| Categoria: Librogame E.L. - Singoli Libri Blood Sword
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Titolo: 04 - Viaggio all'Inferno | Valutazione: 9.25 Letture:3645 | Dave Morris e Oliver Johnson | Blood Sword, la magica Spada della Vita, ti è stata sottratta da Icon l’Empio, il quale l’ha portata con sé nell’infernale mondo di Sheol. Non ti resta che affrontare il viaggio nell’aldilà, quello stesso viaggio compiuto in tempi ormai lontani dall’astuto Ulisse. Inizia così un’avventura straordinaria, in uno scenario da incubo popolato da personaggi destinati a giocare dei ruoli inaspettati nella tua vicenda: se vuoi portare a termine la missione, devi toccare le profondità dell’abisso... |
Valutazione media:
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(1)
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(10)
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Data pubblicazione 26/2/2007
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Inviata da: CarlosIII il 20/5/2007 |
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Valutazione generale:
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9
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Al termine dell'avventura precedente,siete riusciti a ricomporre un oggetto sacro incredibile:Blood Sword.Tutti contenti,vorreste accingervi a concludere la missione,quando il vostro vecchio nemico,lo stregone Icon L'empio,vi sfida.Voi lo battete,e lo scaraventate anche nel limbo(tramite un portale),ma lui si riesce a portare la mitica spada dietro con sè,lasciandovi basiti. In questo numero,dovrete dunque recarvi in una zona dell'inferno,lo Sheol(il limbo in senso Dantesco),riprendervi la spada e tornare nel mondo dei vivi.Non è una cosa facile;il solo che possa farvi fare un simile viaggio andata-E-ritorno è uno stregone eremita chiamato Enthasius,che vive nel mezzo di un arcipelago(simile al mar Egeo,dove potete incontrare persino la maga Circe).Qui segnalo una piccola pecca:se non avete completato avventure precedenti a questa,alcuni personaggi(appena creati)si ritroverebbero con poco denaro,insufficienti ad imbarcarsi per il viaggio,fallendo automaticamente l'impresa(alcune classi si cavano lo stesso dai guai). Afrronterete altri emissari dei "veri maghi"(entità astrali a voi ostili),i quali cercheranno di uccidervi in altro mare;non mancano elementi della mitologia greca classica;anzi,si ha un pò l'impressione,nella parte iniziale,di vivere una piccola odissea,come Ulisse. Questo Enthasius,dopo un certo accordo che farete con lui,vi manderà in uno stato di morte apparente che vi permetterà di andare nell'altro mondo,ma solo per il tempo necessario. Il viaggio verso lo Sheol viene reso possibile da Anubi(dio Egizio),facendovi fare una traversata infernale;appena arrivati,riceverete un caldo benvenuta da parte di esseri poco ospitali;dovrete indi percorrere l'intero,minaccioso,e vasto limbo incrociando entità mitiche,prese in prestito da varie culture(come di consueto):giganti e guerrieri vichinghi,caronte,demoni che si occupano delle anime dei peccatori,non morti,gorgoni eccetera.Potreste incappare in personaggi incrociati in volumi precedenti(solo se morti),sia amici che nemici,pertanto esiste un certo legame tra numeri diversi della serie,in base alle azioni fatte. Il percorso prevede l'attraversamento di due fiumi infernali,il Lete e lo Stige,e una distesa dove affronterete i brutti ricordi della vita passata.L'atmosfera è sempre cupa,il sole non esiste,e si percepisce magicamente un senso di oppressione ed incombenza,in tutta la durata dell'avventura. Anche la luce è fioca e fredda,e molte anime vagabonde possono dialogare con voi,un ottimo punto a favore dell'interattività. Alla fine incontrerete un maestoso arcangelo della tradizione islamica(Azrael),e dopo affronterete un ultimno avversario.Il successivo recupero della spada vi permetterà di lasciare il Limbo. La trama è complessa e abbastanza profonda,non superficiale;la longevità molto soddisfacente,così come l'aspetto grafico;molto curati i numerosi combattimenti,che saranno la gioia di chiunque apprezzi questo tipo di regolamento. Ottimo il parallelismo con eroi dell'antichità che visitarono il regno dei morti per poi tornare tra i vivi.
