| Categoria: Librogame E.L. - Singoli Libri Advanced Dungeons & Dragons
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Titolo: 14 - Il Sentiero della Paura | Valutazione: 5.33 Letture:1560 | James Brumbaugh | Nel Ducato di Pembrook, di cui tu sei l’erede, sono state sottratte cinque placche magiche che, assieme, originano il fantastico Cristallo della Conoscenza. Soltanto con il loro aiuto tuo padre, il saggio Duca, sarà in grado di scoprire la strategia usata dagli spietati eserciti di Troll che tengono sotto assedio il castello. È tuo compito metterti sulle tracce delle cinque pietre e affrontare i pericoli che la lunga ricerca ti riserva. |
Valutazione media:
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(1)
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(10)
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Data pubblicazione 24/3/2007
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Inviata da: =Dr.Scherzo= il 22/4/2007 |
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Valutazione generale:
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6
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Titolo originale: Trail Sinister Autore: James Brumbaugh Anno: 1987 Illustrazioni: George Barr Traduzione italiana: Angela Izzo (1993)
"Il Sentiero della Paura". Wow. Per essere il titolo di un librogame, è accattivante, bisogna ammetterlo. Ripetiamolo assieme. "Il Sentiero della Paura". ("Oooooh!" di stupore in sala) Non sareste spaventati anche voi all'idea di imboccare un Sentiero della Paura? Forse no, se anche voi, come me, avete già avuto occasione di giocare questo libro.
Lungi da me l'idea di criticare gratuitamente un lavoro comunque dignitoso, ve l'assicuro, ma il numero 14 della Serie "Advanced Dungeons & Dragons" non brilla certo per ingegnosità o originalità.
Ecco la trama (tratta dal testo che appare sul retro): "Nel Ducato di Pembrook, di cui tu sei l'erede, sono state sottratte cinque placche magiche che, assieme, originano il fantastico Cristallo della Conoscenza. Soltanto con il loro aiuto tuo padre, il saggio Duca, sarà in grado di scoprire la strategia usata dagli spietati eserciti di Troll che tengono sotto assedio il castello. E' tuo compito metterti sulle tracce delle cinque pietre ed affrontare i pericoli che la lunga ricerca ti riserva".
Come potete notare, si tratta della più classica delle quest "Lotta contro il tempo", né più né meno. Non mi lascio scoraggiare dalle modeste premesse (in fondo una bella ricerca tira sempre su il morale) e proseguo. Vestirò dunque i panni del guerriero Kardel Arthur Dolan, il figlio del Duca. Ma non sarò solo: un abile ladro, Probmer, ed un presuntuoso mago, Langor, mi accompagneranno in questa emozionante avventura (litigando tra l'altro per buona parte del viaggio). Sono pronto? No. Incappo immediatamente in un bizzarro svarione nel Regolamento, non so se per colpa della traduzione italiana o di una reale dimenticanza dell'autore. Il nostro eroe ha tre Caratteristiche (Combattività, Intuito, Presenza), Probmer il ladro ne ha una (Astuzia), Langor il mago anche lui una ( Saggezza). Tutte le Caratteristiche hanno un punteggio di base, ma ho la possibilità di distribuire ben 9 punti a scelta per aumentarle. Il problema è che mi viene detto di assegnare almeno 2 punti a ciascuna Caratteristica: essendocene cinque, di Caratteristiche, mi domando come cavolo si riesca ad assegnare 2 punti ad ognuna di esse. Faccio di testa mia, destinando 1 punto all'Astuzia di Probmer, 1 punto alla Saggezza di Langor, e spartendo il resto tra le Caratteristiche di Dolan. Dopodiché, spada in pugno, parto alla ricerca delle cinque magiche placche.
La storia in sé si dipana in maniera sufficientemente adeguata, ma nel breve volgere di pochi paragrafi sono già in possesso di due delle cinque pietre. Uhm, forse è un semplice colpo di fortuna, mi dico. Invece no. Le persone che possiedono le placche rubate quasi mi cascano tra le braccia, ansiose come sono di farsi trovare. Ehi - protesto - e la difficoltà dove sta? Ma nei combattimenti, ovviamente! Mi faccio largo, infatti, tra guardie del corpo di mercanti senza scrupoli, leoni di montagna assetati di sangue, dragoni nascosti dietro le siepi di un giardino, maghi malvagi ben poco ospitali e perfino una gilda d'assassini, recuperando prontamente tutte le placche. Faccio ritorno a casa, dal Duca, con la sensazione che l'intera faccenda sia durata troppo poco. Giunti al castello, ecco l'inaspettata (?) sorpresa: i Troll non agiscono da soli, vi è un cavaliere (Sir Segwick) che agisce per conto di un regno confinante in combutta con i mostri.
