| Categoria: Librogame E.L. - Serie Complete Rupert il Selvaggio
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Titolo: Rupert il Selvaggio | Valutazione: 3.00 Letture:3614 | Stephen Thraves | Avrai il coraggio, il corpo e la mente di un eroe barbarico: il tuo destino sarà affrontare i più tremendi pericoli spinto solo dalla tua sete di avventura!
In questo libro il protagonista sei tu. Impugna la spada di Rupert il Selvaggio...
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Valutazione media:
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(1)
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(10)
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Data pubblicazione 12/11/2007
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Inviata da: kingfede1985 il 25/4/2007 |
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Valutazione generale:
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4
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Titolo Serie: Rupert il Selvaggio Titolo originale: Battle Quest Autore: Stephen Thraves Anno: 1992
Pubblicata fra le ultime in Italia, quando ormai la EL cominciava a raschiare il fondo del barile, "Rupert il Selvaggio" è per molti versi uno degli esperimenti più deludenti fra tutte le collane di librigame.
Le due avventure di cui è composta, "L'isola delle caverne" e "Il tunnel dei diamanti", sono legate dalla presenza dello stesso eroe barbaro, Rupert, ma anche da una trama pressoché identica. Entrambi i volumi si configurano proprio come delle "battle quests", come recitava il titolo originale, in cui l'eroe viene indirizzato a vendicarsi contro un "cattivone" non tanto in uno scontro uno-contro-uno, quanto piuttosto nello sgraffignargli quanti più tesori possibile. Nel primo volume un vecchio cieco chiede a Rupert di vendicarsi contro Cragliff l'Iracondo, signore dell'Isola dell'Ira, luogo nel quale sono morti i suoi figli, avventurieri in cerca di tesori. Nel secondo volume è invece la regina Tarsha a chiamare in aiuto il nostro eroe, che hai il compito di salvare il suo regno dalla miseria in cui è caduto da quando le miniere di diamanti sono state occupate dai mostri al servizio del perfido Draxun.
Il nostro eroe comincia l'avventura dotato di 6 punti di FORZA: ogni colpo subito in combattimento contro un mostro gli costa 1 punto di FORZA e l'abbandono immediato della contesa. Durante l'avventura il lettore ha la possibilità di trovare quattro aiuti che lo possono facilitare notevolmente: il POTERE DI PREVEGGENZA, la PERGAMENA DELLE LETTERE MISTERIOSE e la FORMULA DI INCANTAMENTO sono presenti in tutti e due i volumi, mentre negli altri due si alternano il LIBRO DELLA SAGGEZZA e il CIFRARIO MAGICO.
Anche se la semplicità di regolamento, una discreta libertà di scelta e l'assoluta mancanza di instant-kill possono essere piacevoli per molti lettori, soprattutto forse per i meno "esperti", le peche della serie sono abbastanza evidenti: gran parte del lavoro viene affidato alla sorte, dato che il principale compito del lettore sta nel ritrovare i quattro aiuti e sconfiggere i mostri. Ma il sistema di combattimento è assolutamente sbilanciato dalla parte del caso (nessuna caratteristica, nessun "modificatore" in base alle qualità e all'esperienza...) e il ritrovamento dei quattro ITEM è anch'esso affidato alla buona sorte, quasi sempre ad una scelta giusta fra tre alternative equivalenti. Il risultato è la scarsissima capacità di interattenimento, una certa dose di apatia del lettore e, purtroppo, una scarsa voglia di ripetere la lettura una volta completata l'avventura. I librigame migliori, si sa, sono quelli che, anche letti cento volte, sanno sempre regalare un'emozione nuova, una nuova sfida, un'avventura in più,.
Nonostante le buone premesse (discrete ambientazioni e illustrazioni), in questo, purtroppo, Thraves ha fallito.
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Inviata da: lonewolf79 il 2/9/2007 |
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Valutazione generale:
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2
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Definire orribile la serie di Rupert il Selvaggio è quasi fare un complimento. Composta da due volumi, si presenta come una delle collane piu' ripetitive e noiose di tutto il panorama dei librigame usciti per la E.elle.
