Mentre un esercito di mostri, al servizio dei Signori delle Tenebre, sta mettendo a ferro e fuoco il pacifico regno di Sommerlund, tu, Lupo Solitario, devi affrontare la più temeraria avventura che sia mai capitata a un giovane cavaliere. Dovrai scegliere il percorso più sicuro in una foresta che nasconde mille insidie. Dovrai affrontare in combattimento avversari crudeli e spietati che non si fermano davanti a nessuno ostacolo. Dovrai impiegare le misteriose arti che hai imparato nell'antico monastero Ramas. Dietro ogni pagina può celarsi un agguato mortale o una speranza di salvezza. Ad ogni passo metti in gioco la tua vita e il successo della tua missione.
"Devi far presto, perchè qualcosa ti dice che non è prudente indugiare presso le rovine fumanti del monastero."
Così ha inizio la serie più prolifica tra i gamebooks tradotti in italiano, che terrà appassionati i lettori dal 1985 a oggi. Questo primo libro ha un sapore del tutto particolare che a mio avviso lo differenzia da qualsiasi altro volume della serie: lo stile narrativo è molto più asciutto e stringato di quanto non lo sia già a partire dal n.2 e ciò contribuisce, in maniera del tutto involontaria credo, ad accrescere la sensazione di incertezza che assale il protagonista sin dal prologo. Lo "scope" epico che pervade tutti i libri successivi mettendo Lupo Solitario al centro di una missione eroica non è presente in questo caso. Siamo subito catapultati nei panni di un giovane che ha appena perso qualsiasi punto di riferimento avesse al mondo e che agisce in base a una prospettiva del tutto dettata dall'"urgenza" del momento. La successione rapida delle scelte da effettuare, pur nella sua estrema semplicità, contribuisce a generare una sensazione di corsa contro il tempo che personalmente non mi è mai capitato di trovare in altri LG, o perlomeno non con la stessa intensità. Questo libro ha un vero e proprio fascino "grezzo" che lo rende una sorta di unicum nella produzione di Dever, anche se in effetti alcuni aspetti che troveremo molto più affinati già dal successivo episodio, danno in questo caso qualche problema di gioco: la difficoltà non è molto ben bilanciata e si rischia di morire all'improvviso facendo scelte tutto sommato logiche, un po' come accade con Brennan o Steve Jackson (che comunque rimangono maestri in questo...) e il libro, se non si incappa nelle suddette sventure è piuttosto sempllice e rapido da finire, soprattutto dopo averlo letto un paio di volte e ci sono espedienti per trarre in inganno il lettore che forse funzionerebbero con un ragazzino, ma che sinceramente fanno un po' sorridere un ventenne, come ad esempio il continuo cercare di ritardare la conclusione una volta giunti a Holmgard. Le illustrazioni di Gary Chalk poi, con il loro taglio grottesco (in positivo sia chiaro) e deciso, contribuiscono a creare un atmosfera ostile, dura e veramente da "tempi oscuri"sin dal principio, aumentando ancora il fascino grezzo di questo libro, nonchè dei successivi 7. Basti vedere le due teste decapitate con gli occhi sbarrati e contornate da schizzi di sangue che campeggiano nel registro di guerra (e continueranno a farlo fino al numero 12, nonostante Chalk non sia più l'illustratore).
Momento migliore: Il prologo e il primo paragrafo: l'inizio della leggenda...e subito siamo soli e abbandonati a noi stessi, con una scelta da fare totalmente al buio, a meno di non fidarci del nostro Sesto Senso...
L'adrenalinico esordio della serie di Librogames più amata e conosciuta in assoluto ci vede vestire i panni di Lupo Solitario, giovane iniziato dell' ordine Ramas, che assiste impotente alla distruzione del proprio Monastero e all'uccisione di tutti i suoi compagni per mano delle armate al servizio dei Signori delle Tenebre. Nostro compito sarà quella di recarci a Holmgard, capitale di Sommerlund, per avvertire il Re della minaccia incombente sull'intero Regno.
L'azione è subito frenetica e si snoda tra una molteplicità di paragrafi scarni di descrizioni e che spesso si limitano a offrire come alternativa la direzione in cui ci si vuole spingere. Se questo da un lato contribuisce a rendere bene l'urgenza e la quasi disperazione con cui si muove il personaggio, dall'altro risulta a tratti ripetitivo e accorcia notevolmente la durata dell'avventura. Una conseguenze positiva di questa struttura è però la possibilità di rigiocare più volte il libro proprio per il desiderio di esplorare tutte le numerorissime strade percorribili.
