| Categoria: Librogame Stranieri Fighting Fantasy
|
Titolo: 42 - Black Vein Prophecy | Valutazione: 6.00 Letture:1090 | Paul Mason e Steven Williams | Sulla misteriosa Isola dell'Alba antiche forze stanno ritornando dal passato, portando caos e guerra. Esse intendono strappare il potere al Re Infante e ricostituire il loro regno del male. Tocca a TE riportare nuovamente la pace nel mondo. Ma chi sei tu? A quanto pare sei stato risvegliato dalla morte, e hai solo pochi brandelli confusi di memoria a cui affidarti. Devi scoprire la tua identità prima che la Profezia della Vena Nera si avveri! |
Valutazione media:
|
(1)
|
|
(10)
| |
Data pubblicazione 10/12/2007
|
|
Inviata da: EGO il 7/4/2009 |
|
|
|
|
Valutazione generale:
| |
6
|
|
Vi manca Steve Jackson? Black Vein Prophecy è finora l’episodio di Fighting Fantasy più vicino ai suoi lavori, specialmente a La creatura del male. La singola pagina di introduzione (le regole sono in fondo al volume, segno che il libro non è per i novellini) è spiazzante e non prevede nemmeno che tiriamo i dadi per stabilire i punteggi: questo avviene in seguito, dopo che lo sconosciuto protagonista si risveglia, senza alcuna coscienza di sé, addirittura… nella propria tomba! Qui inizia il periglioso viaggio alla scoperta di che accidenti stia succedendo sulle Isole dell’Alba, un viaggio che ha qualcosa in comune con quello visto in Le ombre di Nordmaar della collana AD&D, ma che non sarà altrettanto rivelatore: le prime parole di Black Vein Prophecy annunciano che “questa è un’avventura avvolta nell’oscurità”, ed è una promessa. A differenza dei due libri succitati, qui non scopriremo proprio tutti i dettagli e i retroscena della trama, pur giungendo a una risoluzione dignitosa.
Ma con i libri di Jackson questo ha anche molti collegamenti nella struttura: c’è un solo giusto percorso, e deviandone non faremo altro che infilarci in vicoli senza uscita, destinati a fallire per un motivo o per l’altro. Il true path si trova per tentativi ed errori, e non ha nessuna giustificazione logica se non “è così che devi fare”. Questo naturalmente è frustrante, perché significa dover ricominciare tante, tante volte; però è anche vero che sbagliare strada può far avanzare nella storia e scoprire indizi utili su ciò che si sarebbe dovuto fare prima. Fino a un certo punto, dunque, il meccanismo non è diverso da quello dei classici di Fighting Fantasy. Verso la fine, purtroppo, Mason e Williams scatenano contro il lettore una raffica di scelte multiple – e intendo quadruple, non doppie – in cui solo un’opzione è giusta, e le altre letali, e sfido chiunque a trovarci qualche tipo di logica. Arrivati a questa parte del libro l’unica soluzione possibile per non impazzire è considerare l’inizio della sezione finale come un checkpoint, anche perché da lì in poi i punteggi non vengono più chiamati in causa: o si arriva alla fine (che, sorpresa, non è al paragrafo 400!) o si perde, e alla fine ci si arriva solo con una sequenza di azioni esatta e non modificabile.
Il che, ripeto, ci rimanda a La creatura del male, e un altro punto di contatto con quel libro è la particolare gestione della Fortuna. Il peccato che non posso perdonare a Black Vein Prophecy è che per vincere è necessario fallire il primo Tenta la Fortuna, subito dopo aver stabilito il punteggio: stando così le cose, perché la Fortuna può arrivare a 12 mentre l’Abilità si ferma a 10? E perché, in seguito, è invece importante avere un’alta Fortuna per non fallire alcuni tiri molto importanti? È ovvio che questa faccenda non ha senso, però in compenso ha un grosso peso sull’economia del gioco. Sfortunatamente, il ruolo chiave della fortuna non è l’unico errore di design del libro: c’è anche da considerare gli errori di nomenclatura di alcuni oggetti, per cui il nome a lettere maiuscole con cui ci vengono richiesti non corrisponde a quello con cui ci sono stati presentati. In più, talvolta viene proposto l’uso di oggetti che non è possibile avere, oppure si fa riferimento a informazioni mai ricevute (questo però si verifica solo se si è usciti dal true path). Ancora, ci sono dei collegamenti sbagliati tra paragrafi: il 160 dovrebbe mandare al 395, il 190 al 19, il 49 al 375, mentre il 187 e il 325 copiano erroneamente un pezzo del 152.
Non posso negare che tutti questi problemi inficiano il gradimento di Black Vein Prophecy, per quanto il libro sappia far valere i suoi pregi. Lo sviluppo della storia è molto affascinante e riserva, proprio sul finire, dei colpi di scena veramente originali. Scoprire il true path pezzo per pezzo, nel vero stile di Steve Jackson, è una soddisfazione che non si provava da tempo a questi livelli; per di più le cose da non fare sono tante quante quelle da fare, e i combattimenti sono ridotti al minimo. Nemmeno l’aspetto grafico è da sottovalutare, grazie ad alcune splendide tavole di Terry Oakes (non tutte, però). Se non fosse per quella assurda gestione della Fortuna e per l’orrida sfilza di morti imprevedibili verso la fine, Black Vein Prophecy meriterebbe un 8 in pagella e una menzione speciale per l’originalità e l’interesse. Anzi, quest’ultima lasciamogliela pure: è un librogame da leggere, previa conoscenza dei suoi problemi.
|
|
|
|