Qualcuno o qualcosa sta distruggendo la Foresta di Arden, luogo un tempo bellissimo e idilliaco, fonte di vita per ogni creatura vivente. Gli alberi maestosi vengono abbattuti, gli animali uccisi, e la splendida armonia della natura che da millenni ospita gli elfi dagli occhi viola sta per essere cancellata dalla faccia della terra. Da eroe quale sei, dovrai affrontare molti pericoli per impedire che la spada del gigantesco mostro d’acciaio distrugga la foresta, e con essa il bene supremo: il meraviglioso Albero della Vita.
E' con La Foresta degli Elfi che andiamo a inaugurare la serie Realtà Virtuale. I libri di questa serie sono concettualmente slegati tra loro, e quindi il compito di introdurci volta per volta nelle varie ambientazioni è affidato ad un prologo. E nel nostro caso, dal mio punto di vista, ci troviamo di fronte a una delle aperture più particolari viste in un librogame. Veniamo a sapere che a lanciarci verso l'avventura è la sensazione di disgusto e impotenza che proviamo nei confronti delle azioni basse e meschine dei nostri simili, gli abitanti di Godorno, città di feci e urla, mendicanti e schiavi. Noi, trovatelli formati nel corpo e nella mente dai monaci di Godorno, costretti ad una vita di stenti a causa della chiusura dei monasteri, i cui insegnamenti vennero giudicati sovversivi dal crudele tiranno Gornild. Il prologo colpisce non tanto per l'anticipazione della trama in sè, quanto per le immagini usate, che non possono non far sorgere nella mente del lettore un parallelo critico con il mondo reale contemporaneo e la presenza di brevi riflessioni di relativa profondità sociale, sempre in rapporto allo standard della complessità tematica di un librogame . La missione che ci proponiamo di affrntare è la ricerca del leggendario Albero del Bene e del Male, del quale abbiamo sentito parlare durante il nostro percorso di formazione al monastero, al fine di ricevere la Conoscenza in esso racchiusa e utilizzarla per il bene del genre umano. Insomma, un anelito che dovrebbe portarci da uomini di strada a una sorta di nuovo Prometeo. Come vedete, ci sono tutte le premesse per una trama di un livello inconsueto per un librogame. Purtroppo, non ci si mette molto a vederle del tutto disattese.
I primi paragrafi ci introducono in un mondo fantasy piuttosto tradizionale e scorrono via senza particolari degni di nota, se non la possibilità di morire dopo quattro o cinque paragrafi se non si è fatta la scelta giusta al momento di creare il personaggio. Ma questo è un punto debole del libro di cui avrò modo di parlare in seguito. E' dopo aver fatto conoscenza con uno dei personaggi principali, che l'essenza del libro viene a galla. E' assolutamente evidente come negli intenti degli autori questo libro si sarebbe dovuto fare portatore di un messaggio educativo di tipo ecologista, riferito al mondo contemporaneo in cui è inserito il lettore e non l'eroe della storia narrata. Nella fattispece, la foresta di Arden costituisce un evidente parallelo con l'Amazzonia e il messaggio è un appello a rispettre il “polmone verde” del nostro pianeta. E fin qui niente di male, anzi, trovo positivo il voler includere un risvolto di questo tipo in un librogame. Il problema principale è che tutto ciò che accade nell'arco della narrazione viene inesorabilmente piegato a questo fine, anche a costo di far apparire alcune situazioni assolutamente paradossali, fuori luogo e a volte completamente illogiche. Oltretutto, il raffronto tra il mondo rappresentato e quello conosciuto dal lettore è gestito con una schematicità che ho trovato eccessivamente semplicistica e lineare. Ed è così che gli elfi che popolano la foresta assomigliano molto di più a una visione da film degli Indios, un popolo “allo stato di natura”, violento e diffidente verso lo straniero. Hanno più le caratteristiche di una “tribù” di elfi, invece che degli abitanti del classico reame glorioso e fatato a cui il fantasy classico ci ha abituato. Ma la questione più assurda, bislacca e ridicola di tutto il libro riguarda proprio la quest che dobbiamo intraprendere: dopo essere stati investiti “eroi della foresta” dovremo fermare le pericolose macchinazioni degli Uomini del Nord, che pianificano un disboscamento a tappeto della foresta di Arden. Anche qui potrebbe non esserci apparentemente nulla di strano, ma vi ricordo che ci troviamo in un contesto fantasy dove si presuppone che l'ambiente non sia particolarmente inquinato e penso che gli alberi tagliati possano essere tranquillamente ripiantati senza pestare i piedi a nessun pescecane dell'edilizia. Quindi potrete capire che descrivere questo mondo fantastico come minacciato dall'inquinamento dato dalla combustione degli alberi abbattuti, è abbastanza risibile...
