La città di Tak è il ricettacolo dei peggiori avanzi di galera, disperati, ladri e tagliagole, costretti a fuggire dal mondo civilizzato. In questa città ci sono due pirati tristemente famosi per le loro imprese efferate, per la loro spaventosa ferocia, per la smodata sete di denaro. Entrambi aspirano al titolo di Re dei Pirati, ma solo una delirante scommessa, degna di simili furfanti, stabilirà chi è il vincitore.
Titolo originale: Seas of Blood Autore: Andrew Chapman Anno: 1985 Illustrazioni: Bob Harvey Copertina: Rod Matthews Traduzione italiana: Angela Izzo (1990)
Il Covo dei Pirati introduce molteplici novità nella serie Dimensione Avventura: in primo luogo il giocatore non interpreta un avventuriero pieno di buone intenzioni, bensì un infame capitano pirata, disposto a mettere a ferro e fuoco un’intera regione pur di vincere una folle scommessa. Lo scopo del librogame è battere il proprio rivale, Abdul il Temerario, racimolando entro una certa data un bottino maggiore del suo.
Le altre innovazioni sono diretta conseguenza del tipo di ambientazione. Fin dall’inizio si comanda una nave, il Banshee, perciò oltre alle normali caratteristiche del personaggio si possiedono i punteggi di Colpi e Forza dell’equipaggio. Questi sono utilizzati alla stessa maniera di Abilità e Resistenza, ma entrano in gioco nei combattimenti contro altre navi oppure contro gruppi numerosi di avversari (per esempio il presidio di una città costiera). La sfida ha termine dopo 50 giorni e pertanto è predisposta una variabile incrementale (LOG) che tiene conto del tempo trascorso. Il luogo di ritrovo con Abdul deve essere raggiunto prima che il LOG superi il valore 50.
Il librogame lascia grande libertà di iniziativa e non presenta enigmi o colli di bottiglia. Ci sono alcuni ostacoli da evitare, qualche tranello in cui è bene non incappare, ma nel complesso è assai probabile che si riesca a portare la pellaccia in salvo sull’isola di Nippur. Il vero problema è raggranellare un tesoro sufficiente a vincere la scommessa. Io ho provato tutti i percorsi possibili ed immaginabili, ma non sono mai riuscito a guadagnare più di 650 Pezzi d’Oro; purtroppo, per la vittoria ce ne vogliono almeno 800. Temo che l’unico modo per riuscirci sia andare nella città dei giochi (Calah) e vincere tutto il denaro in palio, però ci vuole una fortuna sfacciata, non certo bravura od audacia.
Il Covo dei Pirati è assai piacevole da giocare, denota incontri e situazioni ben assortite e vanta un discreto equilibrio, se si eccettuano un paio di combattimenti che sono delle vere e proprie mazzate. Sono rimasto perplesso dal fatto che nel regolamento non compaia la consueta opzione di utilizzare la Fortuna in combattimento: come si può sopravvivere, se la maggioranza dei combattimenti singoli avviene contro avversari con Abilità da 9 in su? È naturale che c’è qualcosa che non torna.
Lo stile di scrittura è asciutto ed essenziale, ma tutto sommato svolge bene il suo compito, così come le immagini di Bob Harvey. Questo mondo di pirati, contaminato da massicci contributi fantasy (umanoidi, magia ed atmosfere leggendarie), possiede un fascino indiscutibile, accentuato da una libertà di scelta insolita per un episodio di Dimensione Avventura. Però a conti fatti è una sensazione ingannevole, perché anche ne Il Covo dei Pirati dovrebbe esserci un true path che permette di vincere il titolo di Re dei Pirati; il condizionale è d’obbligo, perché nonostante i miei sforzi non sono riuscito a trovare una via che prescindesse dalla buona sorte ai dadi.
L’impressione generale è che il librogame contenga qualche errore di principio. Non so dire se dipenda dall’autore o dal traduttore: dopo La Rocca del Male mi concedo sempre il beneficio del dubbio, anche se Angela Izzo si è cimentata con numerosi altri librogame e sempre con ottimi risultati. Vorrei però sapere quale funesta ispirazione l’ha istigata a rendere Seas of Blood come Il Covo dei Pirati.
Ambientazione: 8 Stile di scrittura: 7 Bilanciamento: 6 Interattività: 8 Aspetto grafico: 7
E' il secondo libro della serie Dimensione Avventura cui ho avuto il piacere di giocare ( e non da solo ma in compagnia) l'ambientazione mi è piaciuta moltissimo e lo consiglio a tutti gli appassionati. Si convengo anche io che la difficoltà è ragranellare il denaro sufficiente per vincere..(ci ero andato così vicino..) e convengo che per roiscirci bisogna passare per la città dei giochi. Buon divertimento a tutti!!