Ambientazione: 9 Stile: 8 Bilanciamento: 8 Interattività: 8.5 Aspetto grafico: 8
Voto complessivo: 8.5 Difficoltà: Media
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Inviata da: Gurgaz il 2/1/2008 |
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Valutazione generale:
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9
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Titolo originale: Doomwalk Autori: Dave Morris e Oliver Johnson Anno: 1988 Illustrazioni: Russ Nicholson Mappe: Geoff Wingate Copertina: Russ Nicholson Traduzione italiana: Angela Izzo (1992)
Icon l’Empio ha giocato proprio un brutto scherzo al termine de L’Artiglio del Demone, rubando la leggendaria Blood Sword appena assemblata e portandola con sé nello Sheol, il Regno della Morte che si sperava avesse risucchiato per sempre il mefistofelico principe Sugensiki. La malvagità di Icon condanna il gruppo a ripercorrere le orme di Ulisse, l’eroe omerico che Morris e Johnson hanno collocato tra le leggende (vere) del mondo di Blood Sword.
Su consiglio di Fatima, i protagonisti si imbarcano su una nave che da Crescentium li porta nel Mar delle Nebbie, in cerca dell’isola del saggio Entasius. Questa prima parte del librogame offre diverse opzioni e percorsi alternativi, alcuni più convenienti di altri, e consente di ritrovare alcuni personaggi de L’Artiglio del Demone. Una volta incontrato il vecchio ed udita la triste storia del suo imperituro amore per la defunta Cordelia, gli avventurieri non possono far altro che accettare le sue condizioni: visitare lo Sheol e riportare alla vita Cordelia, costi quel che costi.
Questo è l’ultimo dei problemi, perché negli inferi ci attende un lungo viaggio a piedi tra pericoli inenarrabili e possenti guardiani. È il Doomwalk del titolo originale, sebbene la versione italiana non sia errata e ponga l’accento sul fatto che lo Sheol è ispirato alla mitologia greca (che è alla base della visione medievale dell’Inferno), con qualche strano innesto di altre culture. A fianco degli eroi cammina un individuo ciarliero e saccente, chiamato il Viaggiatore, il quale solitamente dà buoni consigli ma sembra nascondere qualcosa. Una volta raggiunta la nostra meta, ossia il trono di Azrael, l’Angelo della Morte, scopriremo dove si trova Blood Sword e come ritornare nel mondo dei vivi, restituendo Cordelia ad Entasius.
Sebbene il librogame nasca dall’abuso delle fonti di ispirazione più disparate e sia povero di contenuti originali, il risultato è efficace e convincente, perché da una confusa congerie di miti e leggende è stato tratto un insieme coeso. L’atmosfera plumbea e surreale dello Sheol è resa alla perfezione, così come è azzeccato l’inserimento di uno spirito guida nel Regno della Morte, una scelta che attesta la conoscenza della Divina Commedia da parte degli autori.
Per quanto vi siano parti che mi piacciono poco, come l’inaccettabile intermezzo nell’isola di Circe, non vi sono cadute di tono a livello di gioco e narrazione. È ancora disponibile un ampio ventaglio di possibilità per risolvere le situazioni nella prima parte dell’avventura, mentre nello Sheol le cose si fanno complicate. È indispensabile buttarsi a testa bassa in un combattimento difficile, che al 90% delle probabilità si porterà via un personaggio, altrimenti sono tagliati fuori due luoghi vitali per il prosieguo dell’avventura, a meno che DUE libri prima non si abbia acquistato il corvo Screebo. Verso la fine, infatti, la strada si restringe e compaiono i checkpoint, magistralmente gestiti con le Parole in Codice. In pratica Viaggio all’Inferno è un ibrido tra i volumi 2 e 3 della serie: possiede una sezione aperta a percorsi multipli come L’Artiglio del Demone, mentre ha una parte più selettiva, fatta di prove da superare, alla maniera de Il Regno di Wyrd.
A tale struttura si unisce un bilanciamento accettabile della difficoltà (a parte il sopraccitato combattimento e lo scontro “impossibile” contro Angvar, un classico presente in ogni volume) ed una serie di ottime tavole di Russ Nicholson, nella quale manca soltanto una degna rappresentazione di Azrael. Forse il quarto volume è il più equilibrato nello sfruttare il regolamento, senza dimenticarsi di stupire per bellezza e forza del racconto, ma la rigidità del percorso all’interno dello Sheol lo rende meno appetibile dei due illustri predecessori. Un ottimo librogame, ricco di atmosfera e ben organizzato, che ripropone il true path ma non lo gestisce alla perfezione.
