| Categoria: Librogame E.L. - Singoli Libri Dimensione Avventura
|
Titolo: 10 - La Creatura del Male | Valutazione: 9.00 Letture:7817 | Steve Jackson | Una creature si aggira negli spaventosi sotterranei di un luogo misterioso, un essere di forza incredibile e istinti bestiali. Quell’essere sei tu! A poco a poco riuscirai a controllare i tuoi istinti, a far uso della ragione e a comprendere così le vicende e la magia che ti hanno creato. Sarà proprio con questa potente magia che – alla fine di una missione difficilissima proprio perché misteriosa, irta di pericoli, prove e indovinelli irrisolvibili – ti dovrai confrontare. |
Valutazione media:
|
(1)
|
|
(10)
| |
Data pubblicazione 26/2/2007
|
|
Inviata da: EGO il 11/11/2007 |
|
|
|
|
Valutazione generale:
| |
9
|
|
La creatura del male è un libro di interesse storico: si tratta infatti dell’ultimo librogame scritto da Steve Jackson, vero padre fondatore del genere. Come si conviene ad un grande protagonista, Jackson non ha lasciato l’attività con un lavoro fiacco e affrettato, ma ha invece deciso di tenere in serbo per il gran finale la sua opera più ambiziosa e impegnativa. Possiamo tranquillamente definire La creatura del male il capolavoro di Steve; eppure, paradossalmente, forse non si tratta della sua fatica migliore. Seguitemi e vi spiegherò che cosa intendo dire.
Il primo, e forse più significativo, elemento del libro che salta all’occhio è la sua qualità narrativa, immediatamente rappresentata da un lungo prologo che offre un formidabile spaccato del territorio di Allansia. Attraverso una serie di leggende magistralmente raccontate veniamo a conoscenza di informazioni interessantissime sui luoghi e i protagonisti dell’avventura, e allo stesso tempo vediamo degli accenni a due dei personaggi più significativi della carriera di Steve: Zagor (lo Stregone della Montagna Infuocata) e Balthus Dire, a cui si affianca un nuovo formidabile stregone. Finita l’introduzione comincia il viaggio, un’epopea raccontata attraverso gli occhi del protagonista come mai era stato fatto prima. Il nostro personaggio è un essere mostruoso, che riprende conoscenza in un complesso sotterraneo senza sapere chi sia, né che cosa debba fare. Non comprende il linguaggio corrente, e le sue prime scelte sono dettate dall’istinto, incarnato dal lancio del dado. Nelle sue peregrinazioni la bestia compie uno straordinario percorso di crescita, con la progressiva acquisizione delle capacità che gli servono per affrontare l’ambiente che lo circonda. Solo leggendo è possibile capire la bravura e la delicatezza con cui tutto questo viene descritto; grazie a questa geniale trovata, l’immersione del lettore nella storia e la sua immedesimazione nel personaggio sono totali. Si ha davvero la sensazione di conquistarsi, passo dopo passo, l’autonomia di un essere senziente, il potere decisionale che spetta a una creatura matura ed evoluta, un Pinocchio che da burattino ingenuo diventa uomo. In ogni pagina sembra sbocciare quello stile che Jackson finora sembrava essere incapace di esprimere: i paragrafi sono lunghi, le descrizioni accurate, i dialoghi vivaci e concreti.
Per quanto concerne la struttura di gioco, La creatura del male è praticamente la summa dell’opera di Jackson, un riassunto di tutto ciò che in Sortilegio ha avuto bisogno di quattro enormi volumi per esprimersi. Lo scopo del gioco è trovare la strada giusta: ne esiste una, una sola, una soltanto, e da quella non si può uscire di un solo paragrafo, pena un fallimento che presto o tardi non mancherà di piombarci sul capo. Visto nell’ottica di un periodo in cui usciva un librogame nuovo ogni due o tre mesi, La creatura del male è veramente il prodotto perfetto per occupare l’attesa: se davvero si ha il coraggio di ricominciarlo da capo ogni volta che si perde, potrebbe benissimo volerci un mese per arrivare alla fine, e forse anche di più (c’è gente che non l’ha finito in vent’anni). La quantità di false strade, di vicoli ciechi, di percorsi che sembrano andare in una direzione e poi si ricongiungono ad un’altra già seguita in precedenza, ha del micidiale. E l’ironia del tutto è che, a discapito della conquista della libertà da parte della creatura del titolo, il giocatore non ha davvero nessuna libertà di movimento. Non puoi sbagliare un paragrafo, non puoi tornare indietro se ti sei perso un oggetto o un indizio. Puoi andare avanti, ma ti ritroverai fregato. Puoi credere di aver fatto una scelta indipendente, ma sei alla mercè dello script più implacabile che il librogame abbia mai offerto. E’ un lungo, crudele gioco di esclusione, di tentativi ed errori alla ricerca di quell’unico svincolo che ti porterà un passo più vicino alla vittoria, ma anche verso un altro labirinto di false piste da cui verrai fuori solo dopo chissà quante altre partite. E, sfortunatamente, il peso assunto dalla Fortuna nel determinare l’esito degli eventi è assolutamente cruciale: tanto vale non iniziare il gioco se non si ha Fortuna 12, perché fallire un tiro significa morire.
