Un perfido mago ti ha trasformato in un uomo-lupo: feroce, assetato di sangue, eppure ancora capace di usare la razionalità, di dare ascolto alla coscienza. Ma se non recuperi presto del tutto la tua natura umana, rischi di diventare per sempre un lupo mannaro! Una lotta contro il tempo, per soffocare gli istinti bestiali che già si scatenano dentro di te.
Un numero della serie che riesce a catturare il lettore sotto molti aspetti. In questo libro interpretiamo Feral, figlio di un valoroso guerriero soprannominato "il Lupo". In seguito alla sua morte, questo titolo è passato a Feral. Al ritorno dalla guerra (e qui inizia il librogame), insieme all'amico Kuda, Feral trova il suo villaggio piegato dai soprusi di un prepotente tiranno. Giovani uomini costretti a essere schiavi o soldati, bambini rapiti, donne e anziani maltrattati, se non peggio.... Il caso vuole che tra questi giovani prelevati ci sia anche il nipote di un vecchio amico del padre di Feral. Il nostro protagonista ,in preda alla rabbia, parte immediatamente per cercare di aiutare i suoi concittadini e anche di liberare quel giovane.Ma sulla sua strada ,pur riuscendo a liberare il ragazzo dalle grinfie dei soldati, incontra un temibile nemico. Un potente mago malvagio lancia su di lui una maledizione, quella del lupo mannaro. Feral si trasforma in un uomo-lupo, cosa che incrementa le sue prestazioni fisiche ma lo rende meno padrone della sua mente. Il lupo che è in lui, infatti, non perde occasione per cercare di prendere il sopravvento. Noi dovremo, nei panni di Feral, cercare di riguadagnare le sembianze umane, e per farlo incontreremo stregoni, vecchi impazziti, orchi, e mostri di vario genere. Potremo riuscire nell'intento , ma anche fallire: in quel caso daremo vita a un finale abbastanza alternativo. Magari una vita da lupo risulterà piacevole al nostro Feral....
La trama del libro è intrigante e ha atmosfere cupe e tenebrose che caratterizzano il tutto. Oltretutto il senso di preoccupazione e timore aumenta man mano che la maledizione avanza. E di questo bisogna dare atto alla notevole capacità narrativa dell' autore. Geniale il foglio d' identità con il cambio punteggi a seconda dello status ( da uomo a lupo). Infatti le nostre trasformazioni in uomo/lupo e lupo oltre a costarci punti-esperienza modificheranno le caratteristiche del personaggio. Ma per quanto tempo riusciremo a controllare i cambiamenti? E quindi subentra anche il fattore tempo! Meglio muoversi e cercare di trasformarsi il meno possibile. I punti esperienza saranno fondamentali per il buon proseguimento della storia! Un appunto finale per le illustrazioni dove troviamo una resa delle sfumature degli ambienti e dei personggi che si accosta perfettamente all' atmosfera dell' uomo/lupo.....
Interattività (cioè quanto il LG sfrutta le potenzialità a sua disposizione): 8 Stile di scrittura (quanto l'autore sa coinvolgere per qualità letteraria): 8 Ambientazione (quanto l'autore sa coinvolgere per la ricchezza dei luoghi e dei fatti):9 Bilanciamento (equilibrio tra le regole e l'effettiva difficoltà): 8 Grafica: 9 Voto complessivo: 8 Difficoltà: media
Fa sorridere vedere lo sforzo compiuto per comprimere in due sole righe di copertina il titolo di questo libro, sicuramente il titolo più lungo di tutti i librogame EL. Fa invece pensare, col senno di poi, l’inevitabile confronto tra il dodicesimo volume di AD&D e la più recente uscita di Fighting Fantasy ad analoga tematica: Howl of the werewolf. Vent’anni separano le due pubblicazioni, ed è difficile pensare che la seconda sia anche solo in parte derivata da un contatto con la prima… eppure qualche somiglianza c’è, e non può non colpire una analoga soluzione grafica adottata dai due illustratori. Similitudini a parte, comunque, è divertente vedere come i due libri, entrambi di elevata qualità, sembrino oggi ergersi ognuno a modello della sua scuola di pensiero in fatto di librigioco: Curse come ottimo esempio di gamebook statunitense, e Howl come attuale standard qualitativo del gamebook inglese.
