Un viaggio in un paese lontano e affascinante, il Giappone dell'epoca degli Shogun, quando gli intrepidi guerrieri chiamati samurai mettevano le loro spade al servizio dell'onore e della gloria. Un viaggio alla ricerca della spada del più celebre di questi guerrieri, Miyamoto Musashi, vissuto tra il 1584 e il 1645: l'uomo che portò alla perfezione la "Via del Samurai" introducendo la tecnica delle due spade.
Titolo originale: Sword of the Samurai Autori: Michael Reaves e Steve Perry Anno: 1984 Illustrazioni: Steve Leialoha Copertina: William Stout Traduzione italiana: Stefano Alfiero D’Aprile (1991)
Il sesto volume di Time Machine trasporta il lettore indietro di 350 anni, in un Giappone ancora immerso nel suo lunghissimo Medioevo. La missione da completare a prima vista pare futile: recuperare la spada del samurai Miyamoto Musashi, guerriero imbattibile e famoso per aver introdotto il combattimento con le due spade, katana e wakizashi. Edotto sull’epoca e sul personaggio da una Banca Dati straordinariamente puntuale, il lettore affronta il viaggio con l’obiettivo di impossessarsi di un’arma, ma per farcela deve apprendere una mole d’informazioni sulla “Via del Samurai”, il Bushido.
Al contrario di altri episodi, La Spada del Samurai è denso di azione. Solo di rado il giocatore subisce passivamente gli avvenimenti e spesso viene chiamato ad intervenire. Ciò è in contraddizione con le quattro famose regole, soprattutto con quella del “non cambiare il corso della storia”, però non si può negare che per una volta faccia piacere assumere un ruolo decisivo. Balzando avanti ed indietro nel tempo si rivivono le tappe fondamentali della vita di Musashi: i suoi duelli, le battaglie a cui ha partecipato, ci si iscrive alla sua scuola per samurai ad Ogura e si giunge ad assisterlo nell’ora della morte, presso una sperduta caverna dell’isola di Kyushu.
Per avere successo occorre studiare a fondo la Banca Dati, che contiene dati sufficienti per imboccare i percorsi corretti, e conformarsi al codice di vita degli antichi samurai. Non si deve credere che il furto o l’inganno siano i metodi migliori per appropriarsi della spada di Musashi; il samurai è forte ed astuto, non si lascerà imbrogliare dal primo pivello che incontra. La sicurezza con cui si sbarazza del rivale Kinju al torneo di Kyoto dovrebbe far riflettere.
Nonostante la letalità e la ferocia nel combattere, Musashi è un individuo ammirevole e restargli vicino è un’ottima occasione per apprendere semplici nozioni sulla cultura ed il modo di pensare del Giappone, così diversi da quelli occidentali. Nei recessi nascosti del librogame si celano anche altre informazioni: si apprende come si forgia una katana, si assiste ad uno spettacolo di teatro No, si vive l’invasione di Kyushu da parte di Kublai Khan, sventata dal kamikaze o“vento degli dei” (se costretti a fuggire nel 1281), si incontra la scrittrice Murasaki Shikibu (cui è attribuita la “Storia di Genji”, a detta del testo uno dei primi romanzi mai scritti), si è ospiti nel palazzo di un daimyo e si incontrano i famigerati ninja. Chiunque troverà qualcosa da imparare in questo libretto.
I lettori che amano l’azione e l’avventura, nonché gli appassionati di cultura orientale, scopriranno ne La Spada del Samurai un piacevole momento di lettura. Dal punto di vista strettamente “tecnico”, il librogame non presenta grosse incongruenze ed è costruito con sapienza, dato che per la vittoria definitiva occorre unire lo studio alla comprensione di un luogo e di un popolo. Un episodio avvincente e piacevole, che mi sento di consigliare a tutti.