Ma dai? Quegli stessi Troll conosciuti in tutto il mondo per le loro brillanti tattiche d'assedio? (sarcastico)
Grazie ad una fantastica (?) azione diversiva, riesco ad avvicinarmi al nero cavaliere senza che questi se ne accorga, scambio con lui alcuni feroci colpi di spada e lo abbatto, impossessandomi della spada magica fiammeggiante (Trollbiter) con cui governa i Troll. Però che noia, è stato tutto troppo facile. Possibile che non ci sia neanche il classico tradimento in stile AD&D? Ah, no, eccolo. Una volta sconfitto Segwick, di fronte al castello, Langor tenta d'ammazzarmi. Così, senza motivo. Il bello è che nel corso del viaggio l'autore ha tentato in ogni modo d'instillare il dubbio nella mia mente, cercando maldestramente di spostare l'attenzione dall'altezzoso mago (su cui convergono istintivamente le antipatie del lettore) al povero Probmer, che si rivela invece un valido compagno in ogni situazione.
Considerazione personale: il motivo per cui alla fine 'ste cinque placche siano così indispensabili per le sorti del Ducato non mi convince. Dolan uccide Sir Segwick e s'impossessa della spada Trollbiter, ed è QUESTO che sembra risolvere la situazione, non le placche. Non ci sono strategie da scoprire tramite il Cristallo della Conoscenza, perché l'astuto Sir Segwick, medaglia d'oro olimpica di Geniale Scaltrezza, lo si può vedere tranquillamente sulla collinetta prospiciente le orde di Troll. Fate vobis.
In definitiva, "Il Sentiero della Paura" è un'avventura accettabile, ma niente più di questo, risultando scorrevole al punto d'assomigliare quasi ad una "gita guidata", priva di grandi difficoltà o clamorose sorprese.
Ambientazione: 6 Stile di scrittura: 6 Bilanciamento: 7 Interattività: 6,5 Aspetto grafico: 6,5
Voto complessivo: 6 Difficoltà: bassa
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Inviata da: EGO il 12/1/2008 |
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Valutazione generale:
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6
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Non è chiaro che cosa sia esattamente il Trail Sinister del titolo di questo librogame, ma è abbastanza evidente che Il sentiero della paura non ne è la traduzione più azzeccata. Non c’è un “sentiero” degno di questo nome nel libro, al contrario di quanto visto ne I Cancelli della Morte; e in quanto alla paura, non è proprio il sentimento più forte suscitato dalla vicenda, anche se gli attimi di tensione non mancano. Il protagonista in questo caso è Kardel Dolan, giovane rampollo del Duca di Pembrook. Il ducato è assediato da un esercito di Troll particolarmente astuti, e sembra che la sola speranza di trovare un modo per sconfiggerli sia l’utilizzo del Cristallo della Conoscenza, formato da cinque preziose placche magiche d’oro. Sfortuna vuole che le placche siano state rubate e rivendute a cinque individui diversi, ed è dunque Kardel, accompagnato dal ladro Probmer e dal mago Langor, a doversi occupare del loro recupero mentre a Pembrook il tempo stringe.
In questo volume di AD&D la gestione dei compagni di viaggio è più complessa del solito e ricorda per certi versi La Torre Fantasma: Probmer ha un punteggio d’Astuzia e Langor uno di Saggezza, ed entrambi hanno la loro Energia Vitale. Ognuno di loro avrà i suoi momenti per contribuire alla missione, e capiterà addirittura di poterli dirigere direttamente in piccole missioni indipendenti, narrate in terza persona; una prospettiva che offre un certo senso di novità, per quanto breve il suo impiego. Dal canto suo, Kardel ha a disposizione le classiche tre caratteristiche, e soltanto le sue possono beneficiare dei punti bonus da ridistribuire a piacere, mentre quelle dei suoi compagni rimangono fisse. Può anche capitare che Kardel benefici di temporanei bonus a carico della sua Combattività, grazie al ritrovamento di armi magiche o per merito dell’aiuto efficace dei suoi compagni. Le caratteristiche vanno messe alla prova col tiro di due dadi, il che garantisce un certo equilibrio di gioco. Due sono le novità nel foglio del personaggio: la prima è la presenza di una borsa di monete d’oro, la cui gestione assume una certa importanza perché le “ricariche” sono più un’eccezione che una rarità; la seconda è la pozione risanante di Langor, ammontante a tre sorsi da sfruttare secondo necessità, ovviamente solo quando il testo lo consente.