Il nostro ruolo in quest’avventura è quello di Feral, figlio del guerriero Agnor, detto “il Lupo”. Una lunga guerra vittoriosa si porta via il padre, e il rampollo torna a casa per scoprire che il suo paese natio è ora sotto il dominio del crudele tiranno Regis. Tentando di vendicare un torto ai danni della sua gente, Feral cade vittima dell’incantesimo del mago Vlachos, un sortilegio che lo rende lupo di nome e di fatto: un uomo-lupo, la cui coscienza è costantemente assediata dalla sua natura più bestiale, che tende inesorabilmente a trasformarlo in un lupo vero e proprio. Fintanto che questa trasformazione rimane controllabile, Feral deve quindi trovare il modo di annullare la maledizione… Diciamolo tranquillamente: La maledizione del lupo mannaro è uno dei librogame meglio scritti che si siano mai visti. La narrazione è splendida, corposa e avvincente, fluisce con ritmo e rapidità nonostante i lunghi paragrafi, rispecchiando il movimento rapido e potente conferito al protagonista dalla sua nuova natura. A livello ludico, ognuna delle forme di Feral possiede punteggi diversi: l’uomo-lupo acquisisce un punto in più per ogni caratteristica rispetto all’uomo, e il lupo ne guadagna uno ulteriore, ma cedere alla natura lupina è pericoloso: non solo costa un prezioso punto di Esperienza, ma rischia di diventare un’esperienza irreversibile, a seconda delle circostanze. Trovo da ridire sull’assurda complicatezza del Foglio d’Identità, che nel suo voler essere a prova d’idiota dedica uno spazio veramente eccessivo ai punteggi di tutte e tre le forme; la ridondanza è un vezzo tipico del regolamento di AD&D, ma qui davvero si eccede in zelo. Ovviamente questo è solo un dettaglio: niente viene detratto alla notevole impostazione del gioco, che è una buona idea applicata nella storia molto meglio di quanto ci si possa aspettare.
E la storia, come accennavamo prima, è… be’, magnifica, davvero magnifica per un librogame, nonostante sia zeppa di tutti i clichè del caso. Non solo il libro è fisicamente importante, ma lo sfruttamento dello spazio disponibile si avvicina molto al 100%, dando giustizia virtualmente ad ogni possibile combinazione di paragrafi. I risvolti che la storia può assumere sono innumerevoli e il totale di finali raggiungibili getta nel ridicolo tutte le precedenti proposte della serie; per esaurire La maledizione del lupo mannaro ci vogliono tante, tantissime partite. Questa è la delizia del libro, ed è anche la sua, perdonatemi, maledizione… perché, sfortunatamente, tutto questo eccelso materiale è soggetto alle regole di AD&D, che impediscono una libera esplorazione di ogni bivio. Evidentemente conscio di ciò, lo stesso Chris Martindale ha creato degli esiti spesso bizzarri e imprevedibili per i lanci di dado: molte volte capita di non raggiungere il risultato richiesto e di attendersi l’inevitabile fallimento, e si scopre invece che l’avventura continua, prendendo magari una piega assolutamente unica che non ha nulla a che spartire con una punizione. E ci sono anche dei casi in cui succede il contrario: si vince un combattimento, ma viene fuori che forse sarebbe stato meglio non farcela. E’ un conflitto interno dal quale il libro non può sfuggire, e che in qualche modo ne pregiudica la fruizione: questo è uno di quei librogame che avrebbero funzionato meglio con un’impostazione alla Scegli la tua avventura, che avrebbe concesso più libertà nella disamina dei bivi. Per come stanno le cose, invece, è inevitabile che il lettore che voglia vedere tutto, a un certo punto, smetterà di tirare i dadi e si dirigerà direttamente al paragrafo che preferisce leggere, perché non avrebbe senso precludersi l’esperienza di un’intera porzione di libro soltanto perché il risultato dei dadi continua ad indirizzarlo verso un’altra. Va pur detto che la questione dadi è molto più equilibrata del solito, visto che ogni lancio richiede 2D6 invece del solito, tragico 1D6 che così tanti episodi di AD&D ha rovinato; in questo modo le probabilità di imboccare l’una o l’altra strada sono più bilanciate, ma il ventaglio di storie offerte presuppone in ogni caso una libertà che il lettore non ha.
E’ un’amara ironia quella de La maledizione del lupo mannaro, che cerca di offrire un racconto meno rigido del solito e così facendo non fa che confermare quanto sia inesorabilmente ligneo il regolamento soggiacente. E’ una storia troppo complessa per la povera impalcatura ludica di questa serie, tuttavia è una storia troppo buona perché l’appassionato di gamebook ci possa passare sopra. Il modo giusto di fruire La maledizione del lupo mannaro è a piccole dosi, esplorandone una diramazione o due per volta; in questo modo il libro durerà molto a lungo, e saprà essere soddisfacente ed emozionante ad ogni lettura. E’ senza dubbio una delle offerte migliori di questa serie così altalenante.
ERRATA CORRIGE 37: “il tuo amico” dovrebbe essere “la tua amica”.
Titolo originale: Curse of the Werewolf Autore: Chris Martindale Anno: 1987 Illustrazioni: Stephen Fabian Copertina: Tim Hildebrandt Traduzione italiana: Costanza Galbardi (1992)
L’inizio di questo librogame lascia senza fiato. Grazie ad un uso eccellente della prosa, correttamente trasmesso dalla brava Costanza Galbardi, l’autore trascina il lettore in una storia tutta da scoprire e definire. Tra queste pagine dense di testo e piacevolmente illustrate da Stephen Fabian, il mondo fantasy del D&D più generalista offre uno scenario ideale per un’avventura ricca di colpi di scena e personaggi che lasciano il segno.