L' eroe della saga è sempre Rupert, un barbaro in cui in ognuno dei due episodi deve andare a vendicarsi contro il cattivo di turno. Se pensate in un entusiasmante percorso di combattimenti e avventure vi sbagliate di grosso.I combattimenti ci sono, ma in ogni episodio Rupert deve riuscire a recuperare un certo numero di tesori. Infatti alla fine della saga scopriamo il suo vero nome, ovvero "zio paperone"....
Scherzi a parte, nel primo volume abbiamo a che fare contro Cragliff l' Iracondo per conto di un vecchio cieco, il quale vuole vendetta per i suoi figli. Nel secondo volume dobbiamo affrontare il perfino Draxun il quale ha occupato con i suoi mostri le miniere di diamanti del regno della regina Tarsha facendo cadere in miseria l'intero stato.
Il regolamento prevede che Rupert abbia 6 punti di FORZA i quali rappresentano la sua vitalità. Ogni colpo subito comporta la perdita di un punto e l' abbandono del combattimento in corso. Nel corso dei due volumi avremo la possibilità di trovare degli oggetti che ci daranno una mano nel corso delle storie (segnati nel foglio d' identità).Essi sono: -IL POTERE DI PREVEGGENZA -LA PERGAMENA DELLE LETTERE MISTERIOSE -LA FORMULA DI INCANTAMENTO -IL LIBRO DELLA SAGGEZZA O IL CIFRARIO MAGICO.( a seconda del volume)
Un regolamento che oltre a essere semplicistico denota uno sbilanciamento totale basato sulla fortuna dei dadi.Come anche il ritrovamento degli stessi oggetti.
Sebbene l' ambientazione e le illustrazioni possano anche essere gradevoli, la scarsa originalità, la ripetitività e la monotonia dilagante dei due volumi, costituiscono elementi sufficienti per tenere questa serie solo per la collezione. E a me sembra veramente poco....
La serie è costituita dai seguenti titoli: 1).L'isola delle caverne 2).Il tunnel dei diamanti
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Inviata da: EGO il 9/9/2007 |
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Valutazione generale:
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3
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Forse, con la sua serie Battle Quest, Stephen Thraves pensava di realizzare il capolavoro della sua carriera di autore di librogiochi. “The ULTIMATE role-playing fantasy”, recita la fascetta in basso sulle copertine; e chissà, forse nel 1992, col mercato ormai caduto in una stasi solo occasionalmente interrotta dall’uscita di un nuovo Fighting Fantasy o Lupo Solitario, qualcuno ci avrà anche creduto. Per incrementare l’appeal di questi libri, inoltre, si pensò di rendere l’esperienza più “interattiva” possibile vendendo, insieme ad ogni volume, un kit da gioco completo di dadi e dei vari accessori che il giocatore avrebbe trovato e usato durante l’avventura. Un’idea interessante, anche se più costosa del solito. Peccato che non sia minimamente all’altezza delle promesse, anzi: tra tutte le serie di librogame che offrono un sistema di gioco complesso, si tratta sicuramente di una delle proposte peggiori in assoluto.
I motivi della pubblicazione italiana di questi libri sono probabilmente analoghi a quelli dell’editore inglese: tirar fuori un prodotto nuovo in un genere che è ormai agli sgoccioli (siamo nell’ottobre 1993) e, in aggiunta, preparare il terreno per la successiva proposta di Thraves, cioè Compact, in modo da sfruttare al massimo queste uscite così tardive. Come è abbastanza noto, però, l’editore EL ha sempre puntato al massimo risparmio possibile per i suoi librogame, perciò nell’edizione italiana non rimane nulla di tutto il famoso kit che rendeva tanto originale la proposta britannica. I dadi sono stampati in alto sulle pagine, e tutta la strumentazione di gioco si trova nei relativi paragrafi all’interno del testo. Alcuni enigmi vengono semplificati, perché in origine consistevano in messaggi cifrati da decodificare mettendoci sopra una mascherina olografica, cosa impossibile da replicare in un libro che non prevede “pezzi” separati, né un qualsiasi uso del colore al di fuori della copertina. Insomma, viene perso tutto il possibile effetto novità, e quel che resta è quindi l’opera nuda e cruda: un testo che già non era entusiasmante nella sua forma più piena, figuriamoci così.