Il racconto scorre molto bene, con alcuni paragrafi narrativi piuttosto corposi e un buon ritmo complessivo, grazie all’interazione con i compagni e numerosi personaggi. La durata della storia, nonostante la sottigliezza del volume, sorprende, ma questa è una conseguenza del fatto che l’avventura è assolutamente lineare: al lettore vengono lasciate pochissime scelte, e quelle poche sono banalmente pilotate, mentre tutti gli altri bivi sono gestiti dai dadi, al punto che qualche volta ci viene detto di tirarli anche quando i due risultati non hanno significative differenze; così, giusto per darci qualcosa da fare invece di leggere soltanto. I combattimenti occupano ciascuno un discreto numero di paragrafi, in modo da includere più risvolti e molteplici possibilità di fallire un attacco senza per questo morire istantaneamente (di converso, però, anche la vittoria al primo colpo è un’eventualità pressoché inesistente). Purtroppo, specialmente man mano che si avanza nell’avventura, viene fuori che i requisiti dei dadi non sono bilanciati come potrebbero: a volte i punti richiesti per colpire sono troppi, e così si assiste all’offerta di una chance di salvataggio in extremis che al contrario necessita di un punteggio bassissimo; in altri casi, inspiegabilmente, basta un solo tiro (non semplice) fallito e l’avventura si conclude con la morte, e non c’è Esperienza che possa aiutare a modificare gli esiti. Il risultato finale è che si lanciano tantissimi dadi, ma l’interattività e la libertà decisionale lasciate al lettore sono infime, a ben dimostrare che non necessariamente la presenza dei dadi nel sistema di gioco equivale a una maggiore profondità ludica e sconfessando una reale diversità strutturale tra i libri-gioco e i semplici racconti a bivi. L’altro elemento che sembrava poter fare una differenza, cioè l’oro, in realtà è stato implementato in maniera molto superficiale: inizialmente sembra funzionare, ma più avanti può benissimo capitare di vedersi sborsare somme il cui possesso non è affatto scontato, e questo non a discrezione del giocatore, ma come conseguenza della solita gettata di dadi. E’ un errore imbarazzante in un libro in cui la continuità è stata altrimenti gestita bene.
Questa buona gestione delle sequenze narrative tende comunque a vacillare nella fase conclusiva dell’avventura, dove la necessità di tirare le fila e di dare modo al lettore di “tamponare” eventuali sviste (o sfortune) precedenti mette in gioco degli escamotage puerili, e oltretutto la vicenda si conclude con un paio di “colpi di scena” temporalmente sballati, in quanto il primo vanifica in qualche modo il significato degli eventi trascorsi, e il secondo, ahimé, non viene realmente spiegato a meno che non si concluda male. Errori grossolani, difficilmente spiegabili in coda ad una storia tutto sommato ben imbastita, e non giustificabili col fatto che l’autore è alla sua prima esperienza in campo librogame.
Per quanto riguarda gli aspetti “di contorno”, Il sentiero della paura vede il ritorno ai disegni di George Barr: fantastico nella rappresentazione degli effetti luminosi, ma c’è parecchio da ridire sui volti dei personaggi, molto eterei e inespressivi, e c’è un certo numero di illustrazioni che non hanno molta attinenza col testo di riferimento. L’effetto artistico è comunque di tutto rispetto. La traduzione è stata ancora una volta affidata alla “prezzemolina” Angela Izzo, che ha svolto il lavoro come suo solito: alcune ingenuità evidenti, come le ripetizioni di termini a brevissima distanza, e la scarsa volontà di adattamento, che si riflette nella persistenza di un numero elevato di parole e nomi inglesi (King’s Road, per esempio, si poteva tradurre in italiano senza sforzi né rimorsi).
Il sentiero della paura è un librogame che riporta AD&D nel campo della mediocrità ludica, dopo una serie di episodi sicuramente più solidi. Questo non vuol però dire che sia da buttare: è una promessa non mantenuta, in fin dei conti insoddisfacente, ma è lo stesso un tentativo interessante, nonché, come la serie ha quasi sempre dimostrato di essere, una lettura che coinvolge.
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Inviata da: Gurgaz il 6/3/2008 |
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Valutazione generale:
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4
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Titolo originale: Trail Sinister Autore: James Brumbaugh Anno: 1987 Illustrazioni: George Barr Copertina: Jeff Easley Traduzione italiana: Angela Izzo (1993)
Dal numero 11 in poi la serie sembrava essersi assestata su un livello di qualità mediocre, eppure accettabile. Poi si fa vivo James Brumbaugh con un librogame dal titolo altisonante: Il Sentiero della Paura. Ed ecco che i disastri di un tempo ricompaiono sotto nuove e sconfortanti forme, dopo che ben 13 titoli avevano mostrato i chiari limiti dell’uso maldestro dei dadi.