Il quinto numero della serie "Dimensione Avventura", presenta un librogame assai piacevole da giocare, ma non certo uno dei titoli migliori. Questa volta non interpretiamo un guerriero,un supereroe, oppure il capitano di un vascello spaziale, ma un pirata. Pirata disposto a tutto pur di vincere una scommessa con un suo avversario, Abdul il Temerario. L' obbiettivo per vincere è raccogliere una somma di denaro maggiore dell'avversario entro un tempo stabilito.
Il regolamento prevede oltre alle caratteristiche del personaggio i colpi di forza e abilità dell' equipaggio. Tali punteggi entrano in gioco quando si combatte contro altre navi oppure avversari numerosi. Infine, vi è il fattore tempo costituito dai 50 giorni che determinano la sfida.
Il gioco prevede una certa libertà allo stesso giocatore, non presentando particolari difficoltà eccetto per alcuni combattimenti singoli, visto che non è possibile usare la componente fortuna. Oltretutto un difetto che si puo' attribuire al libro, è che non si riesce ad accumulare abbastanza soldi per vincere la scommessa, a meno che non si giochi molto d' azzardo. E non mi pare molto logico come scelta dell'autore! Quindi sembra proprio che non si possa prescindere dai dadi......
Ambientazione gradevole ma non eccezionale, stile di scrittura scorrevole che svolge il compito di descrivere una storia senza grandi pretese. Una domanda che ha fatto pure Gurgaz nella sua recensione: Perchè in originale Seas of Blood e in italiano un titolo cosi' diverso? BOH!!! Sufficiente.
Interattività (cioè quanto il LG sfrutta le potenzialità a sua disposizione): 6 Stile di scrittura (quanto l'autore sa coinvolgere per qualità letteraria): 6 Ambientazione (quanto l'autore sa coinvolgere per la ricchezza dei luoghi e dei fatti): 7 Bilanciamento (equilibrio tra le regole e l'effettiva difficoltà): 6 Grafica: 7
Dopo Sfida per il trono, Andrew Chapman torna in Italia con quello che è in realtà il suo terzo libro, l’ultimo nella collana regolare Fighting Fantasy. Dopo due incursioni nella fantascienza, l’autore dà vita a quello che è probabilmente il suo lavoro più originale in termini di trama: il protagonista della storia è uno dei due migliori pirati del Mare Interno, e un giorno raccoglie la sfida del suo rivale, Abdul il Temerario, ad intraprendere una gara per stabilire una volta per tutte chi dei due sia il best of the best. Appuntamento tra 50 giorni sull’isola di Nippur; chi avrà raccolto il maggior bottino sarà il vincitore.
Dopo maghi, avventurieri e supereroi eccoci quindi nei panni di un personaggio profondamente scorretto, la cui cattiveria è limitata solamente dalla reticenza di chi legge. Ma sarebbe davvero assurdo farsi scrupoli nell’assaltare navi, fortezze, villaggi e monasteri che si affacciano sul Mare Interno, perché potete star certi che non si tratta di gente docile e indifesa. Non c’è una singola moneta d’oro non sorvegliata, quindi per assisterci nell’impresa abbiamo a disposizione una ciurma caratterizzata da un punteggio di Colpi e da uno di Forza, e che entrerà in gioco ad ogni battaglia contro più avversari, per terra e per mare. Oltre a questi punteggi nuovi bisognerà tenere in debito conto una variabile fondamentale, ossia il tempo, tramite l’apposito Log (squallida resa italiana di quello che poteva essere banalmente il “diario di bordo”): in effetti la strada da percorrere è abbastanza libera, perciò non è affatto detto che ci si possa abbandonare ad esplorazioni e saccheggi e arrivare a destinazione entro i termini della scommessa. I giorni scorrono anche dannatamente veloci, quindi conviene cercare di identificare le locazioni più “granose” e di sfruttarle per ammassare più oro possibile in un colpo solo. La cosa interessante è che nel bottino rientrano anche gli eventuali prigionieri, vendibili nell’apposito mercato degli schiavi.
