Solo un pazzo potrebbe avventurarsi nella Foresta Maledetta, nel denso labirinto di alberi e arbusti dove il sole penetra a stento, dove la natura stessa sembra disobbedire alle sue proprie leggi, per affrontare le ripugnanti creature che popolano questo angolo di mondo. Ma tu hai deciso di tentare. Perché? Mah, per spirito di avventura, per esaudire l’ultimo desiderio di un vecchio Nano morente: devi recuperare il leggendario Maglio di Stonebridge, forgiato dal Popolo dei Nani per difendersi dalle forze del male, e riportarlo a Gillibran, signore di Stonebridge. Semplice, no? Solo che il Maglio si trova nella Foresta...
Titolo originale: The Forest of Doom Autore: Ian Livingstone Anno: 1983 Illustrazioni: Malcolm Barter Copertina: Iain McCaig Traduzione italiana: Saulo Bianco (1988)
A mio avviso, La Foresta Maledetta è l’archetipo del librogame. Un personaggio standard, un guerriero che alla spada unisce un buon armamentario di oggetti magici, prende su di sé un’importante missione: ritrovare le due parti del Maglio di Stonebridge e salvare il Popolo dei Nani dai feroci Troll. Bramoso di tesori ed avventure, il nostro eroe si addentra così negli anfratti della Foresta Maledetta, dalla quale ogni persona di buon senso si tiene alla larga.
La struttura del librogame è perfettamente ordinaria: un’ampia schiera di incontri, uniti tra loro da paragrafi di percorso (sentieri). Nessun evento si protrae a lungo, l’interazione con le creature è limitata ed i combattimenti sono frequenti così come i ritrovamenti di oggetti. Già dall’inizio si può spendere il proprio denaro per acquistare gli artifici magici del vecchio Yaztromo e se si sceglie felicemente si possono evitare un sacco di guai.
Se trovare il manico del Maglio è abbastanza facile, ben più laboriosa è la ricerca della testa. Qua e là si trovano sparsi alcuni indizi, ma per mettere le mani sull’oggetto tanto desiderato si deve aver preso la strada giusta. Tanto per cambiare, il true path ha almeno un punto in cui è facile perdere un oggetto fondamentale. Di conseguenza il giocatore è costretto ad esplorare per bene la foresta, per poi scoprire che il bivio decisivo era lì sotto il suo naso.
Poco male, perché i momenti migliori de La Foresta Maledetta sono collocati fuori dal percorso risolutivo e perderseli è un vero peccato. Mi riferisco soprattutto alla caverna dei Cloni e al loro demoniaco signore, ad Arragon lo Stregone ed a Proteus il Trasformista. Nulla di tutto ciò brilla per originalità, tuttavia il fascino di questo librogame risiede principalmente nella sua totale aderenza agli schemi del fantasy sword & sorcery. Un forte valore aggiunto è dato dalle tavole di Malcolm Barter, caratterizzate da uno stile peculiare e molto evocativo.
Come è tipico di Dimensione Avventura, il gioco è bilanciato alla perfezione e non ci sono sviste da segnalare. La Foresta Maledetta è un librogame seminale consigliato a chi non ha mai letto questo genere, perché la semplicità del regolamento e della struttura facilitano l’approccio. D’altra parte, la difficoltà non trascurabile potrebbe essere un ostacolo. Ai lettori più navigati consiglio di cercare maggiori soddisfazioni nei titoli più elaborati della serie, ma per vantare una qualche esperienza con i librogame La Foresta Maledetta è un passo obbligato!
Ambientazione: 7 Stile di scrittura: 7 Bilanciamento: 10 Interattività: 7 Aspetto grafico: 9
E' il primo librogame cui ho giocato, assieme ad un amico ci si trovava una volta a settimana per giocare, lo abbiamo finito in circa un mese, davvero un'odissea, la cosa più difficile è orientarsi all'interno della foresta. Questo libro mi è piaciuto moltissimo e lo consiglio caldamente!
Ambientazione: 8 Stile di scrittura: 7 Bilanciamento: 10 Interattività: 8 Aspetto grafico: 7
In questo secondo volume della serie utilizziamo un guerriero il quale accetta una missione estremamente rischiosa.Ritrovare le due parti del Maglio di Stonebridge e salvare il Popolo dei Nani dai feroci Troll.
Armato di spada ma con la possibilità di acquistare fin dall'inizio oggetti magici dal vecchio Yaztromo il nostro protagonista si addentra nella Foresta Maledetta per cercare questi due pezzi.