Ambientazione: 9 Stile di scrittura: 10 Bilanciamento: 6 Interattività: 9 Aspetto grafico: 9
Voto complessivo: 9 Difficoltà: alta
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Inviata da: EGO il 11/3/2009 |
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Valutazione generale:
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9
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Uscito sconfitto dallo scontro del volume precedente, Utayama-no-Sugensiki Aiken è riuscito a vendicarsi portandosi via Blood Sword nel peggiore dei luoghi: Sheol, il regno dei morti! Il recupero sembra impossibile, ma la maga Fatima ci informa dell’esistenza di un uomo in grado di mandarci nell’aldilà in un viaggio con possibilità di ritorno: si tratta del vecchissimo Entasius, sopravvissuto nei secoli grazie all’ossessione di poter un giorno far resuscitare la sua amata Cordelia. Entasius ci propone un patto: ci invierà nel Sheol, magicamente sospesi tra la vita e la morte, a condizione che a missione compiuta riportiamo indietro anche Cordelia. Non c’è scelta, perciò il viaggio fatale, il Doomwalk, ha inizio…
Dalle Mille e Una Notte del terzo volume, Blood Sword passa ora ad attingere dalle mitologie antiche che hanno elaborato le più complete visioni dell’aldilà. Sheol è un nome ebraico, ma l’aspetto del luogo è di ispirazione prevalentemente greca, e indubbiamente questa discesa all’inferno ricorda moltissimo quelle di Orfeo e Odisseo (e perché no, di un tale Alteo). Ci sono i fiumi Lete, Stige e Acheronte, c’è l’indovino Tiresia e il traghettatore infernale, e prima ancora di raggiungere Entasius possiamo perfino incappare in Circe, in una parentesi discretamente complicata e piuttosto d’effetto. Ma Dave Morris è anche un conoscitore della Divina Commedia, e proprio dall’opera dantesca viene l’idea più distintiva dell’avventura: gli Avventurieri verranno guidati, nella loro impresa, da un misterioso Viaggiatore dotato di una profonda conoscenza dell’oltretomba e dei suoi abitanti, un personaggio che ha molto del Virgilio - a parte l’atteggiamento, costantemente sprezzante e impietoso. Con lui i nostri eroi instaurano infiniti battibecchi che fanno emergere del tutto il filone religioso soggiacente a Blood Sword, di matrice nettamente cristiana, seppur riarrangiata in salsa fantasy. Mi è piaciuta molto l’ironia delle due colline chiamate “le poppe di El” (nonostante l’errore di attribuzione), e il personaggio più affascinante della storia è senza dubbio Azrael, il fantastico angelo della morte purtroppo rimasto senza raffigurazione (forse per rimanere coerenti con il background: può essere che i fedeli della Vera Fede siano iconoclasti!...). Sheol è comunque l’”inferno di tutti”, in quanto racchiude anche personaggi e divinità della tradizione nordica (il salone degli eroi) e orientale. Trovo che su quest’ultimo aspetto si sia forse calcata la mano in modo un po’ al limite del pacchiano (forse per ispirazione di Jamie Thompson, autore di librogame su ninja e samurai e coautore di Blood Sword 5?): arrivare addirittura a usare la numerazione giapponese per un gruppo di cinque avversari mi sembra una cosa un po’ di cattivo gusto.
Superati gli eccessi dell’Artiglio del Demone, volume solidissimo ma anche molto sperimentale, Viaggio all’Inferno ritrova la struttura lineare del Regno di Wyrd. A parte un paio di bivi effettivi, come quello iniziale in cui bisogna scegliere con quale nave raggiungere Entasius, il percorso è praticamente a senso unico, con aree opzionali dedicate a chi ha voglia di esplorare e ha i mezzi per farlo. Ciò che però manca a questo volume, e che invece sarebbe stato auspicabile, è un pizzico di elasticità nella stesura del true path, che da ideale diventa effettivo, a causa di quelli che secondo me sono anche degli errori nella pianificazione del gioco. Non vedo alcun modo, per un gruppo di più Avventurieri, di evitare la sfida con Typhon, avversario fattibile ma ostico: il percorso che si apre battendolo nasconde troppe cose utili, perfino essenziali. Aggirando Typhon, l’unico modo per superare tutti indenni la grande pianura è avere il corvo Screebo trovato a Wyrd; ma per conservare Screebo bisogna evitare il salone di Angvar e quindi essere costretti ad affrontare Garm con le armi, oltre ad avere delle grosse difficoltà con Lei Kung. La sola alternativa possibile a Typhon è avere un Saggio solitario; un Guerriero o un Ladro da soli non potrebbero mai finire quest’avventura se non sconfiggendo Typhon, e purtroppo potrebbero ritrovarsi a scoprirlo solo dopo aver fatto molta strada. Questo scompiglio mi induce a pensare che gli autori non abbiano pianificato con la dovuta cura il percorso, perché se fosse stato fatto apposta sarebbe diabolico, oltreché contrario allo spirito dimostrato da Blood Sword nei due precedenti volumi.
