| Categoria: Librogame Stranieri Fighting Fantasy
|
Titolo: 62 - Howl of the Werewolf | Valutazione: 9.00 Letture:1948 | Jonathan Green | Lupravia è una terra maledetta; un freddo luogo di montagne incappucciate di neve, foreste piene di pericoli e brughiere avvolte nella nebbia, infestate dagli spiriti di morti irrequieti. Solo un folle entrerebbe in questo arretrato regno di predatori. Ma tu devi entrarci, dopo che un lupo malvagio ti ha condotto sulla via della follia e dell'omicidio. Mentre lentamente soccombi alla bestia che è dentro di te, devi cercare una cura per la tua condizione prima del prossimo plenilunio. Ma quanto a lungo riuscirai a sopravvivere in una terra dove tutti vivono nella paura dell'Ululato del Lupo Mannaro? |
Valutazione media:
|
(1)
|
|
(10)
| |
Data pubblicazione 10/12/2007
|
|
Inviata da: EGO il 6/10/2009 |
|
|
|
|
Valutazione generale:
| |
9
|
|
Ogni tanto, a qualcuno viene dato il permesso di evadere le regole. In Fighting Fantasy, finora, l’unico che aveva potuto era stato Steve Jackson; ma lui era il Re, e nessun altro dei “sottoposti” aveva mai avuto il privilegio di percorrere la sua corsia preferenziale: l’unica libertà era quella di mettersi su una corsia parallela, introducendo qualche piccola novità che, il più delle volte, non faceva molta differenza.
Ma nel 2007 è stata fatta un’altra eccezione. Jonathan Green, per intervento probabilmente di Libra la dea della Fortuna, riceve il benestare per produrre un libro diverso dal solito: diverso sotto molti aspetti, diverso anche dal suo solito standard. E così nasce Howl of the Werewolf, il primo “vero” inedito di Fighting Fantasy mai pubblicato dopo la fine della serie originale, se contiamo che Eye of the Dragon era l’espansione di un’avventura vecchissima e Bloodbones era un progetto già esistente nel 1995, ma ripreso solo con la nuova edizione.
Di Howl è bene dire subito che fa parte a pieno titolo del pantheon dei migliori Fighting Fantasy mai pubblicati. Jon Green ha introdotto delle innovazioni (forse sarebbe meglio chiamarle anomalie!) che offrono al lettore un’esperienza di gioco molto diversa dal solito, ma al contempo si è perfettamente attenuto agli schemi dell’avventura più classica. In sostanza, è riuscito finalmente a realizzare un progetto compiuto partendo da un esperimento: un risultato che sicuramente ogni altro autore prima di lui aveva cercato, castrato però da quei limiti non detti che nessuno osava infrangere.
Prima novità: Howl è un tomo di spessore secondo a nessuno in tutta la collana, e il motivo è che i paragrafi raggiungono la cifra record di 515, superando Creature of Havoc e persino Clash of the Princes (il nostro Faccia a Faccia volume 1). Seconda novità: l’Abilità iniziale non prevede più l’enorme range di 6 punti. Si tira un dado, si divide a metà il risultato e si aggiunge 6. Dunque si parte con 7-9 punti, e ciò garantisce una speranza a qualsiasi personaggio, pur restando valido che più punti sono meglio. Terza novità: non c’è il true path. Howl si può finire seguendo diversi percorsi. La libertà di movimento è davvero totale, perché per poter vincere basta avere un oggetto, e lo si può trovare dovunque si vada: basta cercare bene. Quarta novità: i punteggi Iniziali possono aumentare, anzi è espressamente previsto che lo facciano. E non esistono equivoci riguardo ad Abilità e Forza d’Attacco quando si trova una nuova arma, come sempre accadeva in passato. Non è quindi necessario sentirsi un baro se si prende un’arma magica e si diventa più forti in battaglia.