La difficoltà è piuttosto elevata. Vi sono parecchi punti in cui la missione si può concludere istantaneamente, sebbene la situazione particolare non presentasse all'apparenza pericolo. Inoltre la casualità con cui spesso si scelgono le direzioni da seguire (solo in parte mitigata dalle Arti Ramas del Sesto Senso e dell'Orientamento) può portare anche a sostenere un corposo numero di combattimenti che rischiano di mettere a dura prova le nostre scorte di resistenza.
Come si evince da quanto detto, in questo primo libro lo stile di Dever è molto essenziale e asciutto rispetto agli altri capitoli della saga, con i pregi e i difetti che abbiamo già analizzato. Tuttavia c'è spazio per alcuni momenti di grande pathos come la battaglia col Gurgaz (l'avversario più ostico del libro) al ponte di pietra, il passaggio attraverso lo spettrale Cimitero degli Antichi o l'incontro con il mago Banedon, destinato a diventare uno dei migliori amici del nostro Lupo. I suggestivi disegni di Gary Chalk sono un importante valore aggiunto e contribuiscono a colmare le lacune della narrazione laddove questa si fa più scarna.
In conclusione, un esordio che, con tutti i suoi limiti, vede la nascita di un mito e spinge il lettore a rigiocare più volte anche per merito della breve durata.
La serie piu' amata e conosciuta nel panorama dei librigame vede vestire i panni di Lupo Solitario, giovane iniziato dell' ordine Ramas. Egli, assiste impotente alla distruzione del proprio Monastero e all'uccisione di tutti i suoi compagni per mano delle armate al servizio dei Signori delle Tenebre. Pertanto la sua missione diventa quella di recarsi a Holmgard, capitale di Sommerlund, per avvertire il Re della minaccia incombente sull'intero Regno.
L'azione del gioco è subito frenetica e avvincente. Potremo scegliere tra una molteplicità di percorsi, alcuni giusti e altri che porteranno a finire presto il gioco ( e in maniera tragica per noi). E questo è forse un elemento negativo del volume. Ovvero paragrafi scarni di descrizione, velocità troppo elevata nella scelta dei percorsi che si susseguono a un ritmo frenetico.
Questo pero' permette di rigiocare piu' volte il libro portando a visitare tutte le zone che Dever ha inserito in questo volume. La difficoltà è elevata, e la scelta del "Sesto Senso " tra le arti ramas puo' darci un buon sostegno.
Lo stile di Dever è essenziale e asciutto rispetto ai successivi volumi.Pero' certe parti della storia come la tragica fine del principe Pelatar e il cimitero degli antichi sono momenti unici e ricchi di Pathos. Come non citare poi'il Gurgaz, avversario veramente ostico e l' incontro con Banedon, futuro amico del nostro protagonista.
Gary Chalk, con il suo stile particolare riesce a dare un tocco magico in piu' al volume ( e ai successivi 7 in cui collaborerà).
Un esordio di una saga che presenta certo delle lacune ma che possono essere sicuramente sorvolate visto quello che Dever è riuscito a darci in 28 volumi ( attuali, visto che gli ultimi 4 sono in lavorazione) Chissa' se la riedizione ampliata del numero uno saprà dare un valore aggiunto. Sopratutto per la mancanza di descrizione del massacro dei ramas risolto in un paragrafo introduttivo.
Interattività (cioè quanto il LG sfrutta le potenzialità a sua disposizione): 8 Stile di scrittura (quanto l'autore sa coinvolgere per qualità letteraria): 8 Ambientazione (quanto l'autore sa coinvolgere per la ricchezza dei luoghi e dei fatti): 9 Bilanciamento (equilibrio tra le regole e l'effettiva difficoltà): 8 Grafica: 9
Il massacro dell'Ordine Ramas. L'invasione di Sommerlund da parte degli sterminati eserciti dei Signori delle Tenebre.
L'urgenza di risvegliarsi dall'incubo, sfuggire all'orrore e correre a riferire la tragica notizia a re Ulnar. E' così che iniziano le avventure di Lupo Solitario: una serie destinata a diventare la bandiera del fenomeno dei librogame nel mondo.
In questo libro possiamo solo intuire le vere potenzialità della serie e del soggetto narrato sapientemente da Joe Dever. Lo stile dell'autore qui è scarno ed essenziale come non mai, improntato alla massima rapidità nel descrivere le situazioni di gioco, come possiamo vedere sin dall'inizio: una piccola introduzione, un paragrafo che ci introduce in questo nuovo mondo fantastico tutto da esplorare e via, a correre nelle foreste di Sommerlund per raggiungere di corsa Holmgard.
