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Indice principale : Librogame E.L. - Singoli Libri : Realtà Virtuale : 

Categoria: Librogame E.L. - Singoli Libri Realtà Virtuale
Titolo: 03 - Le Spire dell'Odio  Piu' letteValutazione: 5.00  Letture:2151
Descrizione   Dave Morris e Mark Smith
Descrizione   Muovendoti furtivo nelle strade pattugliate dell’antica città di Godorno, cerchi di mettere in salvo la tua gente dalle grinfie del crudele tiranno che domina su ogni cosa. Terrorizzato dalle persecuzioni, il tuo popolo si nasconde nelle catacombe della città, mentre una minaccia ancor peggiore si leva dalle acque di Godorno: una creatura mostruosa avanza e inghiotte ogni cosa e ogni persona. Riuscirai a salvare la tua gente e la tua città dagli invincibili tentacoli del mostro dell’odio?
Valutazione media: (1) (10)
Data pubblicazione 28/2/2007
Inviata da: =Dr.Scherzo= il 21/6/2007
Valutazione generale: Valutazioni di categoria: 4 4
Descrizione
     
Titolo originale: "Virtual Reality Adventure - The Coils of Hate"
Autori: Morris - Smith
Anno: 1993
Illustrazioni: Terry Oakes (illustrazioni), Leo Hartas (mappa)
Traduzione italiana: Mariangela Bruna (1994)

**************************************************

Ambientazione: 5
Godorno, una decadente pseudo-Venezia del '500, grigia, triste ed amorfa, con tracce di contaminazioni fantasy (soprattutto per quanto riguarda i mostri incontrati). Godorno è governata da un maligno Tiranno senza nome, che sfrutta la popolazione ed è responsabile di efferati crimini contro la gente del protagonista, i Judain. Nel frattempo, un gigantesco mostro bavoso, Hate, inizia a muoversi tra i canali ed i sotterranei della città, inglobando e risucchiando in sé gli spauriti cittadini, fino a divenire un pericolo per la città stessa.
Il giocatore veste i panni di un ardimentoso Judain, il cui scopo è, per dirla in parole povere, risolvere i guai che affliggono la città (in generale) e il suo popolo (in particolare).
Insomma, l'idea non è nulla di che, ed il tutto viene reso in modo limitato e noioso, senza particolari spunti né originalità. Con l'enorme aggravante descritta nel Nota Bene a piè pagina.

Stile di scrittura: 6,5
Discreto. Scade un po' in alcune situazioni, come se gli autori non avessero avuto il tempo (o la voglia) di pensare a qualcosa di meglio.

Bilanciamento: 4
Quale bilanciamento? Ne "Le Spire dell'Odio" non esiste nulla di simile. Un sacco di morti assurde, di odiosi circoli viziosi, di imprecisioni temporali e di sviste narrative, questo sì.

Il libro è pieno di domande simili a questa: "Hai questa Caratteristica? Se sì, prosegui al 10. Se no, hai quest'altra Caratteristica? Se sì, vai al 20. Non hai ne questa né quella Caratteristica, ma hai questa Parola d'Ordine? Allora vai al 25. Non hai neanche quella Parola d'Ordine? Vai al 30". Salvo scoprire che, solitamente, proseguendo al 10 non si risolve niente, che proseguendo al 20 si entra in un loop narrativo che ti costringe a rifare le stesse cose più volte, che al 25 si viene colpiti da una qualche penalità e che al 30 si muore istantaneamente.

Ecco, le morti istantanee. Sono un vero flagello, ce ne sono a dozzine, ed accadono nei modi e nei momenti più impensabili, sovente al termine di subdoli labirinti narrativi che non portano da nessuna parte. La quantità di morti in cui si può incappare se non si ha la Caratteristica adatta (e spesso, fidatevi, non ce l'avete) è impressionante: si muore in una latrina fuggendo dalle guardie, si muore coricandosi per dormire, si muore litigando in una taverna di ladri, si muore avvelenati da un oste, si muore nelle prigioni del Tiranno, si muore annegando nel Canal Grande, si muore uccisi da quattro guerrieri di giada, si muore sepolti dal crollo di un palazzo, si muore schiacciati dal peso di un ragno gigante, si muore se si ha la Parola d'Ordine sbagliata al momento sbagliato (cioè il 90% dei casi), si muore assorbiti dal mostro Hate.

