Caithness l’Elementalista, Keldrilh il Menestrello, Pereim il Cavaliere, Kandjar il Mago: quattro personaggi fantastici, quattro libri diversi da leggere uno alla volta, oppure quattro avventure da riunire in un unico gioco di gruppo!
In questo libro il protagonista sei tu. Giochi da solo, o stringi un’alleanza?
Partita a Quattro è la peggior serie di librogame mai pubblicata in Italia, nessuna esclusa. Se questo disastro intendeva magari insidiare un’opera del calibro di Blood Sword nel campo delle avventure fruibili da più giocatori contemporaneamente, provo un grande piacere nel dire che fallisce nel modo più completo. Se quella non era l’intenzione, peggio ancora, perché non ha nemmeno una giustificazione per la sua esistenza.
Ognuno dei quattro volumi della serie è dedicato ad un personaggio diverso: Caithness l’Elementalista, Keldrilh il Menestrello, Pereim il Cavaliere, Kandjar il Mago. Ognuno di loro lascia la sua patria per visitare il “mondo” di Dorgan (in realtà è poco più di una regione…) per una ricerca personale. Inizialmente il regolamento può sembrare ben congegnato e molto simile ad un gioco di ruolo vero e proprio. All’inizio del libro è elencata una lista dei luoghi (poco più di 30) che il personaggio può visitare ed esplorare; ogni avventuriero ha qualche locazione esclusiva, ma si parla di due o tre, nulla di realmente significativo nel diversificare le avventure. Il personaggio ha cinque caratteristiche: Iniziativa, Combattività, Magia, Aura (quest’ultima serve nel gioco a più giocatori) e Vitalità. I punteggi iniziali sono fissi, non c’è nessun lancio di dado per modificarli. L’elemento caratteristico è il Potere. Di fronte ad un particolare evento può venir chiesto di fare una scelta dal Libro del Potere, il che significa decidere quale atteggiamento assumere tra i quattro disponibili: amichevole, scaltro, prudente o aggressivo. A questo punto si legge il corrispondente paragrafo nel Libro del Potere (esempio: Scelta 4. Decido di essere aggressivo, e leggo il paragrafo 4 della sezione Aggressivo del Libro del Potere), da cui poi si verrà rimandati all’avventura vera e propria e si affronteranno le conseguenze dell’atteggiamento scelto. Fare una scelta implica anche ottenere un punto di Potere di allineamento analogo; con determinati punteggi di Potere si ha accesso ad alcuni luoghi altrimenti preclusi, e si guadagnano nuove abilità o incantesimi. Questa caratteristica, la più interessante, si rivela però la morte del gioco. Infatti tutto ciò che bisogna fare nell’avventura è andare in giro a visitare i luoghi per acquisire sufficiente Potere ad accedere all’ultima locazione. Ben di rado capita di trovare un oggetto in grado di aumentare i punteggi del personaggio, e solo in un caso ciò avviene dopo aver battuto un nemico; è quindi superfluo impegnarsi in un combattimento, non ci sono spoglie da conquistare. Ma soprattutto, spesso e volentieri l’atteggiamento scelto non fa nessuna reale differenza: se anche succedono due cose diverse, nessuna delle due è più vantaggiosa. E il problema più grande di Partita a Quattro è proprio questo: non succede niente!
