Il consueto scenario in cui si svolgono le tue indagini è improvvisamente sconvolto da due fatti imprevedibili: la morte di Sherlock Holmes, avvenuta tempo fa in un misterioso incidente; ed ora una terribile accusa che pende sul capo del fido dottor Watson. Omicidio! A questo punto, solo la tua abilità può far luce nell'immediata vicenda...
Titolo originale: The Crown vs. Dr. Watson Autore: Gerald Lientz Anno: 1988 Illustrazioni: Bob Versandi Copertina: Daniel Horne Traduzione italiana: Roberta Gefter Wondrich (1991)
Il quarto episodio di Sherlock Holmes inizia nel modo più imprevedibile. Quasi a voler spezzare repentinamente la continuità della serie, viene proposta una collocazione temporale diversa: il mitico Sherlock Holmes è defunto, non si sa né come né perché, mentre il Dr. Watson vive un’esistenza grama, turbata dalla perdita dell’inseparabile compagno e della moglie. Negli ultimi tempi sembra però aver trovato nuovi stimoli in una relazione amorosa, ma è proprio questa che alla fine lo mette nei guai.
Una serata al Club dei Tre Continenti si conclude con un tragico omicidio. Sir Terrence Milton, famigerato truffatore, viene assassinato dopo un’accesa lite con Watson. Sebbene tutti conoscano l’integrità morale del dottore, gli indizi lo accusano impietosamente: il fatto che sia stato l’ultimo ad aver lasciato la stanza dove si trovava Sir Terrence, il diverbio seguito ad un’offesa ed un vecchio risentimento per alcuni affari andati a male sono tutti indizi a suo carico. David Phillips, cugino di Watson (in base al volume 3, qui non si dice nulla), è chiamato dal fratello di Sherlock Holmes, Mycroft, affinché indaghi sulla vicenda ed eviti l’arresto di Watson.
La spiegazione del mistero segue un percorso simile a quello de Il Caso Milverton: dapprima si perquisisce il luogo del delitto, quindi si interrogano i numerosi testimoni (soci del club presenti la sera dell’omicidio) e infine si ricercano alcuni personaggi esterni che potrebbero essere coinvolti. Le deposizioni che si possono ascoltare sono davvero tante ed è facile che verso la fine subentri la noia e la disattenzione, forse perché si fatica ad ottenere un Indizio decisivo. Per contro, non appena si interpella un certo testimone si rilevano così tante incongruenze che verrebbe voglia di arrestarlo lì per lì; il bello è che alla fine è proprio lui il colpevole! Da questo punto di vista, Watson sotto Accusa si rivela un bell’esercizio letterario, poco interessante dal punto di vista del gioco e della suspence.
Si rileva una certa monotonia negli ambienti, nelle dichiarazioni dei personaggi e nelle calligrafiche illustrazioni di Bob Versandi. La scrittura è ineccepibile e perfettamente appropriata: quel che manca è un minimo di varietà nell’azione. Il caso si risolve interrogando i testimoni e raccogliendo Indizi, ma la prima parte è preponderante. Ciò che delude è la scoperta del colpevole, che è proprio la persona che fin dall’interrogatorio ha destato sospetti. Assai insoddisfacente il finale “con successo”, soprattutto se paragonato al finale “con spiegazione del caso” al paragrafo 435!
Non ho registrato squilibri nei lanci di dado, né grossi problemi nel reperire le informazioni volute. Tutto è gestito in modo corretto da Gerald Lientz, di certo l’autore più equilibrato nel gestire il regolamento di Sherlock Holmes. Si percepisce l’assenza di un’investigazione stimolante e della complessità del mistero, autentici punti di forza del terzo volume. Watson sotto Accusa è un librogame privo di pecche ma anche avido di emozioni e colpi di scena efficaci.
Ambientazione: 6 Stile di scrittura: 8 Bilanciamento: 7 Interattività: 6 Aspetto grafico: 5
Terzo libro di Lientz nella serie, Watson sotto accusa non è poi molto diverso dai primi due, anzi ne rappresenta un giusto mix, con un interessante diversivo rappresentato dall’assenza di Sherlock Holmes a supporto del protagonista. Siamo infatti nel 1894, periodo in cui il grande detective viene creduto morto per mano del professor Moriarty, e il nostro David Phillips si ritrova da solo a perorare la causa del dottor Watson, sul quale grava un’accusa di omicidio. Watson avrebbe ucciso Sir Terrence Milton, come lui socio del Club dei Tre Continenti, in seguito ad un alterco scoppiato nel Club stesso; gli ispettori Lestrade e McBride, però, non se la sentono di arrestare subito il dottore se non dopo aver fatto svolgere indagini più accurate da un detective. Qui entriamo in scena noi, parzialmente supportati da Mycroft, fratello di Holmes. La cosa curiosa è che in questo volume Watson dà del lei al protagonista e lo tratta da semplice conoscente, mentre nel caso Milverton erano cugini.
Proprio quella del caso Milverton è l’ossatura principale della storia: inizialmente dovremo ispezionare il luogo del delitto, per poi passare all’interrogatorio di tutti coloro che hanno frequentato il Club la sera del crimine. La prima parte è condotta con un ritmo migliore rispetto allo scorso episodio, e le persone interrogate hanno quella verve in più che distingue i nobili dai servi. L’unico fianco scoperto del tutto è che una delle testimonianze rivela subito delle discordanze sospette con le altre, e perciò il colpevole si mette a nudo quasi subito, se siamo riusciti a superare i facili lanci di dado che ci permettono di scoprire le sue menzogne.
Quello che succede dopo mescola la seconda parte del volume 3 (indagine “porta a porta”) col finale dell’1 (inseguimento del colpevole), e se quest’ultima parte non è bella e cervellotica come quella già vista, il prosieguo delle indagini mi è piaciuto assai di più che nel caso Milverton, dove si trattava semplicemente di buttare l’amo alla cieca per vedere se qualcuno abboccava, senza tra l’altro capire granché dell’accaduto. L’ultimo terzo di Watson sotto accusa offre infatti una grande varietà di mosse possibili, che si intersecano in modo da escluderne alcune se ne vengono fatte delle altre; ciò permette di assistere a scene diverse, di interferire con gli eventi in modo significativo e, pertanto, di avere un motivo per giocare più di una volta. Lientz è stato molto bravo a mettere in ordine questo mosaico di situazioni, forse con un unico grosso errore: non trovo infatti il nesso logico tra il paragrafo 478 e il 138, visto che nel secondo il nostro detective improvvisamente scopre l’identità del colpevole pur non avendo trovato nessun inizio a riguardo. Lo interpreto come un salvataggio in extremis per il giocatore che non è riuscito a trovare quello che gli serviva, ma non capisco come mai non si potesse mettere, anche in questo caso, un paragrafo in cui l’indagine si arena e si viene invitati a ripeterla.
L’ultimo difettuccio risiede di nuovo nel finale, perché quello “positivo” è anche qui del tutto avaro di gratificazioni, mentre quello meno brillante fornisce una bella scena insieme alla spiegazione completa del caso. Arrivato a questo punto comincio a pensare che non si possano ricevere apprezzabili complimenti in un mondo abituato all’abilità sovrumana di Sherlock Holmes, nemmeno quando di lui resta solo il ricordo! Ciononostante, Watson sotto accusa è sullo stesso livello del libro che lo precede, e così come per certi versi gli è inferiore, per altri lo supera.