Si può morire anche di noia, se non si sta attenti, poiché la metà del tempo il protagonista la passa a nascondersi, oppure a fuggire, imprigionato com'è in monotoni binari narrativi già stabiliti. Non si può fare altro, perché gli autori hanno deciso così. Si va avanti ed indietro, come dei pupazzi, tentando d'organizzare la resistenza Judain, fallendo miseramente e tornando al punto iniziale, e tentando di scoprire il mistero che circonda Hate.
Qui si sfiora il ridicolo, poiché si nota quanto l'editing sia stato approssimativo: vi sono una serie di passaggi obbligati, ad esempio, che portano nei sotterranei del palazzo del Tiranno, ed in cui si incappa nei poderosi Guerrieri di Giada. Dopo averli incontrati una volta, si scopre che sono stati fatti a pezzi da Hate. Beh, dopo la loro distruzione, può capitare di tornare ANCORA dai Guerrieri di Giada, e di trovarli intatti. Anche se sono stati polverizzati da Hate la notte precedente.
Ahahah.
Assurdo.
Sempre parlando di editing, lo scorrere del tempo è quanto di più sorprendente possa esistere: il protagonista fugge dalla città a bordo di una chiatta, raggiunge le campagne, poi torna indietro a Godorno. Tempo trascorso: 48 ore, forse meno. Rientrato a casa, scopre tre famiglie Judain nascoste in una botola sotto il pavimento, che gli raccontano d'essere lì da settimane (?), di come abbiano perfezionato un sistema di comunicazione segreto (!) e di quanti tra loro siano stati uccisi dal giorno della legge contro i Judain (!?). Peccato che la legge contro i Judain sia stata emessa solo due giorni prima, e che quindi non c'è stato il tempo narrativo materiale per giungere a questa curiosa situazione.
Assurdo 2 - la vendetta.
Seccante oltre ogni dire, la trama spedisce il giocatore verso una serie infinita di bivi inutili e di decisioni inopportune, facendogli incontrare gente a caso e tentando anche di fregarlo. Emblematico il caso di Lucie, una ragazza non meglio identificata che appare in alcuni punti del racconto. Il libro, infingardo, insinua che Lucie ed il protagonista si conoscono da anni, facendo credere che 'sta giovincella sia quasi la compagna di vita dell'eroe, per poi beffarlo ripetutamente: Lucie lo deruba, Lucie tenta d'attirarlo in una trappola, Lucie bla bla bla. Lucie vai a quel paese, direi anche.

Potrei parlare anche di Hate, di come poterlo sconfiggere eccetera, ma verso la fine ho perso la voglia di seguire la trama in maniera seria, limitandomi ad annotare le svariate incongruenze contenute nel libro.

Interattività: 5,5
Oh, si, le opzioni alla fine dei paragrafi ci sono... peccato che su dieci opzioni, di solito solo una sia quella corretta. Le altre nove generalmente conducono o in assurdi loop narrativi da cui è complicato uscire, oppure in uno dei diecimila instant-death gratuiti disseminati lungo la trama.

Aspetto grafico: 5
Illustrazioni povere, grossolane, decisamente scadenti. Mezzo punto in più per la mappa della città presentata all'inizio del libro, anche se neanche quella è un capolavoro.

Altre considerazioni:
Un'avventura veramente malfatta, con una struttura infida, una trama approssimativa, inutilmente faticosa e monotona.

NOTA BENE (e qui prendo un bel respiro prima di proseguire, poiché so di toccare un tasto oltremodo delicato): Fin dal primo momento si ha la sgradevole impressione che gli autori abbiano tentato di compiere un'operazione poco affine allo spirito dei gamebooks propriamente detti. Più nello specifico, si ha la singolare percezione che Morris e Smith abbiano cercato d'utilizzare questo librogame non tanto per divertire e divertirsi, bensì col segreto intento di rappresentare "altro", servendosi d'una metafora fantasy come intermediario. I Judain, il potere economico che sembrano gestire, l'Odio diretto contro di loro, i soprusi e le discriminazioni che devono subìre, perfino il tentativo di genocidio... Le somiglianze tra questo popolo ed i Giudei (l'assonanza Judain - Giudei è lampante) sono troppo spiccate per non farci caso. Tutto questo, secondo me, trascende il gioco. Non fa divertire, e neanche riflettere. E' solo tremendamente pesante, dal momento che le pagine d'un librogame non sono il luogo adatto per toccare argomenti così complessi... e trattarli in modo così superficiale, poi, fa rabbrividire. Usare in questo modo un libro per ragazzi, mascherando un chiaro messaggio "politico-sociale" dietro una apparentemente innocente storiella (peraltro decisamente brutta) è un'azione ambigua ('scorretta' sarebbe meglio, ma evito), e non fa onore agli autori.

