Tra le nebbie della Londra vittoriana, al tavolo di un pub, nella confortevole atmosfera dei salotti più esclusivi, nei sordidi bassifondi sulle rive del Tamigi, dietro il fumo azzurrognolo della pipa spunta un profilo inconfondibile: Sherlock Holmes!
In questo libro il protagonista sei tu. Tocca a te risolvere il caso...
Titolo originale: Sherlock Holmes Solo Mysteries Autori: Milt Creighton, Gerald Lientz e Peter Ryan
Sembra quasi assurdo che una serie come Sherlock Holmes sia stata pubblicata solo la fine degli Anni Ottanta, con conseguente traduzione italiana in differita di tre anni. Dico questo perché un librogame si presta benissimo alla risoluzione di complesse indagini poliziesche, grazie alla sua capacità di nascondere le informazioni all’interno di una struttura non lineare. Il fatto di essere tascabile è un altro punto in comune con i celebri gialli economici.
Difficile quindi stabilire perché c’è voluto tanto per dar vita ad una collana di librogame investigativi. Forse il ritardo è dovuto alla moda imperante nei primi Anni Ottanta, che richiedevano a gran voce titoli e racconti fantasy. Passato il gusto del momento, un gruppo di autori capeggiati da Gerald Lientz ha deciso di proporre una serie legata al detective per antonomasia: il mitico Sherlock Holmes creato da Sir Arthur Conan Doyle.
Non aveva senso utilizzare l’infallibile investigatore come protagonista, perciò di volta in volta il lettore si può immedesimare nel dilettante di turno, entusiastico emulo di Holmes, al quale può rivolgersi per ottenere aiuti, consigli o sonore lavate di capo. Ogni librogame è preceduto da una breve presentazione di Sherlock e del suo inseparabile collega John Watson, così come appaiono nei più celebri racconti di Conan Doyle; c’è anche un pregevole trafiletto sulla Londra vittoriana, con lo scopo di favorire l’ambientamento del giocatore. Lo scenario delle indagini è abbastanza ben caratterizzato, grazie ad una narrativa tanto pacata quanto apprezzabile ed a descrizioni minuziose ma mai eccessive.
I casi proposti sono tutti piuttosto intriganti nelle premesse, eppure solo di rado l’indagine coinvolge fino alla soluzione definitiva. Spesso non ci sono diversivi sufficienti ad animare la ricerca, anche perché gli autori organizzano lunghi interrogatori piuttosto monotoni, dove è facile stancarsi dopo un certo tempo. Esistono comunque episodi interessanti, impreziositi da qualche modifica all’impostazione classica, che consiste in ispezione del luogo del delitto, interrogatorio dei testimoni ed approfondimenti nei confronti dei sospetti (anche non testimoni). I migliori titoli di Sherlock Holmes sono quelli in cui questo schema non è seguito alla lettera, oppure quelli caratterizzati da una qualità superiore del mistero; laddove mancano queste caratteristiche, la storia finisce per annoiare o lasciare inappagati.
La fonte principale di dubbi e riserve è però il regolamento. La serie vorrebbe incentivare un’indagine accurata e sostenuta da ragionamenti ineccepibili, per cui la determinazione del colpevole è quasi matematica. Questa velleità è completamente annichilita dall’uso continuo e ripetuto dei dadi, unici veri arbitri del gioco. Il personaggio possiede 6 caratteristiche, dette Qualità: Abilità, Astuzia, Osservazione, Intuito, Cultura e Carisma. Un detective che si rispetti deve possedere un adeguato mix di queste doti e questo fatto rende tassativa l’adozione del personaggio base, dotato di bonus +1 ad ogni check. La personalizzazione offerta dal regolamento permette di distribuire a piacimento i sei bonus, ma è scoraggiata da una clausola a dir poco ingiusta: se non si assegna un bonus si deve sopportare un -2. Inutile dire che i controlli su tale Qualità falliranno quasi sempre.
Purtroppo sono i tiri di dado a determinare il successo della ricerca, poiché solo i risultati favorevoli permettono di raccogliere i dati decisivi, denominati ora Indizi, ora Decisioni, Risposte o Deduzioni. Spesso il numero enorme di check e l’organizzazione del librogame riesce a contenere l’effetto della sfortuna, che si spalma senza compromettere l’investigazione. In alcuni episodi, invece, si è preferito mettere in difficoltà il giocatore con un’impostazione poco amichevole. Al di là della dipendenza dai dadi, la serie si rivela incoerente proprio perché incoraggia a spegnere del tutto il cervello. Sono rari i momenti in cui una scelta del giocatore influenza il corso delle indagini, decise in ultimo luogo dai tiri e dalla struttura prescelta dall’autore. Una volta appreso questo fatto, tanto vale limitarsi a riportare le sigle distintive degli Indizi dimenticandosi del loro contenuto. Questa beata disattenzione non pregiudica la risoluzione del caso.
Un ultimo appunto sulla più completa inutilità di oggetti e denaro, così come sulla generale carenza di illustrazioni. Sherlock Holmes è una serie dove c’è molta carne al fuoco, ma le cui possibilità restano inespresse. Un regolamento inadeguato riesce a negare l’anima stessa dell’investigazione “alla Sherlock Holmes”, trasformando il ragionamento in azzardo. Secondo me questo non è ammissibile e nel complesso la serie merita un giudizio negativo, anche se la maggior parte dei librogame è giocabile e per molti versi godibile.
Qualche curiosità: i paragrafi partono sempre dal numero 100 e il volume 8, L’Erede Scomparso, non fu mai pubblicato in lingua originale (inglese). Esistono comunque alcune traduzioni, tra cui quella italiana della E.Elle.