Superato l’ostacolo di cui sopra, Viaggio all’Inferno è un librogame piuttosto facile. I combattimenti obbligatori sono pochissimi e perfettamente abbordabili, cadere in una trappola è impossibile se si dà sempre retta all’onnisciente Viaggiatore; intere locazioni scorrono via senza che accada nulla di pericoloso o anche solo di interattivo (la Foresta di Ferro), e alcune scelte vengono presentate in modo troppo ingenuo perché un giocatore possa commettere un errore (il momento in cui ci viene chiesto di esprimere alcuni dubbi su quanto accaduto durante il viaggio, soprattutto). La vera difficoltà sta nello scoprire qual è l’oggetto giusto da usare, e in che momento usarlo: è facile commettere un errore su questo versante, e sicuramente se qualcuno perde la partita è perché ha sbagliato in questo.
La conclusione è che Viaggio all’Inferno è un episodio di Blood Sword meno bello, meno perfetto confronto ai sensazionali due che lo precedono, e a certi occhi questo rischia di sminuire la sua comunque altissima qualità. In realtà, infatti, la coerenza con cui ogni segmento del gioco si concatena agli altri è degna di un manuale, e l’opera fa pensare ad uno Steve Jackson un po’ “annacquato”, accoppiato ad un racconto di prima scelta. La quarta avventura di Blood Sword, pur cambiando completamente registro rispetto al predecessore, sa coinvolgere e stupire al punto che alcune “pause” dal gioco sono ben accolte piuttosto che sgradite; ciò che esce da questo calderone di miti speziati con un pizzico di fantasy è una storia fantastica, la cui parte finale è forse la miglior conclusione vista in un volume di questa serie. È impossibile scrollarsi di dosso l’impressione che a Viaggio all’Inferno manchi qualcosa, però il risultato finale è ancora un librogame eccezionale.
ERRATA CORRIGE 72: è l’unica occasione in cui i pezzi d’oro vengono definiti “corone”. Un errore degli autori, o un’espressione dialettale del nostro interlocutore? 111: curiosamente, nell’edizione inglese la mappa del Sheol è stata scambiata di posto con quella dell’oceano e della costa di Crescentium. 127: l’isola di Entasius è a nord e a ovest. 135: ed ecco che la “scatola dorata di Snuff” recupera un nome più appropriato (anche se “scatola di tabacco” è sempre un'espressione un po' dubbia). 189: a parte due errori di stampa nell’edizione inglese, in italiano il dialogo non è molto chiaro. In sostanza, il marinaio dice che forse lui non è degno di conoscere i segreti del capitano, al che il giocatore risponde: “Indubbiamente non lo sei!”. 243: l’unicorno è una bestia elica, non “degli Elfin”. La resa di oni con “fate” non è fedelissima al vero significato della parola, che ha una connotazione più demoniaca, come ben dimostra l’evento narrato in questo paragrafo. 515: qui la traduttrice ha preso fischi per fiaschi. La divinità femminile a cui si riferisce il Viaggiatore è Hel, dea degli Inferi della mitologia norrena, mentre El è il termine semitico con cui si indica il Dio ebraico. - Altrove nel libro, viene usato il nome Thetis che in genere in italiano viene reso con Teti o Tetide.
