Da secoli l'equilibrio della Foresta della Notte viene preservato dagli uomini e dalla natura. Ora è apparso un oscuro nemico a minacciare questa pace così incerta. Terribili creature si aggirano nella foresta, e gli antichi sentieri degli Elfi si sono chiusi. Da settimane non giungono notizie dalla lontana città di Sardath. Nella città isolata di Grimmund, proprio sul limitare della minacciosa foresta, la gente ha esaurito la pazienza. Qualche coraggioso avventuriero -TU! - deve entrare nella Foresta della Notte e attraversarla, per scoprire l'origine del male e il modo per sconfiggerlo!
Toccata e fuga, ma che toccata. Ignoro perché Keith P. Phillips abbia avuto l’onore di un solo volume in tutto Fighting Fantasy; mi piace pensare che sia perché la stesura di quell’unico libro gli dev’essere costata molto tempo, molto studio e molta fatica. Siege of Sardath è indubbiamente l’opera di un attento discepolo di Steve Jackson: se Paul Mason si è limitato a riproporre la spietatezza dei libri di Steve, Phillips è riuscito a replicarne anche i brillanti elementi di gioco, proponendo un’esperienza meno frustrante, ma pienamente soddisfacente.
In Siege of Sardath ci troviamo nei panni di un membro del Consiglio di Grummond, una città al confine meridionale della Foresta della Notte. Da qualche tempo la Foresta, che noi conosciamo molto bene grazie all’esperienza e a un addestramento di impronta elfica, sembra aver maturato una nuova volontà distruttiva, per cui chi cerca di attraversarla da e verso la città di Sardath non ne esce vivo. La testimonianza di un sopravvissuto ha indotto il Consiglio a considerare la distruzione di parte della Foresta, nonostante la nostra opposizione; ma il colpo di scena che ci introduce al paragrafo 1 farà emergere una realtà diversa e ben più sinistra, una realtà contro la quale saremo gli unici in grado di opporre resistenza.
L’autore ci introduce quindi subito nel vivo dell’azione, dimostrandosi immediatamente originale; ed è solo l’inizio. Siege of Sardath vuole che scopriamo il più classico dei true path, e se dovessimo perderci un passaggio fondamentale rischiamo di scoprirlo magari alle battute finali, proprio come nelle opere degli autori più blasonati. La differenza è che il libro di Phillips è più generoso nel fornire suggerimenti per la ricerca: non ti manda in giro alla cieca, perché è organizzato in blocchi narrativi piuttosto ampi e poche tappe fisse, perciò in generale non c’è un labirinto di scelte in cui una sembra valere l’altra. Questo vale soprattutto nella prima parte dell’avventura, in cui alcuni percorsi sono equivalenti e non ci vogliono molti tentativi per scoprire tutto quanto. Finché non si esce dalla Foresta della Notte, il libro non lascia molti dubbi su quale sia il percorso giusto.
A questo punto però le cose si complicano. Da qui fino alla fine sembra davvero di essere in un libro dello Steve Jackson più puro, con una serie di oggetti e indizi numerici da scovare nel giusto ordine pena il fallimento, e morti istantanee piuttosto abbondanti per chi si spinge troppo in là. L’introduzione dice esplicitamente che “il libro può essere risolto mediante tentativi ed errori, ma è molto più soddisfacente riuscirci usando l’ingegno”: intenzione onorevole, ma la sezione delle montagne, che nasconde un oggetto di fondamentale importanza, non offre indizi per procedere in altro modo che a lume di naso. In effetti io ero riuscito ad arrivare praticamente alla fine, per poi scoprire che mi mancava quest’oggetto, che ha richiesto diverse altre partite. La frustrazione di questa parte di avventura mi ha un po’ deluso, dato che mi sembra l’unica davvero arbitraria in assoluto insieme allo scontro finale, che va risolto con la testa e non con la spada (come molti altri ostacoli: Siege of Sardath non richiede punteggi stellari per essere finito). Il resto è un meraviglioso puzzle dove tutti i pezzi vanno insieme in rapida sequenza, quasi subito dopo essere stati trovati, e in modo molto stimolante grazie al modo in cui ogni elemento è integrato nel gioco: a volte bisogna ricomporre figure, altre volte si devono mischiare correttamente gli ingredienti di una pozione, altre ancora bisogna aggiungere o sottrarre un numero se nel testo troviamo una specifica espressione – roba che non vedevamo da La creatura del male, e che a quel libro non ha nulla da invidiare. E poiché Siege of Sardath permette un minimo di backtracking in confronto alla rigida linearità dei volumi a cui evidentemente si ispira, il gioco è un po’ più malleabile del solito, il che a mio parere va a tutto vantaggio dell’esperienza complessiva.
Purtroppo sono convinto che ci sia un errore piuttosto grave in termini di giocabilità. Il nostro viaggio prevede che arriviamo alla meta finale prima che sia passata un’intera settimana (occasione per apprendere i nomi dei giorni secondo il calendario di Allansia): tuttavia, se si segue quello che è chiaramente il percorso ideale, non è possibile riuscirci, e l’alternativa sarebbe allora avere Abilità elevatissima e un pizzico di fortuna per superare un combattimento drammatico. Nessun altro ha segnalato questo errore, ma io sono convinto di aver fatto i calcoli giusti. È un errore di cui tengo conto nella valutazione finale, ma che nella pratica tenderei a ignorare perché è chiaramente una svista: pertanto, al paragrafo 349 invito a cancellare un solo giorno, e non due, dal diario di viaggio.
Oltre ai due problemi di gioco succitati, l’unico altro elemento negativo di Siege of Sardath è che, per quanto sia ben scritto, trama e svolgimento non sono granché entusiasmanti, in particolare il finale. Lo stile di Phillips è molto accurato nelle descrizioni, anche quelle dello stato d’animo del personaggio, ma è troppo freddo e distaccato per coinvolgere. Su questo però sono disposto a chiudere un occhio in virtù delle grandi qualità ludiche: credo che questo sia uno dei Fighting Fantasy con le idee migliori e meglio implementate in assoluto, in grado di impegnare l’attenzione e l’intelligenza del giocatore su più livelli, talvolta facendo anche ricorso alle illustrazioni (ottime) di Pete Knifton. Seppur non immune da macchie, l’unico librogame di Keith Phillips è a mio parere una delle gemme nascoste di Fighting Fantasy, ben poco conosciuto e considerato, ma molto migliore di tante uscite degli autori più prolifici. Complimenti!