Queste innovazioni sono fondamentali, perché permettono di godersi ogni sfumatura dell’avventura senza limiti e senza remore di sorta. Si può tentare tutto, non ci sono strade ‘inutili’ e l’unico ostacolo è la difficoltà, livellata dal nuovo punteggio di Abilità ma comunque non così bassa da far pensare che il libro sia facile. Ed è una gioia, perché Howl of the Werewolf è pieno di emozioni e di sorprese. Com’è tipico di Jon Green, al paragrafo 1 ci si arriva già in una situazione di tensione, con un combattimento imminente. È da qui che prende avvio l’odissea del nostro mercenario, che da parte sua era solo in cerca di impiego nella terra di Lupravia. Sfortunatamente per lui la regione è maledetta, infestata da ogni sorta di essere malvagio, ma soprattutto da lupi mannari; e proprio il morso di uno di questi gli farà contrarre la licantropia. Il nostro eroe ha solo pochi giorni, fino al plenilunio, per eliminare la maledizione; e l’unico modo per farlo è uccidere l’Arci-Licantropo di Lupravia, cioè nientemeno che lo stesso signore della regione!
La storia è raccontata con dovizia di particolari, senza preoccuparsi della lunghezza dei paragrafi. Green ha dedicato ogni cura al testo: lo stile è bellissimo, evocativo, dettagliato; l’unico appunto che possiamo muovere alla storia è la mancanza pressoché totale di ironia, ma del resto stiamo parlando di una corsa contro il tempo in una terra oscura. Durante la lettura non ci si fa nemmeno caso, perché si è costantemente in azione: contro mostri, contro trappole, fuggendo, inseguendo, nascondendosi. Non esiste mai pace, ogni angolo e ogni direzione nascondono solo pericoli e mostri terribili, illustrati in modo quasi maniacale da un Martin McKenna che in oltre dieci anni ha avuto il tempo di portare le sue già strabilianti capacità a un livello quasi incredibile: le tavole tolgono letteralmente il fiato, fanno davvero percepire tutta la ferocia e l’astuzia delle creature. Howl of the Werewolf è un tourbillon di emozioni, un lungo, delizioso viaggio in un incubo sempre più buio, la cui profondità si scopre solo trovando la strada ideale: quella che ci fa ritrovare tutti gli oggetti magici che rendono la sfida finale un po’ meno disperata e, al contempo, ci svela il segreto del Male che infesta Lupravia. In tutto ciò, la maledizione del licantropo continua ad avanzare, rappresentata dal punteggio di Cambiamento: se questo aumenta troppo possono insorgere problemi, perché certe situazioni e certi potenti avversari possono fare appello all’istinto lupino e impedire al personaggio di agire secondo la propria volontà. Tuttavia la mutazione ha anche i suoi vantaggi, che si riflettono nell’aumento dei punteggi di cui abbiamo parlato sopra, e nell’acquisizione di poteri speciali come la possibilità di vedere al buio o quella di allontanare animali selvaggi.
Di tutto ciò che si può chiedere ad un librogame, Howl of the Werewolf elargisce a piene mani. Nel giustificato entusiasmo che deriva dalla lettura emergono solo due possibili difetti, che però saranno tali solo per alcuni. Primo: benché il testo sia un tripudio di trovate originali e di citazioni brillanti, il ricorso ai cliché è comunque massiccio: alla fine non possono mai mancare licantropi, vampiri, demoni, monasteri maledetti, scienziati pazzi, castelli, ragni giganti, spettri e demoni. È l’utilizzo nel contesto a fare la differenza, certo, ma per chi è ormai assuefatto al genere, il classico maniero del vampiro con gli zombi nella cripta è un po’ passé. La seconda cosa che non ho gradito è quel vecchio vizietto di Green, ovvero l’eccesso di combattimenti. Prima ancora che la storia si metta veramente in moto e ci venga concesso di andarcene per la nostra strada abbiamo già affrontato almeno sette avversari, se non di più; il computo finale delle battaglie, nella partita media, è intorno a venti. Ben lontano dagli eccessi visti nel Fighting Fantasy degli anni Novanta, ma rimane il fatto che in Howl difficilmente passa paragrafo senza dover mettere mano ai dadi, che sia per combattere o per mettere alla prova questo o quel punteggio. Ciò significa che ripetere da capo l’avventura non si accompagna allo stesso entusiasmo della prima volta.
Questo va detto per amor del giudizio personale, come va detto che qualche erroruccio è sfuggito ai controlli (per esempio, dal paragrafo 310 non si deve andare al 459, ma al 428). A qualcuno importerà, ad altri meno. Qui però l’aver mancato la perfezione non è importante, perché Howl of the Werewolf è un libro-gioco esemplare, magnifico e sì, indispensabile: il nuovo standard di qualità per Fighting Fantasy nel XXI secolo.
|
|
|
|