Dopo aver provato a leggere un volume in solitario ci si rende conto di quanto queste avventure siano inutili, noiose e ripetitive. Anche se i personaggi hanno obiettivi diversi, tutti loro visitano gli stessi luoghi, e la conclusione dell’avventura avviene sempre secondo le stesse modalità. Ci sono due finali possibili, buono e cattivo, e si trovano sempre negli stessi posti. Sfortunatamente nel gioco in singolo è consigliabile puntare al finale cattivo (in cui il personaggio diventa il distruttore del mondo) se si vuole finire il libro, perché il nemico che sta a guardia del finale positivo è invincibile. Finale a parte, il resto dell’avventura segue al 90% lo stesso canovaccio per tutti gli avventurieri. L’unica cosa sensata da fare è visitare tutti i luoghi per acquisire Potere, stando attenti a non attaccare battaglia perché tanto non ci sono premi da vincere. Nella maggior parte dei casi non succede assolutamente nulla; si deve solo leggere, leggere, leggere il noiosissimo testo, che trabocca di descrizioni soporifere e non ha nulla da raccontare. La non-linearità dell’esplorazione, in teoria elemento positivo, alla resa dei conti è un’enorme stupidaggine: è inutile andare in giro a cercare qualche stralcio di informazione su ciò che si cerca, se poi è possibile imbattercisi per caso. L’unico motivo per cui non è possibile finire l’avventura subito è la necessità di accumulare Potere; e anche così, il finale positivo è comunque irraggiungibile. Divertentissimo!
Il regolamento ha poi la sua quantità di elementi bizzarri. Ad esempio, per attaccare o usare una magia bisogna tirare tre dadi, e non due, ed eventualmente aggiungere un punteggio extra per il livello degli incantesimi… e si vede subito quant’è difficile riuscire a fare qualsiasi cosa che possa far male al nemico. Ma tanto combattere è inutile, serve solo per rischiare di morire. A questo proposito, è sensazionale l’idea del “Combattimento semplice”: in pratica si tratta solo di tirare i dadi per calcolare il danno, e se si sopravvive il combattimento è vinto. Ma quasi sempre il danno medio (5D) è talmente alto che non si hanno chance di sopravvivenza! Se per miracolo si esce vivi da una battaglia, poi, come si recupera energia? Semplice: si riposa! E, secondo le regole, il numero di volte in cui si è fatto ricorso al riposo permette di valutare la propria prestazione da una partita all’altra… ma chi vogliamo prendere in giro? L’esplorazione: la prima volta che si raggiunge un luogo si è obbligati ad esplorarlo. Ma allora spiegatemi che senso ha visitare la foresta di Ordreth: ad essa si può arrivare solo dal lago. Al lago, se non si ha abbastanza Potere, si subisce una perdita spaventosa di punti di Combattività o Magia; se invece si ha abbastanza Potere, si è costretti a proseguire verso un altro luogo e non si può più andare a Ordreth! (d’accordo, andare a Ordreth è inutile come la maggior parte dell’avventura, ma la cosa è comunque assurda) E poi le favolose regole del gioco a più giocatori, che veramente umiliano chi legge i librogame per divertirsi. Che divertimento può esserci nel creare un’alleanza, se farlo vuol dire chiudere il proprio libro ed essere costretti a sorbirsi l’avventura del capogruppo, l’unico che continua a leggere? E perché sono i punteggi a decidere chi è il capogruppo, invece della libera scelta? Perché così tanti incantesimi servono a diminuire i punteggi degli altri giocatori nell’eventualità che si decida di combattersi a vicenda, se essere un gruppo numeroso è l’unico modo per finire l’avventura in modo positivo?
L’unica ragione che mi viene in mente per voler leggere Partita a Quattro è appunto il voler leggere una storiella scritta con uno stile troppo compiaciuto di se stesso per suscitare interesse. Come avventura in singolo non vale niente perché non la si può finire; per affrontare con un amico un’avventura breve dal regolamento chiaro si può tranquillamente rivolgersi a Faccia a faccia (curiosamente, ci sono diversi momenti in cui lo stile e gli avvenimenti di Partita a Quattro ricordano molto da vicino La valle dei sogni). Per affossare completamente il valore della serie, l’originale francese annoverava otto libri; gli altri quattro erano ambientati cinquant’anni dopo gli eventi dei primi, erano avventure in singolo ma offrivano la possibilità di interpretare anche due, tre o quattro personaggi al tempo stesso. Sarebbe stato meglio pubblicare questi, o per lo meno anche questi, ma non è accaduto e così la versione italiana di Partita a Quattro è solo un’irritante perdita di tempo.