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Inviata da: Entasius il 26/6/2010 |
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Valutazione generale:
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10
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Mi dispiace, amici, ma qui devo dissentire. Si tratterà, naturalmente, soltanto di una mia opinione, ma sento l’urgenza di esprimerla. Mi spiego. Ho letto con piacere tutte le altre recensioni della serie di Bloodsword, ma, arrivato qui al quarto capitolo, mi sono reso conto che non gli si rende del tutto giustizia. Ho conosciuto Viaggio all'Inferno non uno, né due, ma quindici anni fa. Allora ero un ragazzino, e non avevo letto ancora niente di importante (o comunque molto poco). Ebbene, mi capitò per caso tra le mani questo libro (prestatomi, credo, da qualche amico più esperto di me). Fin dalla prima lettura, rimasi abbagliato. Sentivo di immergermi in un mondo alternativo che non mi dava pace: stimolava la mia fantasia ma al tempo stesso la frustrava, perché mi apriva degli spazi che un solo libro non poteva contenere. Le atmosfere, innanzitutto, erano quasi palpabili. A cominciare dalla vita pullulante del porto di Crescentium, con gli sguardi biechi degli sfaccendati, la nenia incessante dei pellegrini, i richiami dei mercanti e le canzoni dei marinai, fino all'aria irrespirabile all'interno delle navi, dove i viaggiatori venivano assiepati da comandanti senza scrupoli: tutto questo si realizzava con chiarezza nella mia immaginazione. La distesa immobile del mare intorno all'isola di Circe; il gelo della caverna di Entasius; il cielo eternamente plumbeo del Regno dei Morti; gli sguardi inespressivi nel villaggio dei dannati; i passi che rimbombano nel palazzo di Angvar (questo gigantesco Odino): tutto ciò è indimenticabile. Senza contare poi la bellissima sezione finale, con il Lete e la donna che attende sul ponte, la foresta di notte e la camminata faticosa nel deserto del delirio, prima della sfida finale. Avevo veramente la sensazione di viaggiare in quella strana dimensione, in quel mosaico di invenzioni e citazioni, fitto di rimandi alla letteratura ed ai miti di ogni tempo, di ogni latitudine. Quei miti, quelle figure straordinarie mi sono rimaste incollate addosso, e negli anni a seguire non ho potuto fare a meno di cercarli e di conoscerli, ognuno nella sua specificità. Ma, quanto più li ho conosciuti, tanto più ho apprezzato questa sorta di collage, come un'operazione veramente notevole e riuscita di fusione e interazione di apporti così eterogenei. Ma la vera forza del libro è nella storia. La trama si sviluppa compatta, pur allargandosi in tanti rivoli secondari. I nostri autori non si sono accontentati di un racconto già di per sé abbastanza complesso, ma hanno fatto di più. La storia di Entasius, che fa un po' da cornice all'intero episodio, è quanto di più delicato e poetico si possa immaginare. Il sogno irrealizzabile di riportare indietro il tempo, richiamando in vita la fanciulla amata (una sorta di Euridice cent'anni dopo, noi diremo), detterà la condizione del viaggio: una missione questa che si unisce e che si sovrappone alla quest principale, in un tutt'uno. Il viaggio stesso, poi, è presentato e descritto come una sorta di regressione nel profondo: non sono soltanto i viaggi di Ulisse o di Enea, di Ercole o di Dante, ma anche quelli che ognuno di noi compie ogni giorno, attraverso le proprie paure e i ricordi reconditi. Leggendo si entra in una sorta di grande allegoria, dove, alla fine, si riflette sulla vita e sulla morte, attraverso le loro infinite rappresentazioni. L'immagine finale, poi, con le ali dell'arcangelo Azrael (estrapolato stavolta dalla cultura islamica), è pura letteratura, e vale davvero la pena di arrivarci. Che aggiungere ancora? Come si vede, ho trascurato volutamente l'aspetto del gioco, anche perché non ho nulla da aggiungere a quanto evidenziato nelle altre recensioni. Ho voluto sottolineare i pregi soprattutto letterari del libro, la sua complessità e la sua bellezza, che non hanno nulla da invidiare agli altri capolavori degli episodi precedenti. Concludo dicendo che allora, dopo la prima lettura, non mi sono fermato: e così ce n'è stata una seconda, e una terza, e una quarta. Nel frattempo qualche altro libro l'ho letto. E sapete una cosa? Per lo meno nel genere fantasy, raramente ho provato le stesse emozioni. Questo non tanto perché Viaggio all'Inferno è stata la storia più bella che ho letto. Assolutamente. Ma gli spunti contenuti nel libro sono così tanti, che leggendolo ho avuto l’impressione di iniziarne molti altri, tutti ugualmente bellissimi: e non li ho ancora finiti.
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