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Indice principale : Librogame Stranieri : Fighting Fantasy : 

Categoria: Librogame Stranieri Fighting Fantasy
Titolo: 18 - Rebel Planet  Piu' letteValutazione: 4.00  Letture:1180
Descrizione   Robin Waterfield
Descrizione   Mentre il potente Impero Arcadiano stringe la sua morsa sulla nostra galassia, i leader di SAROS, l'organizzazione segreta terrestre, uniscono le loro magre risorse in un'ultima, rischiosissima missione per colpire al cuore il pianeta degli invasori.
TU sei la loro ultima speranza. Esperto di tutte le arti marziali, armato di una proibita spada laser, dovrai cercare i membri della resistenza e ricomporre il codice segreto di cui hai bisogno per distruggere il nemico. Ma il tempo stringe, e solo TU puoi impedire che gli Arcadiani ottengano il completo dominio della galassia!
Valutazione media: (1) (10)
Data pubblicazione 27/11/2007
Inviata da: EGO il 13/12/2007
Valutazione generale: Valutazioni di categoria: 4 4
Descrizione
     La decade 11-20 di Fighting Fantasy è decisamente quella della fantascienza: due libri di Chapman (12 e 15), uno di Livingstone (13), uno di Steve Jackson (17, senza alcun dubbio il migliore) e poi questo, da parte della new entry Robin Waterfield. Che ha capito bene come si costruisce un librogame, ma non come fare un librogame che sia anche coinvolgente e piacevole.

Il che onestamente mi ha stupito, perché l’antefatto di Rebel Planet è uno dei più belli che abbia mai letto. In un lontano futuro, i terrestri sono riusciti a trovare un materiale che ha permesso di viaggiare nello spazio profondo, e hanno colonizzato tre pianeti, abitabili ma non perfettamente adatti alla vita umana. La ricerca di un luogo perfetto li conduce su Arcadia, pianeta abitato da tre razze umanoidi le cui menti sono tutte collegate a un computer centrale, proprio come delle formiche nei confronti della loro regina. L’arrivo degli uomini fornisce a questi alieni la tecnologia necessaria per il viaggio interplanetario, ed essi ne approfittano per conquistare i terrestri e tutte le loro colonie spaziali, realizzando un impero in cui gli umani sono ridotti in condizioni di schiavitù, o comunque sfruttati e maltrattati. Dopo un lungo lavoro, le organizzazioni ribelli di ognuno dei quattro pianeti sono riuscite a trovare il codice per penetrare nel computer centrale di Arcadia; spetta a noi compiere la difficile missione di contattare i ribelli, ottenere le tre parti del codice e distruggere il computer che controlla le menti degli Arcadiani.

Dopo quest’incipit eccellente, sono rimasto deluso nel constatare che Rebel Planet è molto simile a The Rings of Kether, e oltretutto non è nemmeno così ben costruito. Qui abbiamo un autentico true path, fatto di arbitrarie svolte sinistra/destra e di tutto il catalogo di scelte da fare a caso, giustificate di volta in volta dal fatto che il protagonista non conosce i luoghi, dal bizzarro modo di ragionare e di parlare degli alieni, dalla perenne diffidenza di qualsiasi umano a dispetto del comune odio verso gli Arcadiani, dal tempo che stringe sempre e comunque perché la nostra copertura prevede dei viaggi mercantili regolati da orari ben precisi. Ogni volta che si arriva su un pianeta bisogna investigare per riuscire a contattare i ribelli, ma che ci riesca o no è questione di azzeccare l’opzione giusta in una serie di bivi consecutivi, e se non si trova tutto al primo colpo è finita, il giorno dopo non si può proseguire l’indagine, non si può tornare indietro. Non dico che tutte le scelte siano completamente casuali, questo assolutamente no, ma nella maggior parte dei casi sembra di leggere un libro di Chapman o di Martin Allen, il che è tutto dire. Quasi tutti i lettori inglesi definiscono Rebel Planet un libro difficile, a riprova del fatto che il concetto più diffuso di libro difficile è quello di libro con true path molto rigido e in cui si muore per delle deviazioni minime. Ma Rebel Planet non è difficile, è semplicemente frustrante e superficiale, uno di quei librogame che sciupano tutto il loro potenziale fascino a causa di scelte di design non solo discutibili, ma spesso inaccettabili. La maggiore libertà di scelta nel libro si ha sul secondo pianeta, quando si può decidere se procedere direttamente per affrontare un nemico molto potente, oppure cercare un’arma che potrebbe ucciderlo in un colpo solo; peccato che il percorso che porta a quest’arma includa una situazione in cui un lancio di dado determinerà se riusciamo a fuggire o se verremo catturati e uccisi, e come se non bastasse, anche riuscendo a fuggire, non è detto che l’arma funzionerà: bisogna prima superare un Tenta la fortuna. E’ questo il tipo di iniquità e di accanimento che l’autore mette contro il lettore, e non è affatto divertente.

E francamente non ho trovato molto divertente nemmeno la trama. E’ tutto troppo piatto, troppo impersonale, e troppo stringato per rendere affascinanti delle situazioni e dei personaggi che potrebbero esserlo. La parte finale su Arcadia si sbriga in un battibaleno, ed è un’ulteriore delusione dopo tanta fatica, e poi naturalmente c’è una probabilità altissima di fare una scelta sbagliata proprio alla fine e di dover rifare tutto per l’ennesima volta. Insomma, l’unica cosa che ho trovato veramente interessante e creativa è la ricostruzione del famoso codice, un enigma niente male sebbene sia esposto a una piccola falla in cui mi sono imbattuto per caso. E’ veramente una bella trovata ma, appunto, non si riesce a godersela, affogata com’è in un mare di mediocrità e di sconfitte gratuite, la cui gratuità aumenta esponenzialmente man mano che si procede verso l’affrettato finale.

Non so davvero come spiegare questa differenza così netta tra i Fighting Fantasy fantascientifici e quelli di diversa ambientazione, soprattutto in termini di personalità e atmosfera. Manca l’azione, manca il carisma dei personaggi, manca il senso di progressione, manca la gratificazione per aver superato i piccoli ostacoli. Mi sembra anche preoccupante che la sci-fi sia il terreno preferito dagli autori “secondari”, quasi un ripiego da parte di chi pare non sentirsi a suo agio con ambientazioni fantasy; ma è innegabile che, fin qui, gli unici due a fare delle storie futuristiche veramente degne di attenzione siano stati i soliti Jackson e Livingstone. Nessun altro è stato in grado di creare avventure all’altezza delle eccellenti premesse.

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