Titolo originale: Defìs et Sortilèges Autori: Gildas Sagot e Bruno Giraudon Copertine: Christian Broutin
La serie Partita a Quattro si può classificare in vari modi, ma solo uno è destinato a mettere tutti d’accordo: è qualcosa di molto particolare e senza eguali nella collana E.Elle. Si tratta di un prodotto francese che non ha nulla a che vedere con Blood Sword o Faccia a Faccia, all’infuori della possibilità di giocare in più persone; l’impostazione è completamente diversa e per certi versi spiazzante, visto che i punti in comune con altri regolamenti sono pari a zero.
L’originale Defìs et Sortilèges comprende otto volumi. I librogame inediti hanno la predisposizione per più giocatori alla maniera di Blood Sword, mentre quelli disponibili sono quattro avventure ambientate nello stesso mondo e che si svolgono in contemporanea. Il nome della serie italiana indica che l’editore ha deciso di pubblicare solo questi, a conferma della tendenza ad assimilare tutte le novità del mercato, puntando più sull’originalità che sulla qualità delle proposte.
I librogame di Partita a Quattro portano i nomi dei rispettivi protagonisti: Caithness l’Elementalista, Keldrilh il Menestrello, Pereim il Cavaliere e Kandjar il Mago. Questi avventurieri giungono da terre lontane nel Mondo di Dorgan, una regione poco civilizzata che in passato è stata teatro di un’epica battaglia tra Bene e Male. I quattro hanno lasciato la loro patria per scopi diversi, ma la sorte intende porre nelle loro mani il destino di Dorgan. Forze antiche e maligne sono ritornate e minacciano la pace e la libertà dei popoli; come si comporteranno gli eroi davanti ad una simile sfida? La accoglieranno per loro gloria personale, stringeranno un’alleanza contro il nemico, oppure cederanno alle lusinghe del male e si faranno strumento di un odio atavico ed immortale?
Il regolamento prevede un numero di giocatori da uno a quattro, ciascuno con il proprio librogame ed un personaggio diverso, dotato di abilità peculiari e di un background personalizzato. Ciascuno di loro, a turno, si può spostare sulla mappa del Mondo di Dorgan riportata nelle prime pagine; su di essa si notano vari luoghi, contraddistinti da nomi ben precisi e collegati da percorsi. I giocatori possono scegliere se esplorare o meno il luogo in cui si trovano, recandosi al paragrafo indicato nell’Elenco dei Luoghi, quindi devono seguire le indicazioni del testo. Le esplorazioni comportano pericoli, imboscate od incontri, gestiti in tre modi diversi: l'alternativa tra due paragrafi, il combattimento e la cosiddetta Scelta del Libro del Potere.
Il Combattimento può essere Semplice o Avanzato. Nel primo caso si tira un numero di dadi prefissato e si aggiunge il totale al Danno ricevuto. Se non supera la Vitalità del personaggio, questi sopravvive allo scontro. Nel Combattimento Avanzato viene utilizzato l’intero sistema di gioco, dove rientrano l’Iniziativa che determina l’ordine di azione, la Combattività, sotto la quale bisogna tirare per colpire, e la Magia, che equivale alla Combattività per il lancio degli incantesimi. In Partita a Quattro si adoperano tre dadi e bisogna ottenere un punteggio inferiore alla caratteristica di controllo; per la Magia bisogna aggiungere al tiro anche il livello dell’incantesimo che si vuole lanciare (più alto è, più difficile è la riuscita).
Il sistema non brilla certo per equilibrio e bilanciamento, infatti la maggioranza dei personaggi non è in grado di lanciare gli incantesimi o di combattere efficacemente fin dall’inizio del gioco. Per diventare forti a sufficienza ed affrontare le sfide decisive, in particolare il micidiale boss di fine avventura, i personaggi devono accrescere il proprio Potere. Questo si ottiene visitando i luoghi meno pericolosi, per fare esperienza ed acquisire pochi ma importantissimi oggetti magici.
