E' una creatura di pura malvagità, viva da prima che nascesse il tempo, un Drago così immenso che niente potrebbe contenerlo. Nelle profondità del Passo del Drago esso sta accumulando energia magica che presto gli permetterà di entrare in questo mondo. Se ci riuscisse, tutta Allansia verrebbe schiacciata dai suoi artigli! Nemmeno il leggendario Conclave dei Draghi ha il potere di fermare questa creatura. Serve un eroe umano, un eroe come TE! Molti mostruosi avversari sono schierati contro di te, ma lungo la strada troverai antichi artefatti che ti aiuteranno nella tua missione. Ma alla fine, soltanto il tuo straordinario eroismo potrà opporsi al Drago della Notte. Accetti la sfida?
Recidivo, ecco che cos’è Keith Martin. Per la terza volta di fila ci ripropone meccaniche chiaramente inadeguate ad un librogioco di 400 paragrafi, in cui la semplicità dovrebbe essere la regola cardine su cui impiantare tutto l’apparato ludico. Anche Fighting Fantasy 52 dunque, come i suoi due predecessori firmati Martin, è un librogame molto pesante e raccomandabile soltanto ai più pazienti tra i lettori.
A mio parere, per Night Dragon l’autore si è sicuramente ispirato ai videogiochi. Nella fattispecie, questo libro ricorda moltissimo il primo episodio di Dragon Quest. La trama è analoga: il Drago della Notte, un Drago Antico di potenza inimmaginabile, si sta risvegliando nelle profondità del Passo del Drago, assistito da una setta che brama il suo ritorno. Nemmeno il Conclave dei Draghi, formato dai sei draghi più potenti di Allansia, ha il potere di fermare l’Antico; tuttavia, in passato, un guerriero umano fu in grado di sconfiggere questo nemico. Il Conclave dunque invia a noi, che interpretiamo un potente guerriero, una richiesta d’aiuto per far fronte all’emergenza. Scopriremo così che per uccidere il Drago della Notte sono necessari la spada, lo scudo e l’armatura del grande eroe del passato. Ebbene: proprio un Dragon Lord è il nemico finale di Dragon Quest, e l’eroe di quel gioco deve appunto ritrovare spada, scudo e armatura di un guerriero leggendario per riuscire nella sua impresa.
Ma Night Dragon rivela simili ambizioni anche nel sistema di gioco. Martin impone al giocatore il calcolo di un numero di variabili troppo grande: in un videogioco sarebbe la norma, perché tutto verrebbe gestito automaticamente dal calcolatore, ma quando lo si applica ad un sistema carta e penna è solo una scocciatura galattica. In Night Dragon ci sono addirittura tre punteggi extra, e se l’Onore e la Nemesi cambiano a intervalli ragionevoli, il Tempo va aggiornato virtualmente ad ogni paragrafo, fino a raggiungere cifre di 70 e più punti entro la fine dell’avventura. Inoltre, quasi sempre il passaggio del tempo si accompagna al consumo di Provviste, per cui le variabili da modificare sono due per volta, posto che non cambi anche qualcos’altro. È chiaro che in questo modo la lettura si interrompe continuamente per metter mano al registro, cosa per nulla divertente. E qui parliamo dello standard, perché poi ci sono i combattimenti: come numero assoluto sono poco meno di quelli di Island of the Undead, ma la Resistenza media del nemico è ancora più alta e quel che è peggio, quasi tutti includono condizioni extra di cui tener conto. È tipico, specialmente contro i nemici più forti (la maggioranza: le scaramucce sono rare), che il paragrafo abbondi di istruzioni tipo “nei primi 4 turni, prima di attaccare devi fare una prova di Abilità aggiungendo 3: se fallisci vieni colpito da una scarica magica che ti toglie 4 di Resistenza”, oppure “se la Forza d’Attacco del nemico raggiunge almeno X punti, vieni ferito in ogni caso e devi fare una prova d’Abilità: se fallisci cadi a terra e nel prossimo turno devi ridurre la tua Forza d’Attacco di 4 punti”. Oppure il nemico ha un pugnale avvelenato, da cui il veleno gocciola via dopo 3 turni. Oppure infligge danni speciali. Eccetera, eccetera, eccetera. Immaginate che cosa significano tutti questi tiri e calcoli extra, quando già il nemico che hai di fronte ha Abilità 11 e Resistenza 15! Chiaramente finire il libro senza partire con Abilità 12 è pura fantasia, e questo ridicolizza l’apparente generosità dell’autore quando, nelle regole, dice che poiché sei un grande guerriero hai diritto a due punti in più da ripartire tra due caratteristiche (quindi non puoi nemmeno aumentare l’Abilità di 2!).
Di meglio rispetto ai suoi due predecessori Night Dragon ha la possibilità di vincere recuperando i tre oggetti magici nell’ordine che si preferisce, o anche fallendo nel trovarne uno. La possibilità è teorica: le chance di battere il Drago con un equipaggiamento meno che completo sono tutte da dimostrare. Tuttavia non esiste un true path da seguire in modo ferreo, perciò si ha un certo stimolo a rigiocare anche dopo aver vinto; bisogna però averne voglia, e non è probabile, vista la fatica che si fa. Troppi numeri da annotare; troppi combattimenti lunghi e complessi, culminanti col Drago della Notte che ha punteggi da barzelletta (e la cosa più divertente è che dobbiamo arrivare ad averli migliori dei suoi); troppe decisioni da prendere senza indizi. Ancora una volta ci sono scelte di design discutibili, ed errori: prendiamo per esempio il punteggio di Nemesi. Esso è ambiguo come quello di Presenza del volume scorso: farlo aumentare a livelli tali da avere effetti svantaggiosi (in pratica: altri combattimenti) mi è parsa l’impresa più ardua del libro, tanto che non ci sono mai riuscito; eppure c’è un bonus che si può ottenere solo avendo una Nemesi discretamente alta. Tra gli errori è piuttosto grave quello che riguarda l’uso degli stivali alati contro il Drago: è il solito enigma “se sai chi te li ha dati, somma i numeri delle lettere del suo nome e vai al paragrafo corrispondente” (nota: vi rendete conto che Martin ti chiede di fare questa cosa col nome Scalmagzaprin?), però il numero che cerchiamo è stato calcolato senza contare la H iniziale del nome. È forse una vaga frecciatina agli stranieri che sbagliano sempre ad aspirare l’acca in inglese?
Gli ultimi tre Fighting Fantasy di Keith Martin pubblicati fin qui sono essenzialmente uguali come impostazione, meccaniche e difficoltà. Il vantaggio di Night Dragon è la possibilità di finirlo seguendo un percorso flessibile e senza dover barare nella sezione finale; un certo valore viene aggiunto dalle tavole del bravo Tony Hough, molto scure ma quasi tutte spettacolari. Chi è interessato a conoscere le proposte di questo autore successive all’ottimo Vault of the Vampire dovrebbe dunque rivolgersi qui, ignorando le due uscite precedenti. Ciò non vuol dire che io consideri Night Dragon un buon librogame: sono molto lontano dal condividere l’entusiasmo di certi lettori, per i quali evidentemente la qualità di un gamebook si misura col numero di dadi e matite consumati. No, Night Dragon è un librogame assai poco interessante come libro e afflitto nella parte game dall’impossibile ambizione di essere un videogioco. Giocabile, ma non consigliato.