I libri della serie hanno per protagonista Rupert, un barbaro girovago al servizio di chi richiede il suo aiuto. Per quanto poco originale, il personaggio potrebbe anche avere le potenzialità per vivere avventure interessanti, e invece no: tutto quello che gli viene richiesto è di entrare in un complesso di caverne per recuperare dei tesori. Nient’altro. Non ci sono mirabolanti oggetti magici da trovare per salvare regni, né stregoni malvagi di incredibile potenza da abbattere. Si entra nelle caverne, si ammazzano i mostri a guardia dei tesori, si prendono i tesori, si esce. Fine. Lo scarso succo della vicenda rende persino eccessivo il pur semplice regolamento. Rupert ha sei punti di Forza, e quando qualcosa va storto ne perde uno; esauriti i 6 punti, la partita è finita. E’ straordinariamente raro poter recuperare anche un solo punto, anche se è possibile imbattersi in situazioni che, in qualsiasi altra avventura, avrebbero capacità risananti, e la cosa è decisamente seccante, oltre che ridicola. Come si perdono i punti di Forza? “A causa della tua stupidità”, dicono le regole. Ah, grazie! In realtà avviene in un altro modo: sbagliando strada, cosa in cui la stupidità non c’entra proprio nulla. Durante l’avventura è possibile entrare in possesso di quattro oggetti che consentono di decifrare gli indizi sparsi ad ogni bivio. Trovare gli oggetti è tutta questione di fortuna, si tratta di imboccare il tunnel giusto tra quelli messi a disposizione; se non si trovano gli oggetti, be’, è assai probabile che si perderà la partita, visto che in quel caso bisogna risolvere gli enigmi tirando a indovinare, e la minima deviazione dalla strada corretta comporta un incidente dannoso, e spesso poco plausibile. L’altro modo di perdere Forza è essere colpiti da un mostro. Se si vuole prendere un tesoro, bisogna affrontare il mostro che lo custodisce. Il mostro può avere un punteggio d’energia che va da 2 a 9, ed ogni colpo gliene sottrae uno. Le regole del libro si arrabattano comicamente a cercare di spiegare il razionale dietro i numeri del combattimento, poi si capisce benissimo che hanno solo confuso le idee, e quindi le si semplifica: tu colpisci se tiri 1 o 2 e il mostro tira 3, 4, 5 o 6; il mostro ti colpisce se tu fai 6 e lui fa 1 o 2. Sulla carta è un sistema che favorisce enormemente il giocatore, ma sulla lunga distanza (diciamo con mostri da 5 colpi in su) è comunque probabile rimanere feriti. E sapete che cosa succede se si rimane feriti? Si abbandona la battaglia, e non la si può ritentare! Proprio così: il possente eroe barbaro, dopo UN colpo subìto, scappa via con la coda tra le gambe, e senza voltarsi indietro. Aggiungiamo ancora un paio di dettagli: si può scegliere, di volta in volta, tra più mostri diversi nella stessa grotta, ma solo ingaggiando il combattimento si può conoscere la forza del nemico; inoltre, se si scarta un mostro per esaminare il successivo, non si può poi tornare indietro. Si tratta quindi di scegliere alla cieca, basandosi unicamente sull’aspetto esteriore del mostro, che il più delle volte è fuorviante.
E’ inevitabile che la noia abbia presto ragione del lettore. A parte la risoluzione dei pochi, semplici enigmi con l’aiuto degli oggetti giusti, ogni cosa nell’avventura è affidata ai dadi o a una scelta random. L’interazione è scarsissima, lo stile ripetitivo, gli eventi per nulla coinvolgenti e, soprattutto, la cosa si trascina troppo a lungo. Grazie a Dio ci sono soltanto due volumi nella serie, perché sorbirsi questa pizza per 340 paragrafi ogni volta ti fa passare la voglia di toccare un librogame. Il fatto che i due libri siano basati sul caso perché così li si deve rigiocare più volte è la mazzata finale, la prova che qui c’è un autore che non si rende conto di quello che sta scrivendo. Forse se n’è accorto dopo il secondo volume, ma più probabilmente si è stufato anche lui di scrivere sempre la stessa roba. Non c’è davvero nessun valore in Rupert il Selvaggio: non c’è atmosfera, non c’è divertimento, non c’è coerenza, non c’è correttezza, niente che possa dare un minimo di gusto all’opera. E’ un fallimento, in cui si salvano giusto i bei disegni di Terry Oakes, che avrebbe meritato ben altri libri per esprimere la sua arte. In seguito Thraves ha poi ritentato la formula in Compact, applicandola ad un libro più breve e un po’ più divertente; ma qui, qui non c’è nemmeno del buon materiale per i lettori più piccoli, figuriamoci per i più esperti.