Voto complessivo: 4 (voto assegnato soprattutto a causa del concetto espresso nel Nota Bene)
Difficoltà: irragionevolmente alta rispetto al mediocre valore del libro.




Inviata da: EGO il 6/9/2007
Valutazione generale: Valutazioni di categoria: 7 7
Descrizione
     Con Le spire dell’odio il testimone di Realtà Virtuale passa nuovamente a Mark Smith, che riporta l’ambientazione nella città di Godorno già vista nel primo volume e che qui si rivela essere una riproduzione della Venezia dei dogi, con tanto di Canal Grande, bargello e Ponte dei Sospiri. La città è oppressa da un avido tiranno, che vessa la popolazione con ogni genere di tasse e balzelli; ma ciò che è peggio è che il tiranno svia da sé il risentimento generale fomentando l’odio nei confronti del popolo dei Judain, che a Godorno è particolarmente rappresentato. La legge di espulsione dei Judain rappresenta il punto di partenza della vicenda, che si evolve poi con l’avvento di Hate, un terribile mostro nato dall’odio, che corrompe la mente degli esseri umani e infine li assimila nel suo corpo.

L’ambientazione e l’atmosfera della storia sono ben costruite, ma purtroppo Smith ricade nello stesso errore che ha rovinato La foresta degli elfi: un substrato ideologico pensato male e realizzato peggio. Era necessario creare una Venezia nazista dedita allo sterminio di simil-giudei per giustificare l’avvento di Hate? Oltretutto, anche in questo libro la vicenda viene trascinata avanti con ogni tipo di incoerenza, fino a cadere nel ridicolo. Innanzitutto non c’è nessuna vera spiegazione della comparsa di Hate: semplicemente, succede, come se fosse logico che l’odio si personifichi in un mostro serpentino che ambisce a distruggere la città. Ma anche il modo in cui vengono dipinti i Judain induce a domandarsi che cosa stesse pensando l’autore mentre scriveva il libro. I Judain si definiscono il “popolo eletto”, senza nessun motivo, senza nessun background, come se fosse scontato che si tratta proprio degli ebrei biblici; vengono inizialmente descritti come vittime immolate, per poi rivelarsi corrotti e spietati come i loro persecutori, al punto da aver organizzato già da tempo un modo per trasferire abusivamente il denaro attraverso la città, e una rete sotterranea di traffici clandestini… un vero esempio di decoro e rettitudine! Chissà, forse il tiranno non aveva poi tutti i torti… Tutte queste contraddizioni fanno pensare che Smith abbia pensato i punti chiave della vicenda e poi li abbia messi in successione a forza, senza preoccuparsi troppo della coerenza della storia fintanto che era possibile mandarla avanti. Perché il protagonista, dopo essere fuggito da Godorno, ci torna, ben sapendo che al suo popolo la città è preclusa? Perché, se non per esigenze di copione, quelle stesse esigenze che spruzzano alcuni paragrafi di dettagli splatter completamente gratuiti, descritti con tanta brevità e superficialità da farli apparire del tutto fuori luogo?
In alcuni punti la retorica del libro raggiunge livelli rivoltanti. Prendiamo il paragrafo 183:
“… i membri dell’equipaggio ritornano dalla taverna in cui hanno sperperato il proprio denaro bevendo… gli uomini remano cantando una canzone molto triste su come un uomo può faticare tutta la vita e alla fine non avere altro che gli abiti che porta addosso.”
Ultimo appunto sulla storia riguarda la solita, gratuita inclusione di Tyutchev e Cassandra. L’insistenza di Smith nel voler inserire un cammeo di questi personaggi ad ogni occasione anche quando non aggiungono niente alla trama, come accade in Le spire dell’odio, ha sinceramente del morboso. Potevano restarsene su Orb e non ne avremmo sentito la mancanza.