La serie è costituita dai seguenti titoli:
1) Omicidio al Diogenes Club 2) Lo Smeraldo del Fiume Nero 3) Il Caso Milverton 4) Watson sotto accusa 5) I Dinamitardi 6) Un Duello d’Altri Tempi 7) Intrigo a Buckingham Palace 8) L’Erede Scomparso
Gli Sherlock Holmes Solo Mysteries fanno parte della produzione di gamebook più tardiva degli anni Ottanta, uscendo nel periodo in cui il furore per il fantasy si era almeno parzialmente placato e questo genere di libri poteva finalmente tentare altre strade. La serie sembra infatti rivolta ad un pubblico più maturo di quello intento a scannare draghi nei sotterranei degli stregoni, vuoi per l’approccio pacato e riflessivo che concede pochissimo spazio all’azione, vuoi soprattutto per il tono della narrazione, che affronta argomenti anche maturi e delicati e tratteggia personaggi ben più profondi e definiti dei soliti avventurieri e cavalieri. L’ambientazione delle storie è ovviamente la Londra vittoriana di fine Ottocento, quella in cui opera il grande detective creato da Arthur Conan Doyle; luogo e periodo estremamente affascinanti, oltre che perfetti per inscenare i vari classici delitti ben noti agli appassionati della letteratura di genere.
Saggia l’idea di non fare di Holmes l’avatar del giocatore, relegandolo al ruolo di mentore e consulente grazie a vari espedienti che lo tengono lontano dall’indagine in corso. Il nostro alter ego è sempre un giovane con la passione dell’investigazione, in genere uno dei tanti cugini del dottor Watson, un individuo perfettamente nella norma dotato di sei cosiddette Qualità: Abilità, Astuzia, Intuito, Osservazione, Carisma e Cultura. Tra di esse si può ripartire a piacere un bonus di sei punti, ma la regola soggiacente è piuttosto strana: se una delle Qualità non riceve almeno un punto, viene penalizzata di due! Superfluo dire che in questo modo si tende ad attribuire un +1 a ciascuna Qualità, però si poteva evitare un handicap così grave. Evidenti le somiglianze del sistema con quello de La Terra di Mezzo, pubblicata dalla stessa Iron Crown Enterprises.
Le Qualità sono di fatto tutto ciò che occorre al nostro personaggio, perché il resto del suo equipaggiamento è in linea di massima ininfluente: il denaro viene pigramente coinvolto in un paio di libri, e gli oggetti veri e propri trovano spazio solo nel volume 6. Dunque la conduzione dell’indagine è affidata unicamente al cervello e a due dadi a sei facce, il cui grado di potere varia da episodio a episodio ma si mantiene, nella media, più marginale del previsto. Durante l’avventura viene richiesto di ritrovare un certo numero di Indizi, e si potrà giungere a prendere delle Decisioni, compiere delle Deduzioni e a ottenere dei Risultati, il tutto indicato da numeri o lettere apposite. Il possesso di una o più di queste informazioni influenza lo sviluppo degli eventi e determina la prestazione finale del giocatore, che può così arrivare ad ottenere il pieno successo, a comprendere alcuni aspetti della vicenda lasciandone però altri all’oscuro, oppure a fallire completamente. Se la soluzione si rivela al di là delle nostre forze possiamo chiedere a Holmes di spiegarci tutto, ma solo gli episodi più severi sono così complessi; di solito uno o due tentativi sono più che sufficienti a vincere, perché ci sono sufficienti indizi e se i dadi ce ne precludono uno si può quasi sempre compensare con qualcun altro. Nel complesso, i librogame di Sherlock Holmes sono ben equilibrati.
Se il gioco è soddisfacente e coinvolgente, le storie raccontate lo sono anche di più. Gerald Lientz è l’assoluto mattatore della serie, ma gli altri due autori non lo fanno rimpiangere troppo e ognuno porta il suo contributo personale in termini di narrativa e di atmosfera. Le indagini prevedono sempre di interagire con numerosi personaggi, sia attraverso interrogatori mirati che durante incontri occasionali, e tutti loro sono magnificamente caratterizzati. I dialoghi sono brillanti quando non sinceramente entusiasmanti, le descrizioni sempre ottime e precise; le pagine scorrono con leggerezza, senza problemi, senza mai permettere di annoiarsi. Oltretutto penso che Sherlock Holmes sia una delle serie di librogame meglio tradotte in assoluto, senza errori evidenti, arricchita dall’uso di termini inconsueti (come blesa, fiaccheraio, scandole, imbandieramento e il particolarissimo brum) che invitano a consultare il vocabolario e contribuiscono a trasmettere l’atmosfera di un’epoca antica, ma reale. Alcuni traduttori si sono anche presi la briga di rendere le differenze di linguaggio di personaggi di estrazione sociale diversa, cosa visibile soprattutto nei volumi a cura di Saulo Bianco. L’edizione italiana è particolarmente preziosa anche perché è completa: l’ottavo volume, infatti, non ha mai avuto un’edizione inglese ed è stato pubblicato solo in forma tradotta in Francia, Spagna e, appunto, Italia. La serie doveva includere anche un nono episodio, che però non è poi stato scritto per la cessazione forzata delle pubblicazioni.
Sherlock Holmes è una di quelle serie di librogame che vale la pena di possedere per intero. Anche se nessun numero può veramente definirsi un capolavoro, la qualità media è così alta che il valore complessivo della raccolta è maggiore della somma delle parti. Così come infatti nessun volume spicca particolarmente sugli altri, allo stesso modo nessuno può definirsi inferiore. L’interesse e il divertimento offerti da questi libri durano nel tempo, e li consiglio con entusiasmo a chiunque voglia provare un tipo di librogame più maturo e impegnato, che fa appello all’intelligenza del lettore non solo per ricordare, ma anche per capire.