La struttura dei paragrafi è piena di bivi e percorsi paralleli; le ramificazioni sono numerose ed i modi per giungere alla capitale molteplici, i passaggi obbligati ben pochi. Quando i percorsi sono molti, risultano essere anche piuttosto brevi: questo fattore, unito alla breve durata dei paragrafi, rende il libro molto rapido da portare a termine, anche se parecchio mortale. I vicoli ciechi non scarseggiano, ma il libro non risulta frustrante a mio avviso: con la dovuta attenzione è possibile evitare le situazioni di maggior pericolo, non ci sono combattimenti troppo ardui, e soprattutto non dimentichiamoci che partire con 5 arti Ramas su 10 non è affatto male ! In conclusione mi sento di dire che la difficoltà è medio-alta, più a causa della frequenza delle "morti istantanee" che non della difficoltà di gioco vera e propria del libro in sé.
A livello narrativo, il libro risulta sicuramente gradevole e pieno di spunti interessanti. La prima avventura ha il compito di mostrarci una bella carrellata di tutte le mostruose creature al servizio dei Signori delle Tenebre, con le quali avremo modo di acquisire grande familiarità avanzando nella serie: Giak, Drakkar, Vordak, Kraan, Gurgaz ed altri ancora. Troviamo inoltre alcune scene interessanti, ed il cui potenziale avrebbe potuto essere sfruttato maggiormente dall'autore: dall'incontro con l'amico Banedon (scena alla quale non riesco a rinunciare ogni volta che gioco il libro !), alla battaglia sul ponte, per finire con l'affascinante cimitero degli Antichi.
Non ci sono oggetti particolarmente importanti da ottenere, in questa avventura. Merita una citazione la Stella di Cristallo, dono del nostro amico Banedon: quest'Oggetto Speciale ci potrà essere davvero utile solo in un'occasione nel secondo libro, dopodiché avrà il semplice scopo di ricordare la nostra amicizia col giovane mago di Toran. Allo stesso modo, non ci sono avversari particolarmente difficili o importanti ai fini della trama: in fondo il nostro protagonista (prima della catastrofe, ricordiamolo, era il placido ed inoffensivo "Lupo Silenzioso" !) è ancora giovane e inesperto, e deve limitarsi ad una fuga disperata attraverso un paese devastato e ricolmo di nemici.
In conclusione: un buon libro, un "must" non solo per gli appassionati di Lupo Solitario ma in generale per tutti gli amanti dei librogame, un titolo di rilievo soprattutto perché inizio di una grande serie. L'ambientazione e la freschezza lo rendono un librogame gradevole, sintetico come racconto e divertente come gioco, meritevole di un 7 pieno a mio giudizio.
Il primo volume di Lupo Solitario è sicuramente il più noto e importante dei librogame, insieme a The Warlock of Firetop Mountain. E’ il libro che segna l’avvento di una via nuova al librogioco, nonché la nascita dell’intero fenomeno (e anzi dello stesso logo) librogame in Italia. La notorietà, il successo e la risonanza culturale di questo libro non sono perfettamente proporzionali alla sua qualità intrinseca, ma I Signori delle Tenebre è comunque un’opera di grande impatto e costituì una vera e propria rivoluzione degli schemi in quel 1984 in cui il mercato dei librigioco fioriva di nuove proposte alternative a Fighting Fantasy. Per questo, nonostante la sua semplicità, è un libro su cui si possono dire tantissime cose.
Non c’è un altro volume di Lupo Solitario in grado di offrire uguali atmosfere e sensazioni. Un paio di pagine delineano sommariamente il personaggio e il prologo di una saga ben più lunga di quanto da qui si possa immaginare: un giovane accolito del Monastero Ramas si salva miracolosamente dall’attacco con cui i Signori delle Tenebre distruggono il Monastero stesso e l’intero ordine dei Cavalieri. E’ solo, è l’ultimo dei Ramas, è Lupo Solitario, e deve raggiungere la capitale per avvertire il re del pericolo. E’ un pischello imberbe, con una padronanza limitata ma sufficiente delle favolose Arti di cui è depositario, e deve attraversare decine di chilometri di foresta battuti dagli inviati del Regno delle Tenebre, numerosi e letali. E’ una situazione di totale disparità di forze, che si riflette in un gran numero di morti istantanee brutali ma affascinanti, e soprattutto quasi sempre motivate: spesso la morte è conseguenza di una decisione avventata, come esporsi su un territorio scoperto o fidarsi di individui sospetti. Qualche volta però è semplicemente imprevedibile, come quando si decide (non così scioccamente) di abbandonare una pericolosa battaglia, e altre volte ancora è portata dalla Tabella del Destino. Nel complesso, I Signori delle Tenebre possiede un notevole equilibrio di gioco, risultato di opzioni ben assortite e di un uso accorto della componente sfiga, e soprattutto non è mai arbitrario come i libri di Fighting Fantasy.