Fortunatamente, la giocabilità è molto buona. Nonostante i 56(!) paragrafi di morte, ci sono solo due modi per morire: 1) arrivare ad un certo punto senza l’oggetto o la parola d’ordine necessari, e 2) fare una grossa sciocchezza. Non c’è da ragionare molto sulle scelte disponibili per indovinarne le conseguenze, e quindi la morte è quasi sempre meritata, quale esito di una decisione platealmente sbagliata.
Dopo aver completato la prima parte del libro, che serve più che altro da preambolo narrativo all’azione vera e propria, si possono finalmente intraprendere tutte le mini-missioni che permettono di conquistare gli oggetti necessari per sconfiggere Hate. Quest’ultimo compito è ovviamente il momento culminante della storia, uno scontro finale che può essere vinto seguendo due strade diverse, ma entrambe non facili da imboccare; è quindi abbastanza tipico giungere a un passo dalla vittoria e vedersela sfuggire di mano. Questo è sì frustrante, ma è anche un incentivo a esplorare tutte le possibilità offerte dalla seconda parte del libro, che si rivela davvero complessa e ben congegnata, sullo sfondo di un’atmosfera sempre più opprimente e incalzante. Inoltre, per quanto possa sembrare incredibile durante le prime partite, non è necessario possedere abilità specifiche per finire l’avventura.

Il mio giudizio finale su Le spire dell’odio è quindi complessivamente positivo. Volendo perdonare le ingenuità del racconto, il libro è indubbiamente più interessante e divertente della Foresta degli elfi, molto meglio strutturato e molto meno schizofrenico. Decisamente meglio anche i disegni di Terry Oakes: davvero memorabile la sua interpretazione di Hate al paragrafo 107. Se fosse stato scritto meglio, il libro avrebbe potuto essere ottimo; è comunque un risultato non disprezzabile.

Inviata da: Gurgaz il 31/1/2008
Valutazione generale: Valutazioni di categoria: 4 4
Descrizione
     Titolo originale: The Coils of Hate
Autore: Mark Smith
Anno: 1993
Illustrazioni: Terry Oakes
Copertina: Mark Salwowski
Traduzione italiana: Mariangela Bruna (1994)

Le Spire dell’Odio è il terzo librogame della serie ed il secondo curato da Mark Smith. Per fortuna è anche l’ultimo, perché non so a cosa lo avrebbe portato la pericolosa deriva iniziata con La Foresta degli Elfi. Sebbene ci sia qualche dettaglio interessante, trovo che la storia narrata in queste pagine, l’ambientazione descritta e l’impiego del regolamento siano detestabili oltre ogni misura. Cercherò di spiegare il perché.

L’antica città di Godorno, già menzionata in toni foschi nel primo Realtà Virtuale[/i
], in queste pagine viene svelata nella sua essenza. Se Kharé è la Città dei Misteri e Helgedad è la Cittadella delle Tenebra, l’italica Godorno si merita appieno il titolo di Città dell’Odio. Il più affabile dei suoi abitanti è un trafficante di armi, un intollerante ed un traditore, pronto a pugnalare alla schiena per rubare i lacci delle scarpe. A fomentare le malvage passioni dei cittadini provvede un famigerato tiranno, che ne [i]La Foresta degli Elfi
si chiamava Gornild; adesso non ha più un nome, forse perché Smith non ha osato chiamarlo Adolfus Itlerius o qualche bestialità simile. In una città oppressa dalle tasse, dalle ingiustizie, dal crimine e dalla decadenza, non c’è niente di meglio che promulgare leggi razziali contro l’etnia più ricca ed odiata, verso la quale sono tutti indebitati: i Judain. Sì, avete letto bene. I Judain sono emarginati per gli stessi motivi degli Ebrei, infatti sono lo stesso popolo. In passato sono fuggiti dalla schiavitù verso la Terra Promessa; al presente hanno i rabbini, prestano denaro ad interesse e hanno una rete di traffici illegali sotto la città.

Un buon capro espiatorio, sul quale la gente può finalmente sfogare la rabbia che prova sotto l’oppressione del tiranno. I Judain vengono catturati e giustiziati, quindi appesi in gabbie in giro per la città. I pochi sopravvissuti si nascondono e si organizzano, mentre Godorno cade preda della sua stessa follia e depravazione. Ma che despota illuminato! Le malattie, il crimine e il tradimento diventano gli unici padroni della città, mentre un mostro orribile e gigantesco, comparso dal nulla, divora le persone a centinaia. Questi è Hate, l’odio in persona, evocato dai terribili soprusi del tiranno e dei cittadini stessi. In tutta sincerità, che il diavolo si porti il tiranno, Godorno e i Judain! Hanno quello che si meritano, nessuno escluso; tuttavia il librogame ci impone un nuovo ruolo messianico, per cui il nostro personaggio diventerà leader della strenua resistenza Judain e sfiderà Hate, il mostro dell’odio.