L’avventura è straordinariamente godibile, con ampia libertà di movimento e un sacco di posti da rovistare. Allora qual è il problema? Be’, essenzialmente il fatto che, per quanto si possa ben pianificare il percorso, vincere la sfida con Abdul si rivela una questione di pura fortuna. Il tempo trascorso e alcuni eventi del viaggio, specialmente nella fase finale, sono una diretta conseguenza della Forza dell’equipaggio, vale a dire che vengono determinati da un lancio di dadi contro l’attuale punteggio di Forza. A causa di ciò, diventa essenziale cercare di non far calare questo valore sotto un certo limite di sicurezza, e dopo un po’ di partite si vede chiaramente che è necessario avere i punteggi di partenza al massimo: molti nemici ricchi hanno dei Colpi abbastanza alti da metterci in serio pericolo anche se partiamo con 12. Anche i combattimenti corpo a corpo rivelano drammaticamente che non ci si può permettere di partire senza Abilità 12, una Resistenza almeno di 18 e non meno di 11 punti di Fortuna. Sono dei requisiti un po’ troppo alti; ci troviamo di fronte al primo Dimensione Avventura in cui non c’è modo di vincere con punteggi sub-ottimali, non importa quanto ci si sforzi. La fortuna entra anche in gioco nella raccolta dell’oro, e più in generale in qualsiasi cosa capiti nell’avventura, come testimoniano gli innumerevoli Tenta la fortuna sparsi dovunque. Se non si vuole esplicitamente giocare d’azzardo per incrementare il bottino, ci si ritroverà a farlo comunque al mercato degli schiavi, sperando che il dado dia il numero che ci farà avere le offerte più alte. Senza giocare a Calah sono riuscito a finire il libro con 801 monete d’oro; per vincere ne servono almeno 800. E’ quindi dolorosamente ovvio che non si può prescindere da un’ottima sorte ai dadi per raggiungere l’ultimo paragrafo, qualsiasi scelta si faccia. Come se non fosse già tutto difficile così, ricordiamoci che questo è un libro di Andrew Chapman, uno sfegatato fan della punizione repentina e gratuita elargita all’avventuriero che non ha il minimo indizio su ciò che deve fare. Gli indovinelli con quattro, cinque, sei alternative ognuna buona quanto le altre, i Tenta la fortuna che se falliti danno la morte, l’ossessivo ribaltamento del significato di indizi plateali, scelte sensate che si rivelano invece più svantaggiose delle altre; anche conoscendo l’autore e potendo prevedere alcune trappole, non si è mai al sicuro, e questo suo giocare al Dio diventa particolarmente intollerabile nell’ultimissima parte, dove, a prescindere dalla rotta, ci aspetta un tiro di dadi potenzialmente letale. Per aggiungere il danno alla beffa, infine, chi raggiungesse davvero il finale non verrà premiato con una grande celebrazione, ma con le caratteristiche cinque righe sputate svogliatamente sulla pagina, quasi con disprezzo.
Peccato davvero che Chapman abbia voluto basare il successo totalmente sulla fortuna ai dadi; un po’ più di oro sparso lungo il tragitto avrebbe permesso di seguire strade diverse, e forse, con qualche cattiveria di meno, il libro sarebbe diventato un piccolo classico. Un’occasione sprecata, ma solo in parte, perché l’avventura è comunque sufficientemente scorrevole da poter essere tentata più volte, e presenta alcuni elementi interessanti, in particolar modo l’ultima battaglia, un divertente scontro a mani nude nello stile della serie Ninja (di cui, guarda caso, troviamo qui lo stesso illustratore) e ritratto con un notevole humor. Personalmente credo che il libro, nonostante i difetti, sia comunque piacevole; inoltre lo si trova molto facilmente, perciò per provarlo non ci sarà bisogno di spendere cifre… piratesche.
NOTA ALLA TRADUZIONE ED ERRATA CORRIGE
Anche se il soggetto del libro ha passato il vaglio dei “garanti della morale”, il contenuto è stato comunque edulcorato, in modo simile a quanto visto in Appuntamento con la M.O.R.T.E.. Chapman ci ha messo ogni aggettivo possibile per far capire che il protagonista e la sua ciurma sono la peggior feccia in un luogo che non pullula certo di stinchi di santo, ma diverse paroline che nell’originale aggiungono colore sono state bellamente lasciate fuori. Il titolo, che non ha nulla a che fare con il potente Seas of Blood, già la dice lunga, e se non bastasse, certamente basterà considerare che in inglese il soprannome di Abdul non è “il Temerario”, bensì “il Macellaio”.
Oltre a ciò, Angela Izzo doveva sicuramente avere qualche problema nel fare il suo lavoro. Ho già parlato del Log (tra l’altro reso al femminile, per aggiungere un errore a un orrore), ma il numero di sviste e imprecisioni che ho pescato nel libro ha del preoccupante. Non mi sembra possibile scambiare per così tante volte un punteggio con un altro, ma è una costante della Izzo che ritroviamo anche in Sortilegio. Mah.
Ecco l’elenco degli errata: 45: “Tagliatori di teste” invece di “tagliagole”. Incredibile. 138: a fine paragrafo, l’opzione “se è maggiore” dovrebbe essere “se è uguale o maggiore”. 203: il paragrafo deve ridirigere al 322, non al 332. 242: quel “rischiando addirittura la vita” è una censura, tra l’altro riuscita malissimo. 258: il risultato del lancio va ovviamente sottratto dalla Resistenza, non dall’Abilità. 264: guadagni 4 punti di Resistenza, non di Abilità. 273: vedi 258. 285: c’è scritto “Resistenza” invece di “Forza”, trattandosi di battaglia di gruppo.