Da questi ultimi l’opera di Dever si distacca anche per l’assenza di una “strada giusta”, e anzi, sicuramente I Signori delle Tenebre è il più aperto di tutti i volumi della serie, se non perfino il librogame più malleabile in assoluto: è possibile finirlo seguendo qualsiasi percorso, e ce ne sono tanti, ognuno fatto di una combinazione di vari piccoli pezzi di avventura, da assemblare come un Meccano. Molti luoghi sono raggiungibili da diverse strade, e ci vorranno un bel po’ di partite prima di avere un’idea abbastanza precisa di tutte le possibilità che il gioco offre; ulteriore varietà è portata dalla liberissima scelta delle Arti Ramas, tutte utili ma nessuna più delle altre, perché i passaggi obbligati virtualmente non esistono. Poter leggere il libro tante volte vivendo sempre avventure leggermente diverse, e senza per questo dover rinunciare a vincere, è la vera rivoluzione di Lupo Solitario rispetto alla concorrenza e di certo è stata fondamentale nel dare a questo volume il suo status di leggenda; è anche, probabilmente, la ragione per cui l’editore E.Elle ha scelto questo libro e questa collana per dare il la al fenomeno in Italia. La storia ha dato ragione a Joe Dever, che ha vinto la scommessa nonostante lo stile molto ingenuo, la brevità del testo (e quindi della singola partita) e la mancanza di un più grande obiettivo dietro le gesta del personaggio, che in questo suo esordio, fedelmente al titolo originale, si limitano a una disperata fuga dalle tenebre incombenti. Non mancano nemmeno degli errori, di continuità e di editing: in genere sono minimi, ma è importante notare che la prima scelta al 58 deve rimandare al 251 e non al 286, che ha il risultato opposto. Anche la traduzione ogni tanto ci mette del suo, soprattutto al 227, dove basta perdere anche un solo punto di Resistenza per andare al 271.
Sono cose perdonabili, e anzi quasi non ci si fa caso, o le si considera corrette: tale è l’incantesimo che I Signori delle Tenebre sa lanciare sul lettore. Il racconto è scarno, ma non per questo distaccato come nei libri di Jackson e Livingstone, e Dever riesce con poche parole a creare atmosfere perfette e l’esatto ritmo richiesto dagli eventi. Senza dubbio la parte più memorabile di tutta l’avventura è il Cimitero degli Antichi, un’escursione nell’horror puro breve ma riuscitissima, irta di pericoli e capace di far rizzare i capelli come pochi altri momenti in Lupo Solitario. E’ anche molto interessante la sezione finale ambientata in città, dove l’autore offre numerose occasioni di rinviare la conclusione dell’avventura per godersi un gradevole – e naturalmente pericoloso – giretto nella capitale in preda al caos. Che sia voluto o no, le descrizioni essenziali ma intense riflettono benissimo il colpo d’occhio del giovane protagonista ansioso e spaesato, e si fissano facilmente nella memoria del lettore, come i disegni di Gary Chalk, talvolta perfino terrificanti per un bambino.
In retrospettiva c’è un solo difetto che attribuisco a questo librogame: il fatto che dal paragrafo 1 ci sia un solo modo per raggiungere un determinato evento, e che quell’evento, importante per la trama, tagli fuori un bel pezzo di avventura. A causa di ciò, non ho mai potuto comprendere se non di recente quanto questo libro sia ricco di possibilità. Potremmo dire in effetti che I Signori delle Tenebre è l’essenza stessa del librogame, un’avventura in cui si può bene o male andare dove si vuole, con libertà e con raziocinio, esplorando tutte le opzioni, vivendo e creando in tanti modi la stessa storia avendo come unici riferimenti fissi l’inizio e la fine. Questa è la differenza fondamentale tra Lupo Solitario e tutti i suoi concorrenti, il cardine su cui si basa tutto il successo della serie, benché lo stesso Dever non sia praticamente mai più riuscito a replicare la stessa formula nello stesso modo. Per questo motivo I Signori delle Tenebre è un unicum nel genere di cui costituisce la stessa definizione, e per questo rimane un librogame migliore di tantissimi altri nonostante sia stato superato sotto tutti i singoli aspetti: è l’alchimia dell’insieme a renderlo diverso, mitico, ancora oggi indispensabile introduzione e summa di tutto ciò che un librogame è e dovrebbe sempre essere.