Eccetto Ser Pereim, le cui abilità crescono solo con il numero di punti di Potere, gli altri personaggi ottengono incantesimi addizionali in base alle scelte operate. Una Scelta del Libro del Potere si traduce nell’assumere in una determinata situazione uno dei seguenti atteggiamenti: Amichevole, Scaltro, Prudente o Aggressivo. Ogni scelta va catalogata sulla Scheda del Personaggio, perché optare spesso per un certo atteggiamento permette di ottenere in anticipo alcuni sortilegi piuttosto che altri. Caithness, Keldrilh e Kandjar devono perciò programmare il loro gioco, ponendosi alcuni obiettivi e cercando di incrementare di conseguenza il Potere. Non è così semplice, perché in certe situazioni l’atteggiamento preferenziale potrebbe risultare inadeguato, aprendo la strada al combattimento o alla morte istantanea (non c’è grossa differenza tra i due per buona parte del gioco).
L’idea è eccellente ma lo sviluppo non è dei migliori. L’esplorazione dei luoghi è un po’ troppo lineare ed avrebbe potuto essere arricchita, ad esempio con più scelte multiple indipendenti dal Libro del Potere, con un numero maggiore di oggetti da trovare e qualche avversario abbordabile. Invece gli autori hanno reso il combattimento una trappola mortale, dalla quale ci si può salvare solo se il personaggio è quasi al massimo della progressione consentita. Le aree finali del gioco sono protette da controlli sul Potere, ma non si capisce perché siano state previste severe punizioni per chi sceglie di esplorarle prima del tempo. Con un personaggio menomato non si può vincere e tanto vale ricominciare da capo.
La versione multi-giocatore somiglia più ad un gioco da tavolo che ad un librogame. Il primo che mi viene in mente è Talisman, con la differenza che qui si può anche collaborare. I partecipanti si muovono a turno, spostandosi sulla mappa ed effettuando le esplorazioni come nel gioco in solitario. Certi paragrafi vanno letti ad alta voce, altri sono destinati al singolo giocatore che li legge per conto suo (mentre gli altri guardano nel vuoto, in religioso silenzio...). Se ci si trova in due nello stesso luogo si può scegliere di unire le forze e proseguire insieme, di scambiarsi gli oggetti, oppure di combattersi. Nel primo caso le regole prevedono che il personaggio con il maggior punteggio di Aura diventi il leader (capogioco), anche se costui può rifiutarsi e lasciar spazio ad altri (ma non ha motivo di farlo). Gli alleati sono obbligati a chiudere il proprio libro e a giocare l’avventura del capogioco, che ha sempre l’ultima parola sulle scelte e può distribuire a suo piacimento gli oggetti trovati. Le alleanze dovrebbero nascere tra i giocatori più deboli per contrastare un giocatore più forte, sebbene questo sia in contrasto con la trama che vorrebbe gli eroi alleati per il bene comune. Tuttavia, il giocatore più potente potrebbe votarsi al Male e allora è compito degli altri fermarlo prima che attui i suoi piani.
Risulta evidente che Partita a Quattro è pensata per più giocatori, magari già familiari con il Mondo di Dorgan e che hanno già studiato una tattica. Purtroppo traspare anche l’inadeguatezza di alcune strutture, che non trovano la giusta collocazione nel formato librogame. Di solito ci si aspetta che sia il testo ad offrire l’interattività ai giocatori, non un regolamento peraltro impreciso e con dei paletti molto rigidi. A tratti si ha la sensazione che manchi qualcosa, che le scene debbano essere riempite da una componente ludica esterna al librogame, tuttavia non esiste nulla di simile. Nonostante sia afflitto da diversi problemi il sistema funziona, ma persiste l’impressione che gioco e lettura non abbiano trovato la giusta unione. Per questo motivo la serie si deve classificare tra gli esperimenti non riusciti, sebbene possieda qualche tratto geniale, degno di essere recuperato e sfruttato al meglio in altra sede.
La serie è costituita dai seguenti titoli:
1) Caithness l’Elementalista 2) Keldrilh il Menestrello 3) Pereim il Cavaliere 4) Kandjar il Mago