La struttura del gioco si presenta complessa e molto difficile. Una delle due parti del maglio è facilmente recuperabile, il contrario per la seconda. In quanto come ogni buon libro diretto da Ian Livingstone bisogna scegliere il percorso esatto o non si finisce il gioco...
Questo da un certo punto di vista è un peccato, perchè molti dei momenti salienti sono al di fuori del percorso giusto. Pertanto è meglio gustarseli tutti. Anche se credo che per i fan accaniti di dimensione avventura sarà piu' semplice finire questo volume che altri della serie (vedere "la casa infernale " o "la creatura del male" )
Il bilanciamento è ben reso, anche se al lettore meno paziente potrà sicuramente non digerire il fatto di dover perlustrare la foresta da cima a fondo. Dopotutto se si vogliono librigame meno complessi non si sceglie di certo dimensione avventura....
L' aspetto grafico infine riesce come la maggior parte di questa collana a rendere alla perfezione l' atmosfera che regna nel gioco. E questo rimane sempre un punto in piu' a favore.
Ambientazione: 8 Stile di scrittura: 7 Bilanciamento: 9 Interattività: 7 Aspetto grafico: 8
Questo è il primo librogame scritto per intero da Ian Livingstone, e quando viene messo fianco a fianco con La Rocca del Male mette molto bene in luce le differenze tra i due co-creatori della serie. La Foresta Maledetta, benché lontano dagli assurdi picchi di difficoltà che caratterizzano i libri successivi di Livingstone, contiene comunque quell’elemento senza il quale l’autore non riesce a concepire un librogioco, e che negli anni è diventato l’autentico marchio di fabbrica di Fighting Fantasy: il true path, la “strada giusta”, il percorso da cui non si può deviare pena il fallimento della missione, sia pure a una manciata di paragrafi dalla vittoria.
Nel libro il nostro compito è quello di entrare nella Foresta Maledetta per ritrovare i due pezzi del Maglio di Stonebridge, che serve ai Nani dell’omonimo villaggio per combattere la guerra contro i Troll. Dopo un’introduzione ben narrata ci ritroviamo quindi alla torre del mago Yaztromo, il quale ci venderà una serie di oggetti da scegliersi tra quelli di una lunghissima lista. La faccenda degli oggetti è abbastanza particolare: da un lato, la scelta ricalca quella degli incantesimi vista nella Rocca del Male: non si può comprare tutto, ma non si sa che cosa ci servirà e, cosa ancora più demoralizzante, ogni oggetto trova un utilizzo da qualche parte, ma non è detto che ci ritroveremo a passare nel punto dove verrà utilizzato. In sostanza, la scelta viene compiuta alla cieca. Oltre a ciò, il modo in cui vengono usati gli oggetti è molto banale, a chiave-serratura: davanti ad una determinata situazione, la domanda non è “Quale dei tuoi oggetti vuoi usare?”, ma “Hai il tale oggetto?”, e se ce l’hai viene automaticamente usato con successo. E’ un’impostazione troppo semplicistica, che svilisce le possibilità di scelta del giocatore ed elimina un bel po’ di suspense.
La Foresta vera e propria, poi, è strutturata in un modo che fa invidia ai più noti e temuti labirinti del librogame. L’unica certezza è che non conviene andare a nord finché non ci siamo costretti, perché quella è la direzione che porta alla fine della foresta e non ha senso seguirla se prima non si trovano i pezzi del Maglio. Ma questi due pezzi sono due aghi in un pagliaio immenso. La grossa difficoltà dell’avventuriero cartografo è che i segmenti est-ovest della Foresta cambiano a seconda della direzione di marcia. Se sto viaggiando verso ovest posso partire dalla radura x e raggiungere la y senza che succeda niente; al contrario, se parto dalla y e vado a est verso la x, potrei incontrare qualcuno o addirittura incappare nel luogo z che, viaggiando in senso contrario, non c’era! Inoltre, quando si raggiungono certi incroci, l’autore decide che non ci interessa prendere nessun’altra diramazione e ci spedisce dritti a nord, facendoci saltare un bel pezzo di foresta. Ora, immaginate di voler trovare delle locazioni ben precise in questo intrico di sensi unici, e di volerle visitare tutte in un ordine rigoroso, e capirete che trovare ciò che si cerca nella Foresta Maledetta è più una questione di fortuna sfacciata che di memoria e abilità (grazie al cielo io ho trovato tutto al primo tentativo; non so se avrei avuto la voglia di riprovare).