Lasciando da parte la trama, posso affermare che questo primo libro possiede degli aspetti negativi comuni a tutta la serie, che non mi hanno reso la lettura particolarmente piacevole. Troppo spesso il nostro destino è affidato a scelte effettuate molti paragrafi addietro, che al momento di venire effettuate sembrano senza senso o senza particolare logica. Come ad esempio nel paragrafo in cui l'unica scelta giusta è “lasciarsi prendere dalla disperazione e convincersi che non si riuscirà mai ad uscire vivi dalla foresta”. Sembra più che altro una delle trovate di Brennan per sbeffeggiare il lettore.
Inoltre, in questo libro la libera creazione del personaggio, che dovrebbe essere uno dei punti di forza della serie, non è sfruttata a dovere. In pratica, ci troviamo a usare il più delle volte una sola delle abilità speciali che possiamo scegliere. E vi lascio immaginare dopo quanto possa finire l'avventura senza di essa. Un altro problema è costituito dal fatto che la struttura di gioco non concede il minimo errore, e le vie per raggiungere il finale sono veramente poche, se non addirittura una sola. Hai scelto le abilità speciali sbagliate? Non hai trovato tale oggetto? Non hai incontrato tal personaggio? Bene, mettitti il cuore in pace, perchè non finirai mai l'avventura. Ed è quasi una presa in giro, dopo tanto penare e tante peripezie, arrivare al penultimo paragrafo e trovarsi di fronte ad un' utlima mossa banale e ovvia, in favore della quale sono stati disseminati indizi a non finire. Cosa che per il resto del libro, gli autori si sono guardati bene dal fare. Oltretutto, il finale ha luogo in un pasticciaccio simil-steamfantasy che vorrebbe dirsi originale, ma risulta solo pacchiano e puerile.
Già, puerile. Ho proprio l'impressione che Morris e Smith abbiano pensato in grande per questo volume, ma poi si siano accorti che forse le tematiche trattate erano eccessivamente complesse per i lettori più giovani e abbiano optato per abbassare di molto il target di scrittura al momento di mettere in essere le loro idee, ottenendo un risultato che non sa né di carne né di pesce.
Ne La foresta degli elfi interpretiamo un personaggio che decide di fuggire dalla poco ospitale città di Godorno per dirigersi verso la vicina foresta di Arden, dove si dice che dimori l’Albero del Bene e del Male. Nato letteralmente sotto una “cattiva stella”, solo al mondo, il protagonista spera di poter riscattare la propria esistenza trovando l’Albero e utilizzando il potere e la conoscenza che esso può offrirgli per fare del bene all’umanità. Scoprirà però che l’Albero è minacciato dall’avanzata di un gruppo di uomini che mirano all’abbattimento della foresta a scopi industriali, e si ritroverà alleato dell’antico popolo degli elfi per far fronte a questa minaccia.
Il problema che mina alla base La foresta degli elfi è il suo voler essere, più che un librogame, un pamphlet ecologista di cattivo gusto, terribilmente retorico e manicheo, privo di qualsiasi approfondimento della situazione o dei personaggi, che ignora qualsiasi coerenza pur di mandare avanti la storia. Da un paragrafo all’altro il protagonista si trasforma da derelitto solo al mondo ad aspirante messia dell’umanità decadente, come se fosse un ragazzino sognatore invece di un uomo adulto indurito dalla vita nei bassifondi. L’autore ha la disperata necessità di trasformare il signor nessuno nel paladino della foresta, e così di punto in bianco ci si ritrova investiti di una fiducia e di una missione che non si è fatto davvero niente per meritare. Incontri una donna che ti interroga per scoprire se sei “con” la foresta o “contro”, con un “test attitudinale” di una banalità e una retorica sconcertante; poi, appena capisce che sei “con”, decide che sarai l’eroe che salverà la foresta, e ti spedisce a cercare gli elfi. Elfi a cui non può fregare di meno di avere contatti con un umano, che tra l’altro se ne arriva annunciando morte e distruzione; eppure, dopo un secondo test da opuscolo attivista, anche questi diffidentoni si sciolgono e decidono di eleggere lo straniero come loro condottiero contro gli umani distruttori di alberi. Con un tale carisma poteva diventare dittatore di Godorno in un amen, altro che elfi!