Ambientazione: 9 Stile di scrittura: 8 Bilanciamento: 8 Interattività: 8 Aspetto grafico: 7
Quando si parla di Giappone, a meno che se ne sia particolarmente eruditi, la mente tende a pensare ai guerrieri. Probabilmente si tratta di un retaggio della Seconda Guerra Mondiale, che con i suoi celebri piloti suicidi e le storie di gruppi di soldati irriducibili ha trasmesso al mondo l’idea dei giapponesi come di un popolo dedito all’onore, alla disciplina e alle arti marziali, tralasciando altri aspetti di una cultura antichissima. Quale che sia la causa, la maggior parte dei libri per ragazzi che si ritrovava (e ancor oggi si ritrova) a parlare di Giappone negli anni Ottanta si focalizzava sulle figure dei ninja e dei samurai. Proprio questi ultimi sono al centro del sesto Time Machine giunto in Italia, in cui avremo come missione il recupero della spada del più famoso guerriero giapponese, Musashi Miyamoto.
Detto così, l’obiettivo parrebbe posto in modo inelegante: sembra che il viaggio nel tempo sia una sorta di scampagnata volta all’acquisto di un prezioso souvenir. Fortunatamente le cose che apprendiamo durante l’avventura, e l’approccio che bisogna seguire per concluderla, stemperano efficacemente la brama dell’eventuale bambino dalle dita avide che si trovasse a leggere queste pagine; il pensiero della faccia che un simile lettore potrebbe fare di fronte alle piccole punizioni elargite dal testo è esilarante, e credo che l’intento degli autori fosse proprio questo. Pertanto, seppure presentato in modo un po’ “consumistico”, l’obiettivo della missione viene raggiunto solo dopo aver appreso delle importanti lezioni.
A questo proposito la Banca Dati è estremamente efficace, e tutte le informazioni che contiene trovano riscontro nel libro; sfruttandola bene, assieme ad una pagina dei suggerimenti finalmente cristallina e per nulla pedante, non è difficile capire quale sia la giusta azione tra quelle proposte ai bivi. Questo attaccamento alla Banca Dati però un paio di volte si rivela eccessivo da parte degli autori stessi, che spezzano per un attimo la sospensione dell’incredulità dicendo “Hai fatto questa scelta perché la Banca Dati ti dice che...”. Inoltre il testo stesso sembra fare un po’ di confusione nel punto in cui dobbiamo decidere se dirigerci a Kyoto o a Edo; in questo caso sospetto una svista in fase di traduzione.
La sequenzialità delle fasi del racconto non presenta sbavature e ci consente di seguire con precisione alcune delle tappe più importanti della vita di Musashi, dalla gioventù fino al momento della morte; parallelamente ad essa impariamo a conoscere il codice dei samurai. Chi perde un pochino la strada incapperà in eventi che gli forniranno qualche nozione in più su usanze e tradizioni del Giappone, ma come io trovo giusto che sia, non avrà ulteriori notizie su Musashi prima di essere rinviato sul percorso giusto. Queste parti sono pregevoli sebbene lascino qualche punto interrogativo, però fanno trasparire anche un aspetto che pone il libro un po’ al di sotto di altri episodi della serie: la caratterizzazione dei personaggi, un po’ troppo generici, delle maschere che recitano il ruolo che gli compete pronunciando come da copione le battute che ci si aspetta da loro, senza quella scintilla di personalità che renda per esempio il daimyo quel particolare daimyo, che perciò viene ricordato come figura ma non come personaggio dotato di una sua individualità. Lo stesso Musashi talvolta rimane vittima di questa impostazione che punta più alla narrazione degli eventi e all’esposizione di concetti piuttosto che allo sviluppo di un racconto “privato”, come lo era quello di Sulle navi pirata o Missione a Varsavia. Nemmeno i disegni rendono molta giustizia a Musashi, anche se è facile tacciarli di stereotipia oggi, dopo aver visto l’interpretazione di Takehiko Inoue in Vagabond; ad essere onesti infatti il lavoro di Steve Leialoha per questo volume è notevole, molto superiore a Selvaggio West tanto per stile quanto più per composizione della scena.
Per la prima volta nella serie, La spada del samurai permette all’inizio dell’avventura di scegliere un oggetto da un gruppo di tre; soltanto uno trova un utilizzo, ma è meglio così che incappare negli errori che affliggono alcuni volumi successivi. A conti fatti, il sesto numero di Time Machine perpetua la tradizione di qualità della collana sotto tutti gli aspetti: è un lavoro preciso e molto curato, magari un po’ “scolastico”, ma non per questo meno gradevole.