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Inviata da: Gurgaz il 20/1/2008 |
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Valutazione generale:
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3
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Titolo originale: Battle Quest Autore: Stephen Thraves Copertine: Terry Oakes
Immagino che nessuno sentisse il bisogno di un’altra recensione della tremenda serie Rupert il Selvaggio, approdata in Italia nel 1993. Non penso ci siano ancora dubbi a riguardo: questo è il prodotto più scadente inserito nella collana E.Elle ed il peggior lavoro di adattamento mai realizzato dalla casa editrice triestina. Siccome mi piace far scempio delle spoglie dei nemici sconfitti, alla stregua dei feroci Achei nella guerra di Troia, anch’io conficcherò la mia satirica lancia nelle carni putride di Rupert il Selvaggio, già perito sotto gli strali dei colleghi recensori. La rigirerò per bene, se non altro per accertarmi se il cadavere puzza ancora a distanza di qualche mese.
Nel 1992 un uomo di nome Stephen Thraves si era accorto che il fenomeno librogame era entrato in crisi, sostituito da un’ampia varietà di media in grado di accalappiare l’interesse dei ragazzi. Giochi da tavolo, giochi di ruolo e soprattutto videogame: tutto era colorato e sfavillante, la grafica regnava sovrana e conquistava il cuore delle nuove generazioni. Allora Thraves disse: “facciamo una serie di librogame, che doteremo di una grafica superiore e di accessori mai offerti prima”. L’intraprendente demiurgo ebbe la fortuna di incontrare un’anima pia di nome Terry Oakes, che mise a disposizione la sua pregevole arte per dar vita alla serie Battle Quest. E Thraves vide che era cosa buona.
Ma l’aspirante salvatore dei librogame non possedeva il dono della lungimiranza, poiché il progetto si arenò dopo soli due volumi. Col senno di poi è facile trovare il motivo: non si possono proporre dei librogame in cui l’unica attrattiva è un kit con due dadi speciali, due segnapunti e qualche simpatico strumento per la decodifica. L’idea degli accessori non era male, ma richiedeva un impianto di gioco decente e soprattutto un aspetto narrativo più curato. Al contrario, questi due elementi sono stati trattati con suprema negligenza, come se Thraves si fosse improvvisato autore di librogame senza averne mai letto uno in vita sua.
Il regolamento è molto semplice, anzi, nella versione originale non esiste neppure. Un’avventura a Battle Quest consiste nell’avanzare in un sotterraneo fatto di trivi con alternative equivalenti e nell’affrontare orrendi mostri per rubare i tesori che custodiscono. Intendiamoci, se si trattasse di un banale dungeon “entra, uccidi mostro, arraffa tesoro, esci” non sarebbe nulla di scandaloso od inaudito. Il problema è la gestione orripilante del gioco, per cui ogni situazione è la fotocopia delle precedenti e la logica è spodestata dal caso e dalla sorte. Non c’è nulla da valutare e nessuna sorpresa che allieti la lettura, eccetto il disappunto per la repentina attribuzione delle penalità.
L’eroe barbaro, Rupert (un personaggio di Wagner?), è uno stereotipo di prim’ordine in tutte le sue stringate caratteristiche, salvo poi rivelarsi una mezza calzetta quando c’è da menar le mani. Forse non abbiamo compreso la genialità dell’autore, che ha inventato un barbaro incapace di combattere e di compiere atti di eroismo. Perché tutti vogliono bene ad un personaggio caricaturale come Pip, mentre per il sorprendente antieroe di Thraves non c’è nessuno che spezzi una lancia? Naturalmente sto scherzando.
