La stazione di Paddington, a Londra, viene sconvolta da una violenta esplosione. Nell'incidente rimane ucciso anche un tuo carissimo amico, un giovane ufficiale, il quale tuttavia in quel momento non doveva trovarsi là... Dell'attentato vengono accusati i separatisti irlandesi, ma appena cominci le indagini ti trovi davanti a degli indizi veramente sorprendenti!
Titolo originale: The Dynamiters Autore: Milt Creighton Anno: 1988 Illustrazioni: Bob Versandi Copertina: Daniel Horne Traduzione italiana: Roberta Gefter Wondrich (1991)
Il precedente episodio, alquanto fiacco, ha evidenziato un calo di ispirazione da parte di Gerald Lientz. Ecco quindi il primo avvicendamento con Milt Creighton, che con I Dinamitardi fornisce nuova linfa alla serie e presenta un nuovo caso da risolvere, interessante più per i retroscena storici che per la complessità del mistero.
Il dottor Watson non ha parenti diretti in Inghilterra, ma certamente possiede un numero di cugini fuori dal comune. Stavolta il lettore impersona Samuel Charles Watson, tenente del Quinto Reggimento Fucilieri del Northumberland; il giovane ufficiale è amareggiato per la morte dell’amico e commilitone Jonathan Adams Wheeler, una delle due vittime dell’attentato dei Dinamitardi presso la stazione di Paddington. Il riserbo della polizia e la ritrosia dei superiori spingono il protagonista a cercare l’aiuto di Sherlock Holmes, nella speranza che un’intuizione dell’impareggiabile detective gli permetta di far luce sulla strana morte di Wheeler, che non aveva motivo di trovarsi alla stazione.
C’è il sospetto che qualcuno voglia far attribuire l’attentato ai separatisti irlandesi, già responsabili di simili azioni, ma non è chiaro il movente e l’identità delle persone coinvolte. Il librogame permette di seguire piste diverse, con un certo riguardo anche per le decisioni del giocatore. Come sempre è possibile perquisire il luogo del delitto, cercare di contattare persone informate sui fatti (i Dinamitardi stessi?) ed infiltrarsi di nascosto nella sede di un elegante club cittadino. In questo edificio dall’aspetto austero hanno luogo riunioni segrete sulle quali è bene indagare a fondo, a proprio rischio e pericolo.
La trama de I Dinamitardi è assai coinvolgente ed il librogame è magnificamente scritto, per cui la lettura scorre fluida e l’attenzione ai dettagli non viene a mancare. Creighton ha buon gusto nel dipingere la vita nell’epoca vittoriana, nel ritrarre i personaggi di Arthur Conan Doyle e nel creare scene dinamiche e concitate. Sebbene esistano dei binari morti non ci sono grosse difficoltà a condurre le indagini fino in fondo, perché il numero dei lanci è ben distribuito e nel momento cruciale è una scelta che fa la differenza, non la sorte affidata ai dadi.
L’unico problema è l’interattività: pur essendo disponibili vari percorsi per giungere alla verità, l’accesso a queste importanti rivelazioni è subordinato ad un lancio di dadi. Non viene preclusa la risoluzione del caso, però se non si è fortunati non si ottiene la rivelazione di determinati Indizi e la piena comprensione dello scenario del crimine. Il paragrafo conclusivo riassume ed integra le conoscenze acquisite, ma forse era meglio consentire la libera partecipazione ai momenti migliori della storia.
L’impostazione generale di Sherlock Holmes finisce per nuocere all’economia di questo volume, che non ha altri difetti eccetto le parche illustrazioni di Bob Versandi. Dopo Il Caso Milverton, che aderisce perfettamente ai canoni dei romanzi di Conan Doyle, I Dinamitardi è uno dei migliori librogame della serie. Ha il pregio di essere più immediato e meno statico nello sviluppo, perciò da questo punto di vista potrebbe risultare anche più piacevole.
Ambientazione: 8 Stile di scrittura: 9 Bilanciamento: 7 Interattività: 6 Aspetto grafico: 6
Sembra che, se un adulto vuole entrare in contatto con Sherlock Holmes pur non facendo parte delle forze armate o dell’aristocrazia, non ci sia altro sistema che essere cugini del Dr. Watson. Il tenente Samuel Charles Watson è quindi un uomo molto fortunato, perché ha l’occasione di consultare il grande detective proprio quando un suo commilitone rimane ucciso in quello che ha tutta l’aria di un attentato organizzato dai Dinamitardi, un gruppo separatista irlandese. Eppure il giovane Watson conosceva bene la vittima, e sa che l’amico non aveva nessuna ragione di trovarsi nella metropolitana al momento della tragedia. Quello che non sa è che il suo desiderio di scoprire la verità lo porterà a immischiarsi nelle trame di individui del tutto insospettabili, e ben più sinistri…
Milt Creighton offre una piccola sosta a Gerald Lientz e reinterpreta la serie in modo del tutto personale. Il prologo mostra immediatamente un approccio stilistico completamente diverso da quello del collega: sommarie ma precise informazioni sul periodo storico, completo background del protagonista, spiegazione dettagliata di tutto ciò che accade. Creighton non lascia nulla all’immaginazione e all’intuito del lettore: ci pensa lui a fare tutte le deduzioni del caso, badando a non lasciare ombre su quanto scoperto. L’indagine non ha più il carattere riflessivo e il ritmo pacato di quelle passate, ed è invece improntata all’azione, con il movimento a sostituire il dialogo. Ne I Dinamitardi non è importante ciò che si dice, anzi, a dire il vero è meglio non dover parlare affatto, perché il tenente Watson è costantemente in incognito, agisce sul filo del rasoio infiltrandosi in luoghi dove non avrebbe diritto d’accesso, esponendosi al rischio in prima persona.