Una sceneggiatura simile non contribuisce certo a coinvolgere il lettore, e le cose non migliorano quando si va a scoprire la struttura del gioco. Innanzitutto, le connessioni temporali tra i vari eventi sono tutt’altro che perfette: capita di morire e di leggere “ora la foresta è perduta” senza che nemmeno si sia scoperto che cosa la minaccia, per esempio, e in più di un’occasione il testo fa riferimento ad eventi che non necessariamente si sono verificati in precedenza. Oltre a questo, l’avventura è costruita come un loop che ci vede costretti a rivisitare gli stessi luoghi finché non riusciamo a spezzare il cerchio completando correttamente una delle missioni assegnateci, ottenendo la parola d’ordine che consente di andare avanti. Man mano che si procede, le possibilità di fare una scelta sbagliata e di fallire aumentano vertiginosamente; nella parte finale, praticamente ogni bivio contiene una strada che porta alla morte, in modo incoerente e totalmente ingiusto. E infatti di paragrafi di morte ce n’è una quantità pazzesca, ed è ridicolo che almeno la metà di essi finisca per descrivere la stessa identica situazione: un metodo disonesto e fastidioso per portare il numero delle sezioni a 500. Alcuni bivi, poi, sono decisamente strani: nel combattimento finale, ad esempio, è possibile attaccare subito oppure attendere di vedere che cosa farà il nemico; se lo si lascia fare diventa poi possibile sconfiggerlo con una scelta facile e rapida, mentre se decidiamo di attaccare, la stessa scelta porterà alla sconfitta…
Ci sono anche alcune incongruenze nel testo, alcune purtroppo dovute a sviste in fase di traduzione. Non ci si spiega, per esempio, come mai venga detto che la Statua Infernale impugna una spada, quando nelle illustrazioni la si vede armata di ascia; oppure, nell’introduzione, viene prima detto che il protagonista da bambino ha studiato in un’accademia, ma nel giro di poche righe il malvagio governo di Godorno viene accusato di aver spezzato la sua infanzia felice chiudendo tutti i monasteri (il termine “accademia” non faceva esattamente pensare ad un istituto religioso). Nel regolamento all’inizio del volume troviamo poi degli errori grossolani nella traduzione delle abilità: nel giro di poche pagine la Magia di Difesa diventa la Difesa Magica, e la Magia di Attacco viene rinominata Incantesimi.
Va comunque ammesso che, nonostante la mole di difetti, il libro ha una struttura abbastanza solida. Le scelte disponibili sono parecchie, e benché le abilità possano facilitare la vita in più occasioni, nessuna di esse è fondamentale per arrivare alla fine. Alcuni momenti sono sicuramente interessanti, alcune descrizioni riescono a dare un’impressione positiva. Insomma, il “game” c’è e funziona, ma il fatto è che il “libro” fa di tutto per fartelo dimenticare: se non bastasse la propaganda pro-Amazzonia che permea tutto il libro a indispettire il giocatore, il finale è comunque così insulso da riuscire in ogni caso a farci sentire fortemente presi in giro. E pensare che il volume è stampato su carta riciclata. In definitiva, La foresta degli elfi si rivela un libro di Mark Smith* in tutto e per tutto, avvicinandosi moltissimo agli ultimi volumi di Ninja come stile e impostazione di gioco basata su bivi aut-aut, con morti abbondanti e non sempre corrette. E’ interessante notare come alcune situazioni presentino somiglianze notevoli con Il mistero della miniera, il terzo libro di Skyfall, tra l’altro anche lui piagato da notevoli incongruenze… sembra proprio che l’ecologia spicciola non si addica ai prodi avventurieri!
*Checché ne dica la copertina, Dave Morris non ha messo mano a questo libro.
Titolo originale: Green Blood Autore: Mark Smith Anno: 1993 Illustrazioni: Terry Oakes Copertina: Mike Posen Traduzione italiana: Costanza Galbardi e Fabio Accurso (1994)
L’autore prescelto per aprire le danze è Mark Smith e in tutta sincerità non è stata la scelta migliore. Ciò che lascia un po’ spiazzati di fronte al suo contributo a Realtà Virtuale è la discrepanza tra l’atteggiamento tenuto in questa serie rispetto a quello a cui ci aveva abituato con Ninja. Oltre a non prendere per il verso giusto il sistema di gioco proposto, Smith sembra pervaso dal desiderio di impartire lezioni morali, trasmesse attraverso allegorie fantasy troppo riconoscibili per sortire il giusto effetto.
Il primo tentativo in questo senso è La Foresta degli Elfi, che purtroppo è anche l’esordio della serie. Qualunque sia il personaggio che avremo scelto di interpretare, il nostro background sarà una vita trascorsa entro le mura della mefitica Godorno, città-stato medievale ispirata alle più famose mete turistiche italiane. Dallo studio entro le sicure mura di un monastero ad una vita da uomo di strada, il protagonista ha sviluppato le sue doti e soprattutto il suo odio per la civiltà corrotta e decadente. La volontà di immergersi nella natura incontaminata guida il suo cammino verso l’antica Foresta di Arden, popolata dai misteriosi Elfi silvestri. Ancora non lo sa, ma ben presto si accorgerà che una grave minaccia incombe sulla foresta e sui suoi abitanti. C’è bisogno di un campione che ribalti le sorti della partita, risvegliando le potenti forze che dimorano nei recessi del bosco e scatenandole contro i perfidi Uomini d’Occidente.
