo diverso lo stesso ambiente, conservando un’omogeneità di fondo e stupendo per l’ottima architettura del librogame. L’unico difetto che mi sovviene è l’ambientazione polare, resa a dovere ma inevitabilmente piatta in quanto a descrizioni ed atmosfera. Sotto questo aspetto risulta più interessante l’avventura del Barone, che riesce ad accedere agli affascinanti Loc della città perduta, mentre dal punto di vista dell’equilibrio e del divertimento vince l’avventura del Mostro. Tim Sell rappresenta in modo memorabile le possenti creature delle nevi ed offre al testo un contributo importante, nel quale manca solo un’illustrazione delle rovine di Xanthine. A differenza del capitolo precedente, Frankenstein è un eccellente librogame che merita grande attenzione.