Il giovane e valoroso guerriero Feral è appena ritornato al suo villaggio, dopo una campagna durata tre anni in cui il padre Agnor il Lupo ha trovato la morte. Non trova una folla festante ad accoglierlo, perché durante la sua assenza il paese è caduto sotto la crudele tirannia di Regis II. Nel coraggioso tentativo di sottrarre alcuni prigionieri agli scagnozzi del re, Feral incontra il suo destino nelle spoglie del mago Vlachos. Questo personaggio dal passato indecifrabile, divertito dal soprannome di battaglia di Agnor, getta sul figlio una terribile maledizione che lo rende una creatura a metà strada tra l’uomo e il lupo. La bestia scalpita per prendere il sopravvento sull’umanità del giovane, il quale non avrà altra scelta che cercare di porre fine all’incantesimo, aiutato da un vecchio amico del padre, il possente Kuda.
È una magnifica corsa contro il tempo, aperta ad una miriade di possibili finali, alcuni dei quali sono negativi (Feral diventa un lupo mannaro senza controllo), altri sono a lieto fine (l’incanto viene spezzato), altri ancora si pongono a metà strada, fornendo per certi versi le soluzioni più originali e toccanti. La narrativa è eccellente ed i paragrafi scorrono via come l’olio, intrattenendo piacevolmente il lettore. Ne La Maledizione del Lupo Mannaro si assapora un’avventura scaturita dall’uso creativo di un elemento classico di Dungeons & Dragons: i mutaforma o shapeshifters/shapechangers, impropriamente tradotti con “trasmutanti”, tra i quali si annoverano gli stessi licantropi. In questo caso non si tratta di una malattia bensì di una maledizione, dunque per Feral è molto difficile liberarsene, perché gli serve l’aiuto di un mago e sembra che Vlachos sia l’unico in circolazione.
Siamo quindi di fronte ad un episodio eccellente per la collana Advanced Dungeons & Dragons? È con sommo rammarico che mi trovo costretto a respingere questa ipotesi, che inizialmente aveva solleticato le mie corde. Invece La Maledizione del Lupo Mannaro soccombe alle maledizioni che tormentano la serie, così persistenti che nemmeno Gary Gygax in persona avrebbe saputo disperderle. Mi riferisco all’uso dei dadi a sproposito e all’inutilità del regolamento proposto. In questo modo i numerosi bivi, ciascuno diretto verso un finale diverso ed ugualmente godibile, sono decisi dalla sorte e per esplorare il librogame nel rispetto delle regole potrebbero volerci decine di letture. Naturalmente si possono anche ignorare i check e leggere come si preferisce, ma io continuo a rifiutare categoricamente questa soluzione. Non si deve dare ai librogame una struttura sbagliata, che affossa il gioco e vanifica la potenziale variabilità dell’avventura! Inoltre, trovo che i finali siano un po’ troppi, per cui il raggiungimento degli stessi avviene con una rapidità indesiderata, considerato il piacere offerto dalla lettura.
L’altro aspetto riguarda il regolamento, che è lo standard della serie (tre Caratteristiche, stavolta Combattimento, Condizione Fisica e Percezione) adattato alla forma variabile del protagonista. Prevalentemente egli sarà un Uomo-lupo, condizione che gli accorda un bonus di +1 a tutte le Caratteristiche, ma ha anche la possibilità di trasformarsi in Lupo diventando ancor più potente. La frenesia di certe situazioni può costringere Feral a cambiare forma, ma ogni volta che da Lupo ritorna alle condizioni di Uomo-Lupo va sottratto un punto di Esperienza. Si crea così un limite all’utilizzo dell’Esperienza per migliorare il risultato dei dadi, perché se il punteggio dovesse essere troppo basso viene funestata l’impossibilità di recuperare la condizione umana.
Ma accidenti, non è così! Sono pochissimi i finali in cui viene effettivamente tenuta in considerazione l’Esperienza; al contrario esistono alcuni balzani controlli, il cui successo implica che Feral si senta talmente forte e sicuro nella nuova forma da non avere più la volontà di ritrasformarsi. Non si tratta di aver spinto il personaggio in azioni spericolate o di un abuso dell’Esperienza, reso impossibile dal regolamento (max. 1 punto alla volta), ma della riuscita di tiri perfettamente normali. Il mistero del sistema di gioco inserito per onor di firma è sempre più oscuro, a maggior ragione in un caso come questo, dove l’impostazione in stile Scegli la Tua Avventura era già bell’e pronta.
Concludo dicendo che si tratta di un’ottima lettura, una delle avventure più avvincenti e multiformi mai raccontate in un librogame. Non crediate però di trovare coesione tra la struttura dei paragrafi ed il sistema di gioco; in Advanced Dungeons & Dragons questi aspetti sono in perenne contrasto. Tale dicotomia lascia l’amaro in bocca e la mesta sensazione di fulgide occasioni gettate al vento.
Ambientazione: 8 Stile di scrittura: 9 Bilanciamento: 6 Interattività: 4 Aspetto grafico: 8