Certo, come già detto, la potenza della maggior parte dei nemici è sicuramente inferiore che in altri libri di Livingstone, ma questo non significa che il libro sia facile o ben equilibrato. Se non hai l’oggetto giusto al momento giusto perdi dei punti, oppure affronti una battaglia davvero difficile; le occasioni di recupero punti non sono molte e ci sono un sacco di Tenta la Fortuna. Caso più unico che raro, se si arriva a Stonebridge senza i due pezzi del Maglio ci viene concesso di tornare all’inizio e di ritentare, ma ci sono due “piccoli” dettagli: - per rientrare nella Foresta c’è da Tentare la Fortuna. Se si è fortunati si ricomincia dall’1, se no si schiatta; - il testo non tiene in nessun conto ciò che è successo durante la prima traversata. Ogni cosa è di nuovo al suo posto, tutti i mostri sono vivi, tutte le trappole sono pronte e non possiamo evitarle solo perché sappiamo già che sono lì. Viste le condizioni, tanto vale ripartire da capo come se non avessimo mai giocato. Tra l’altro, visto che ci sono pochissimi punti obbligatori da visitare, il resto degli incontri è puramente riempitivo. La Foresta contiene talmente tante creature di specie diverse, che più che un luogo maledetto sembra un raduno di cosplayer. Ci sono goblin, hobgoblin, demoni, uomini-questo quello e quell’altro (lupo, scimmia, cavallo, gatto) e tanto altro, e nel 90% dei casi se incontriamo qualcuna di queste creature significa che abbiamo sbagliato strada, o per lo meno che ne abbiamo imboccata una che ci complica la vita.
Dopo aver fatto un confronto col testo originale mi sono dovuto chiedere se Saulo Bianco non sia uno pseudonimo di Stefano D’Aprile, perché questo libro è stato tradotto in modo analogo alla Rocca del Male: con troppe semplificazioni e troppe licenze. Ad esempio, molti discorsi indiretti, di cui Livingstone fa notoriamente largo uso, sono stati trasformati in dialoghi parlati (vedi Yaztromo, il corvo e il centauro). I nomi degli oggetti sono abbastanza pittoreschi, ma raramente ricalcano fedelmente l’originale, e per quanto riguarda le creature ci sono trovate che fanno storcere un bel po’ il naso: mi riferisco per esempio al Wyvern, qui chiamato banalmente “Dragone Alato”, ma soprattutto allo Shapechanger magnificamente illustrato da Iain McCaig in copertina, e che Bianco ha deciso di chiamare Proteus, il Trasformista… La cosa che più mi stupisce è che ANCHE QUI ci sia una malatraduzione del nome di un oggetto fondamentale! Quella preziosa ma generica polvere magica che otteniamo vincendo una sfida contro un certo personaggio, in realtà, è una Polvere Levitante! Sapendo questo, la sua importanza e il suo utilizzo diventano sicuramente più chiari, ma a quanto pare all’epoca “levitante” doveva essere quasi una parolaccia; forse “levitare” era, in gergo, un sinonimo di “farsi un viaggio”, tra l’altro con l’aiuto di una polverina...?
Alla fin della fiera, non sono soddisfatto da La Foresta Maledetta. La sua struttura assurdamente complicata, il suo ridursi ad un mero girovagare alla caccia di tre o quattro oggettini in un territorio sterminato, il suo cast che sembra voler condensare in una sola avventura un intero manuale di mostri di un GdR, lo stile piatto e privo di mordente, l’atmosfera che per poco non fa nemmeno capire che siamo in una foresta (lo si capisce quasi solo per il fatto che tutti i nemici sono sopra o sotto un albero), non invogliano a rigiocare dopo il primo o il secondo tentativo andato a vuoto. Anche i disegni di Malcolm Barter, così poveri e stilizzati, non dicono granché: i Gremlin sono orrendi, il Demone di Fuoco poteva riuscire molto meglio, il Wyvern sembra stupendo finché non si distoglie lo sguardo dalla testa e si nota che ha il corpo sottile come una libellula… non sono dei brutti disegni, ma non aggiungono nemmeno un po’ di carattere al testo, al contrario di quelli del volume precedente. Ian Livingstone ha scritto sicuramente di meglio, e La Foresta Maledetta non lo considero nemmeno una buona introduzione al suo stile. E' un libro che stanca presto e non dà abbastanza per quello che chiede.