Ho criticato La casa infernale per motivi del tutto analoghi, ma tra i due libri esiste una differenza molto importante. Se nella Casa i percorsi senza uscita erano dei meri riempitivi, nella Creatura del male ogni singolo paragrafo ha un ruolo nell’economia della storia. Poco importa che raggiungere un certo luogo equivalga ad aver perso, perché in ogni caso quel luogo, la sua descrizione, i suoi personaggi, gli eventi che vi accadono, si ricollegano tutti in qualche modo alle leggende che fanno da sfondo all’avventura, e questa volta vale davvero la pena di andare dappertutto, anche a costo di ricominciare tutto per la cinquantesima volta, fosse solo per il gusto di vedere che cosa succederà. E forse, chissà, Steve ha organizzato tutto in modo così rigido proprio perché il lettore esasperato potesse ogni volta ricevere un contentino per le sue frustrazioni, perché scoprisse ogni retroscena prima di arrivare alla fantastica, sudatissima, e meritatissima conclusione della storia. C’è infatti forse solo un altro librogame in cui craccare un codice, sciogliere un enigma, trovare la giusta soluzione di fronte al giusto stimolo è così soddisfacente, e guarda caso quel librogame è sempre opera di Steve Jackson: è La Corona dei Re. A confronto della Creatura del male, il quarto volume di Sortilegio è sicuramente più malleabile dal punto di vista strutturale, in quanto offre diverse possibilità di superare gli ostacoli che propone; ma, d’altro canto, esso non possiede la coerenza, lo stile, il fascino dell’avventura di un ignoto mostro alla ricerca della propria identità e del proprio destino. La Corona dei Re è “solo” un grande dungeon pieno di creature e trappole assortite, mentre La creatura del male è una storia vissuta e portata avanti in prima persona. Entrambi sono due enigmi la cui risoluzione richiede un livello di attenzione e di riflessione che nessun’altra opera del genere ha mai preteso, e di rimando regala autentica gratificazione. Giungendo alla conclusione de La creatura del male si ha davvero la sensazione di aver compiuto un’impresa, benché non ci sia stato in realtà nessun evento degno degli onori della cronaca. E’ una vittoria fatta di piccoli passi, eppure, proprio per questo, è ancor più grandiosa.
A coronamento di un prodotto tanto straordinario possiamo poi annoverare innanzitutto una traduzione di buon livello, perfino coraggiosa sotto certi aspetti, visto che Mariangela Bruna ha voluto osare una localizzazione tout court, modificando tutti i nomi modificabili per dare vita ad un’autentica “versione italiana”, che pur non rispettando granché il continuum della serie, funziona e va applaudita. Ci sono poi tanti, tanti disegni di Alan Langford, interprete sempre molto abile delle atmosfere di Dimensione Avventura e qui autore di diverse tavole di grande impatto, anche se personalmente credo che il livello di bravura e di adeguatezza al testo raggiunti in Missione per un samurai siano imbattuti; forse un altro disegnatore avrebbe trasposto più fedelmente l’immaginario di Jackson, ma non c’è veramente molto di cui lamentarsi. Una curiosità: la creatura raffigurata al paragrafo 170 è la stessa che abbiamo conosciuto ne La Rocca del Male col nome di Artigli d’Acciaio.
Non credo quindi di sbagliare se definisco La creatura del male l’opera definitiva di Steve Jackson. In esso si ritrovano l’architettura, gli enigmi, lo stile, il genio di uno dei più grandi autori di librogame che abbiano mai operato. Molti lo definiscono il miglior Fighting Fantasy in assoluto, e in effetti, relativamente alla serie, potrebbe essere vero. Il motivo per cui non gli attribuisco il massimo dei voti è che, come sempre capita per i libri di Jackson, non è adatto a tutti, anzi più di ogni altro è adatto solo ai pochissimi in grado di perseverare fino alla fine. E’ un’esperienza più sobria e meno spettacolare di altre offerte della stessa collana, e in ultima analisi meno divertente; in quanto a ricchezza, però, non è secondo a nessuno, e alla luce di questo il voto non ha nessuna importanza: per chi ha avuto o avrà la forza di accettare la sfida, è sicuramente un libro indispensabile.