La storia non sarebbe poi così male, se non fosse colma di forzature. L’autore vuole veicolare a tutti i costi un messaggio ecologista e lo fa senza mezzi termini. Gli Uomini d’Occidente sono il male assoluto e vogliono distruggere a tutti i costi la Foresta di Arden e l’Albero della Vita, non si capisce bene per quale scopo. Le creature silvane sono la natura ferita, che teme l’uomo e lo evita a tutti i costi, come se da secoli non facesse altro che maltrattarla. È ben difficile guadagnarsi l’alleanza degli Elfi, ritratti in toni aspri e sgradevoli; loro non vogliono essere salvati, men che meno ad opera di umano. La druidessa Eleanor può giocare un ruolo fondamentale nel facilitare la nostra impresa, ma prima di aiutarci ci sottoporrà ad un quiz piuttosto idiota sull’equilibrio della catena alimentare.
La Foresta degli Elfi mi ricorda il clima dei primi Anni Novanta, il terrore per il disboscamento dell’Amazzonia, le battaglie di Greepeace, l’effetto serra, il buco nell’ozono e l’educazione all’ecologia nelle scuole. È un librogame nato in un’epoca in cui la coscienza collettiva si era mobilitata in difesa della Terra inquinata, spesso senza neppure sapere di cosa stava parlando. Se penso a ciò che mi è stato insegnato allora e guardo il mondo odierno, dove c’è chi smentisce teorie allora conclamate e chi sostiene che i cambiamenti climatici sono in corso anche se non può dimostrarlo, non me la sento di giudicar male il messaggio unilaterale di Mark Smith, costruito con le migliori intenzioni. Però forse un librogame d’ambientazione fantasy non è il luogo ideale per parlare di ecologia, perché si rischia di commettere un errore: inscrivere l’industria umana nel concetto di “grande malvagio”, creando paralleli poco edificanti tra macchine e mostri, come la Statua Infernale.
In verità il concetto poteva funzionare, ma richiedeva un’impostazione più raffinata ed una miglior caratterizzazione dei personaggi, soprattutto quelli malvagi. L’autore invece non aveva voglia di scrivere troppo, infatti i paragrafi sono perlopiù brevi ed impiegati per la gestione delle varie opzioni. Non ho avuto grossi problemi a terminare l’avventura, perché non è posto eccessivo accento sul possesso delle Caratteristiche; solitamente è possibile sbrogliare la maggior parte delle situazioni nel modo classico, facendo cioè determinate scelte, non sempre razionali, od impiegando oggetti trovati in precedenza. Ci sono innumerevoli piccoli pasticci, per esempio la previsione di Eleanor che ci vede lottare contro gli Uomini d’Occidente a cavalcioni di un drago; peccato che se non si possiede l’Agilità non si sopravvive all’esperienza. Perché precludere in modo pedestre un bel momento della storia?
Non credo che il librogame risenta molto di queste incongruenze interne, al contrario patisce la sua intrinseca rigidità, nient’affatto in sintonia con lo spirito del regolamento. Se non si trova il sistema giusto per superare uno degli snodi cruciali, il testo offre sempre due sbocchi: crepare in modo più o meno assurdo, oppure tornare indietro a calci nel sedere per tentare un approccio diverso. Il gioco non viene del tutto affossato, in quanto gli abbondanti paragrafi di morte si riescono ad evitare agevolmente, tuttavia c’è la sensazione che, se si è eliminato l’arbitrio della sorte, è comparso l’arbitrio dell’autore a costringere il lettore sui binari che lui ha deciso.
Le illustrazioni di Terry Oakes non mi piacciono per nulla, salvo rari casi. Sono troppo nere ed oscure per raffigurare veramente qualcosa, sebbene siano in linea con l’alone tenebroso che aleggia sulla vicenda. Tutto sommato ho apprezzato lo sforzo di Mark Smith per creare un’atmosfera apocalittica, triste e velata di diffidenze viscerali tra il popolo della Foresta e gli uomini. Però c’è anche tanto potenziale sprecato, troppe forzature sul percorso del giocatore ed un vistoso buco nella trama, perché gli avversari sono malvagi e distruggono senza una ragione. Nel complesso un mezzo passo falso per una serie che, per fortuna, ha ancora molto da dire.
Ambientazione: 7 Stile di scrittura: 7 Bilanciamento: 6 Interattività: 6 Aspetto grafico: 5