La missione affidata a Kardel Arthur Dolan, figlio del duca di Pembrook, pare talmente impossibile che si intuisce la sua natura pretestuosa. Egli deve riappropriarsi del Cristallo della Conoscenza rubato alla sua famiglia, l’unico strumento che può svelare come respingere l’armata di Troll che assedia il feudo paterno. Per rendere la ricerca più emozionante ed assurda, il ladro ha diviso il Cristallo in cinque placche e le ha vendute a cinque personaggi diversi, i cui nomi sono un tripudio di cattivo gusto fantasy: il mercenario Stoneclash (dei Masters of the Universe), il mezzorco Stout Snout (vverrryyy fffuuunnyyy!!!), il mago Fluglash (tipico nome da cattivo di secondo piano), il mercante Araquat (fa pensare ad un tacchino, in effetti...) e la misteriosa Lolita Gig (una pornostar?). Da solo o in gruppo sarebbe comunque improbabile riuscire nell’impresa, così per amore della varietà il nobile si porta appresso l’animoso ladro Probmer Slank e l’arrogante mago Langor Margonier. Gli aggettivi che qualificano i compagni sono tutto un programma, soprattutto per chi ricorda La Torre Fantasma: bisticci a go go.
Per avere successo in una ricerca così pretenziosa e disperata serve una mano, o meglio, una longa manus. Occorre che l’autore trasformi un mondo dalle infinite possibilità in un sentiero dal quale si può uscire solo da morti. Ecco dov’è il “Sentiero della Paura”, se mai qualcuno si è preso la briga di cercarlo. I nuovi proprietari delle placche sono tutta gente del posto, quasi fosse normale che un ladro venda la refurtiva a due passi da dove l’ha rubata (infatti viene subito individuato). Per non parlare del morboso attaccamento degli acquirenti, disposti a lottare con le unghie e con i denti pur di non cedere una placca che non gli serve. La cattiveria innata di Fluglash e l’ostilità dell’indecifrabile Lolita Gig possono apparire giustificati, ma l’incredibile sfoggio di potenza da parte di Araquat non sta né in cielo né in terra. Qui c’è solo un dungeon master impazzito che inventa ogni pretesto per infilare un combattimento.
Non ci sono Punti Esperienza da accumulare, non si sale di livello, non ci sono regole o abilità speciali da sfruttare, perciò il giocatore non ha nessun interesse nel venir coinvolto in continue schermaglie, tra l’altro molto lunghe da risolvere e noiose da leggere. Si aggiunga il frequente sbilanciamento dei tiri e la frittata è fatta. In un sacco di occasioni è richiesto di tirare da 8 in su con due dadi; viene spesso fornita una seconda chance, ma non sempre. Al fallimento corrispondono cospicui salassi di Energia Vitale, solo parzialmente ripristinata dalla pozione guaritrice di Langor; in altri casi si crepa miseramente. Allora ci si infuria e si comincia ad ignorare i bivi fatali, assai frequenti a metà avventura. L’origine di questi requisiti sballati secondo me sta nella regola sulle Caratteristiche; si dispone di 9 punti da distribuire, con la folle clausola di assegnare almeno 2 punti a ciascuna voce (che libertà!). Guardando il registro sembra che vadano assegnati punti anche all’Astuzia di Probmer e alla Saggezza di Langor, ma questo non è possibile perché non si può rispettare il minimo dei due punti. Il dubbio si trasforma in certezza dopo il primo tentativo, in cui si vede che i check sono oltre le possibilità medie di Kardel, figuriamoci se dovesse anche spartire i punti con i colleghi! L’assenza del punteggio di Esperienza solleva non poco la coscienza del giocatore, che se fallisce un tiro impossibile si può incavolare di santa ragione, visto che non c’erano scappatoie.
Ci sono diverse imprecisioni ne Il Sentiero della Paura ed un’interpretazione del librogame così sterile da far accapponare la pelle, eppure ciò che mi disturba più di tutto è la stupidità della vicenda, l’ingenuità delle situazioni, la libertà con cui l’autore forza la trama, senza un minimo di decenza. L’opera di Brumbaugh è un buon compendio di topiche che negli anni hanno reso D&D oggetto di critiche, per il modo con cui banalizza e rende grottesco il fantasy. È un’avventura sorretta da presupposti ed espedienti campati in aria, in linea con le trame che escogitavo per le prime partite di D&D, in cui era più importante inserire il mostro speciale piuttosto che creare il contesto. L’autore scrive bene e l’illustratore George Barr lascia tavole di squisita fattura, concentrandosi sui personaggi piuttosto che sugli eventi; sul resto è meglio stendere un velo pietoso.
Ambientazione: 5 Stile di scrittura: 7 Bilanciamento: 5 Interattività: 3 Aspetto grafico: 8
Voto complessivo: 4 Difficoltà: alta
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