|
Inviata da: Gurgaz il 11/11/2007 |
|
|
|
|
Valutazione generale:
| |
9
|
|
Titolo originale: Creature of Havoc Autore: Steve Jackson Anno: 1986 Illustrazioni: Alan Langford Copertina: Ian Miller Traduzione italiana: Mariangela Bruna (1993)
La Creatura del Male si può serenamente definire il librogame più difficile mai concepito, almeno per quanto riguarda lo spessore degli enigmi proposti e l’individuazione del true path, impenetrabile come pochi. Una veloce sfogliata consente di rilevare un numero impressionante di paragrafi senza uscita, funesti binari morti dove anche il giocatore più accorto e volonteroso sarà costretto a fermarsi, onde studiare un nuovo modo per procedere.
Però questo librogame non è solo un altro terrificante labirinto di paragrafi alla Steve Jackson. C’è anche una storia bellissima con un’impostazione del tutto originale. L’avventura inizia in un sotterraneo buio e pieno di trappole, dove si aggirano avventurieri ed altre creature immonde. Altre creature immonde? Proprio così, visto che il lettore interpreta una grossa bestia affamata, bramosa di gustare la succulenta carne di Hobbit. All’inizio non si conosce nulla del proprio passato e le uniche informazioni che possono guidare chi gioca sono i “Racconti del Passo del Troll”, una serie di leggende e dicerie che prelude all’avventura vera e propria.
Ben presto si finirà con l’impazzire, vagando per sale e corridoi tutti uguali dove strane creature esordiscono con frasi del tipo “Fh litfst badlic bzzpo” senza che si riesca a capire un accidente. Per fortuna, dopo un bel po’ di tentativi si dovrebbe trovare la chiave per decifrare i codici, ma è tutto inutile se non si è recuperato questo e quell’altro oggetto. Come si può immaginare, risolvere gli enigmi ed uscire dai loop mortali dà un’enorme soddisfazione, grazie ad un numero magico sommato o sottratto a tempo debito. I combattimenti, marginali negli altri librogame di Jackson, stavolta sono frequenti ma sempre superabili, grazie all’inaudita potenza della creatura che si controlla. Non solo si riceve solo un punto di danno se si perde uno scontro, invece dei consueti due, ma se si ottiene un numero doppio con i dadi si può spacciare istantaneamente l’avversario! Non temete perciò di rimanere uccisi in combattimento; dovete solo sperare che il paragrafo di vittoria non conduca ad un vicolo cieco!
L’avventura si articola in tre parti: fuga dal sotterraneo, avventure nella regione del Passo del Troll e gran finale a bordo del Galeone dei Cieli. Per quanto si faccia attenzione a non perdere nessun dettaglio, è quasi matematico morire in media ogni 20 paragrafi, perché ad un certo punto non si è presa quella determinata strada. D’altronde, letto il nome in copertina bisogna accettare questa realtà. Meno tollerabile è la presenza di alcuni check decisivi di Fortuna ed Abilità, per cui un lancio scalognato può rovinare improvvisamente l’avventura. Questo non è tipico di Steve Jackson e mi ha disturbato molto. Già si può morire in mille modi: che bisogno c’era di tirare in ballo anche i dadi?
Per il resto, la qualità dei puzzle e lo sfruttamento delle potenzialità offerte dal formato librogame raggiunge vette inimmaginabili. Aggiungi, togli, gira, rigira... quello che l’autore riesce a fare in quest’avventura è eccezionale. La ricchezza degli incontri ed il crescendo di momenti topici fa de La Creatura del Male un piccolo capolavoro di genere, magnificamente illustrato da Alan Langford. L’ambientazione è abbastanza classica ma la creatività di Jackson sa dare nuova linfa perfino alle situazioni più collaudate. Darramouss, le Donne di Dree, Grog il Mezzo Orco e Daga Lingua di Donnola sono solo alcuni degli straordinari personaggi che popolano queste pagine, ricche di momenti divertenti, sorprese inaudite ed infernali trabocchetti.
Consiglio di giocare questo librogame a chi adora Steve Jackson e magari perfino si diverte ad incappare nei suoi micidiali cul de sac. Chi trova frustranti i Sortilegio e le altre opere del suddetto scrittore farebbe meglio a resistere alla curiosità, perché finirebbe per odiare un librogame che, per come è stato realizzato, merita soprattutto elogi. Ciononostante non gli do il massimo dei voti, a causa di quei 3-4 lanci di dado fuori luogo e per l’ossessività con cui l’autore ricorre al Rio Fetido. Ma come si può accettare una morte così demenziale?
Ambientazione: 10 Stile di scrittura: 10 Bilanciamento: 7 Interattività: 10 Aspetto grafico: 8
Voto complessivo: 9 Difficoltà: alta
|
|
|
|