Rupert dispone di 6 punti di Forza, che rappresentano le sue quanto mai limitate energie. In combattimento deve aver ragione di nemici che possono sopportare da 2 a 9 Colpi, ma se il prode guerriero viene appena scalfito, il regolamento gli ingiunge di abbandonare la lotta. In fondo si tratta di un espediente ludico come tanti e cercare una spiegazione realistica porta alla contraddizione, all’aporia ed al probabile tentativo di suicidio. Consiglio pertanto di non porsi troppe domande per giustificare razionalmente il regolamento di questa serie; è molto più sensato chiedersi perché nei videogame a scorrimento il nemico che ci sta di fronte ci colpisce, mentre i nostri pugni vanno a vuoto.
Lo scopo delle missioni è arraffare più tesori possibile e nel 95% dei casi questo equivale a sconfiggere gli avversari. Spesso ciò è improponibile, poiché solo determinate combinazioni dei dadi permettono di infliggere un colpo al nemico, o di essere colpiti. Sebbene sulla carta il giocatore paia favorito, per sopraffare il più scarso degli avversari è necessario un numero esorbitante di lanci. Come è ovvio, più si tira più si rischia di incappare nel risultato che costringe il fragile Rupert a darsela a gambe. Non so quale strano concetto statistico abbia spinto Thraves a credere che si possano vincere tutti i combattimenti, ma ne era intimamente convinto, altrimenti non avrebbe attribuito la vittoria totale solo a chi accumula il massimo numero possibile di Tesori.
Le Edizioni E.Elle si sono rivelate particolarmente solerti nel notare la comparsa di questo entusiasmante prodotto. Laddove la pubblicazione di Dimensione Avventura arrancava tra mille difficoltà, nel 1993 l’edizione italiana di Battle Quest era già pronta a far strage tra gli appassionati, le cui fila si stavano gradualmente assottigliando. In verità l’unica vittima fu la casa editrice, che con la proposta di un lavoro così scadente, ulteriormente scarnificato per amore della parsimonia, diede la prova di essere giunta alla frutta. È probabile che fossero consapevoli di lanciare un’opera che poteva benissimo restarsene relegata in patria, tuttavia sono stati accecati dall’ansia di rilanciare la collana non in base alla qualità delle proposte, quanto al numero delle stesse.
Ecco quindi Rupert il Selvaggio, la versione evanescente della già effimera Battle Quest. Via gli accessori! Sono troppo costosi per rientrare nella politica autarchica di E.Elle! Questa scelta ha generato vari problemi, ai quali i curatori hanno rimediato alla meno peggio, tramite scomodi espedienti per gestire gli enigmi e riscrivendo il sistema di gioco per i dadi normali. Forza e Tesori non hanno un segnapunti dedicato e vanno riportati sul registro, ma questo è un male minore. Ben più ridicola e stridente è la spiegazione delle dinamiche di combattimento, con tanto di autodafé conclusivo: “Riassumendo: l’avversario viene colpito se nello stesso scontro tu fai 1 o 2 e lui fa 3,4,5 o 6; tu vieni colpito se fai 6 e l’avversario 1 o 2. In tutti gli altri casi il combattimento continua come se non fosse successo niente”. Infatti, più della metà dei lanci imposti da questo crudele sistema sono solo una perdita di tempo. Mi piacerebbe inoltre sapere con quale logica hanno evidenziato gli spezzoni in corsivo, perché da solo non riesco a coglierla.
Mi sono dilungato fin troppo nel descrivere le ferite, i tagli e le menomazioni alla nascita di Rupert il Selvaggio. L’autopsia prosegue nelle recensioni dei singoli libri, nel caso abbiate ancora voglia di rimescolare sangue rappreso e di sezionare membra in decomposizione. Ben lungi dal suggerire a qualcuno di spendere del denaro per una porcheria simile, concludo la mia disamina con un’osservazione “positiva”. Questa serie ha una ragion d’essere: è la perfetta sintesi dei difetti che possono affliggere un librogame. L’unico “neo” in questo quadro di generale desolazione è l’illustratore Terry Oakes, la cui abilità è stata solo parzialmente oscurata dall’edizione economica. Una rapida lettura può chiarire cosa non si deve fare quando si progetta, si scrive, si traduce, si rielabora ed infine si pubblica un prodotto di questo genere. Rupert il Selvaggio è il Vaso di Pandora dei librogame.
La serie è costituita dai seguenti titoli:
1) L’Isola delle Caverne 2) Il Tunnel dei Diamanti
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