Per quanto io possa scrivere non offrirò mai la giusta percezione della scarsa qualità di questo materiale. È l’allegoria più debole che io abbia mai trovato, tenuta in piedi da un postulato gratuito: a Godorno tutti sono preda dell’odio. Nella spirale della violenza e del razzismo più sfrenati, il protagonista deve trasformarsi nell’uomo puro, in colui che aiuta senza distinzione, sebbene le sue origini Judain invochino la vendetta contro i persecutori. La missione sarebbe anche educativa, perché per sconfiggere Hate bisogna dimostrare generosità ed abnegazione nei momenti cruciali, tuttavia l’impostazione rigida, la pessima scrittura e la confusione che affligge i paragrafi non permettono di cogliere sempre il significato degli eventi, tanto meno di portare avanti azioni consapevoli.

Questo librogame è scritto davvero male. È gonfio di iperboli e spropositi inconcepibili, uniti ad uno stile piatto che non riesce a far risaltare i fatti salienti. Le informazioni sono date alla rinfusa e gli eventi sono governati dal caso. Ci sono errori di continuità, causati da alcune sviste nella concatenazione; ci sono mille possibilità di morire secondo modalità assurde; la ciliegina sulla torta è il regolamento, gestito davvero male, con le Caratteristiche ridotte ad inutili orpelli, perché molte situazioni si superano con un oggetto o facendo la scelta corretta. Mark Smith è talmente fuori strada che ha perfino pensato che alcune Caratteristiche, inserite tra le alternative, potessero portare a conseguenze nefaste in quanto inappropriate alla situazione. Siccome il lettore non sa come viene interpretata la sua scelta, è ingiusto che debba soffrire penalità per aver usato una Caratteristica in suo possesso. Per esempio, usare l’Arte della Lotta contro la folla inferocita non deve per forza significare “tento di placcare la folla” (!), ma può voler dire “la uso per farmi largo tra la folla, prima di essere circondato”.

Bisogna restare ammazzati almeno un paio di volte, prima di capire che aria tira a Godorno ed imparare a sopravvivere. Una volta davanti a Hate, si scopre che batterlo non è affatto semplice, perché servono ben due oggetti ed una Parola d’Ordine. Per racimolarli è richiesta una certa dose di preveggenza, nonché una spiccata predilezione per il sacrificio e la filantropia senza se e senza ma. Purtroppo il clima della città lagunare è pesante, la prosa di Smith non cattura l’attenzione e la consequenzialità tra scelte, azioni e risultati è inesistente. Le tavole di Terry Oakes continuano a non soddisfare, più simili a bozzetti realizzati nei ritagli di tempo che ad un vero concept illustrativo. Questo triste insieme precipita il lettore nell’atmosfera depressa del librogame, facendolo pure cadere preda di frustrazione, rabbia e fastidio.

Ci sono momenti in cui Le Spire dell’Odio ottiene l’effetto opposto di quello sperato. Invece di essere una metafora fantasy contro ogni forma di intolleranza razziale, a tratti riesce a suscitare pericolosi sentimenti negativi. Non rende granché l’inserimento di personaggi come Skakshi, Melmelo, Caiaphas, l’inutile Tyutchev e, ricettacolo di ogni nefandezza, Lucie; quando l’ho vista risucchiata da Hate ho gioito per la terribile fine di questa sgualdrina, e non ho esitato a colpire allorché il suo viso è ricomparso nella massa informe del mostro. Non credo che Smith volesse trasmettere queste sensazioni. Il librogame fallisce quindi sotto ogni aspetto, perché insiste implacabile nel punire gli errori, è povero di attrattive letterarie e cade vittima della banalità, nonostante il nobile scopo che si è preposto.

Ambientazione: 5
Stile di scrittura: 3
Bilanciamento: 4
Interattività: 5
Aspetto grafico: 5

Voto complessivo: 4
Difficoltà: media

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