Le ripercussioni sul gioco sono radicali. Mentre le indagini elaborate da Lientz sono piuttosto elastiche per quanto riguarda il ritrovamento degli indizi e gli sviluppi della vicenda, consentendo una buona libertà di scelta per arrivare al finale, I Dinamitardi segue una struttura rigida, con un sentiero ben definito da seguire. Ci sono moltissime possibilità di fallire l’impresa, o perché si viene imprigionati, o perché non si riesce a trovare abbastanza indizi, o ancora perché non si riesce ad acciuffare tutti i colpevoli. Purtroppo i dadi hanno un certo ruolo nel limitare le nostre possibilità, anche perché i lanci nella media sono difficilotti, richiedendo punteggi dall’8 in su. Non solo: la componente investigativa vera e propria non si integra perfettamente con l’azione, e la necessità di trovare certi indizi è volta a superare gli sbarramenti posti dal testo più che a capire che cosa sia successo; come già detto, infatti, non c’è nulla da capire, tutto viene spiegato con dovizia di particolari, non c’è spazio per la riflessione.
In buona sostanza il ruolo del giocatore consiste quindi nell’identificare l’insidioso “true path” messo in piedi dall’autore, che richiede anche di fare scelte alquanto controverse, specialmente nella seconda parte della storia dove ci si avventura dritti in territorio nemico. Qui il testo sembra volerci ingannare ad ogni passo, invitandoci a diffidare di tutto e di tutti e confondendoci ben bene le idee su quale sia la retta via da seguire, addirittura facendosi beffe dei dadi che, se troppo favorevoli, finiscono per trascinarci ad un’impasse. Non c’è una logica generale di comportamento, ogni situazione ha una sua imprevedibile soluzione, e di conseguenza è probabile ritrovarsi a dover ripetere l’avventura un bel po’ di volte, alla ricerca del maledetto bivio risolutore.
E’ una impostazione anomala rispetto a quanto visto finora in Sherlock Holmes, e probabilmente non è quella più adatta alla serie. Lo stesso si può dire del modo in cui Creighton ha organizzato Decisioni, Deduzioni e gli inediti Risultati, perfettamente funzionante ma più confusionario di quello abituale. Intendiamoci, I Dinamitardi è un’ottima detective story, soprattutto sul piano della trama, ricca anche di spunti di analisi sociale non indifferenti; ma è anche stancante da giocare, per via del suo approccio così atipico, che non ha molto a che fare col personaggio di Holmes e coi suoi metodi. E’ un bel diversivo rispetto ai canoni di Lientz, e probabilmente alcuni lettori lo preferiranno alle indagini più cervellotiche e “sedentarie”, ma poteva sfruttare meglio il regolamento, che risulta invece svilito e mal utilizzato.
Il quinto capitolo della saga Sherlock Holmes, diretto da Creighton, si mostra più un action alla James Bond che un poliziesco classico. Le atmosfere della Londra vittoriana vengono riprodotte fedelmente, la trama è interessante e si dipana in modo coerente e lo stile di scrittura descrive in modo efficace e puntuale il background investigativo, ma.. dopo 4 volumi con un certo stile ripreso in modo coerente nei volumi precedenti e portato avanti in quelli successivi, questo quinto libro spiazza un pò. La prima cosa che non mi è piaciuta sono gli indizi, molti sono inutili, alcuni ( ben 4) si possono trovare in un solo paragrafo, alcuni( pochi in verità) non molto accessibili a meno di lanci fortunati ai dadi, stesso discorso vale per le deduzioni, che appaiono un pò forzate, mentre i risultati a mio avviso sono poco utili ai fini del gioco. Discutibile anche la parte finale nella quale non avremo modo di indagare e riflettere sull' assassino visto che lo scopriremo proseguendo con la lettura in un percorso fin troppo guidato e questo a parer mio è il difetto peggiore del libro. Per il resto devo dire che la difficoltà non è così semplice, ci sono molte opzioni di scelta tra i bivi ( che aumentano anche la longevità in previsione di una rilettura) e molti paragrafi nei quali la nostra indagine verrà interrotta o l' avremo risolta solo parzialmente. I lanci di dadi, esclusi alcuni episodi sono alla portata del lettore ( non sfortunato) anche se va detto che spesso influiscono sul ritrovamento di indizi se non addirittura sul fallimento dell' indagine. In definitiva un libro scritto in maniera egregia, ben ambientato, meno riflessivo ma più libero rispetto agli altri capitoli, probabilmente spiazzerà il lettore per il suo stile alternativo e poco propenso a riflessioni e deduzioni ma che rimane piacevole da leggere.
Stile di scrittura: 7,5 Ambientazione: 8 Difficoltà: 5 Riflessione: 4,5 Pertinenza con la serie: 4,5 Indizi: 5 Totale 6,5