La serie Samurai vede impegnata la consueta equipe di scrittori francesi capitanata da Doug Headline. Anche partendo da un'analisi superficiale di trama e ambientazione, è facile rendersi conto di come questa serie possa considerarsi come una sorta di ideale continuazione di Misteri d'Oriente. Come già osservato nel corso della recensione del primo volume, l'ambientazione sembra ricalcare fedelmente quella ipotizzata per gli ultimi tre volumi delle avventure del Prete Gianni, sfortunatamente rimasti a livello di “work in progress”. Particolrmente evidente il parallelo tra le le main quest di entrambe le serie, dove in entrambi i casi ci troveremo a dover percorrere la via verso una mitica città dimenticata dove ci attendono chissà quali misteri e rivelazioni.
Sì, chissà quali, perchè anche questa volta non ci verrà data la possibilità di concludere la nostra missione. Nel caso non l'aveste intuito, ve lo dico chiaro e tondo: Samurai è l'ennesima serie tronca edita da Hachette. Faccio veramente fatica a capire cosa frullasse in testa ai vertici della casa editrice francese, perchè cominciare quattro serie per poi non concludere nemmeno una è una mossa editoriale, commerciale e non in ultimo culturale che non ha il benchè minimo senso. Non provo neanche ad immaginare il senso di frustrazione del buon Headline, unico autore impegnato in tutte le serie, nel vedersi impossibilitato a portare a termine neppure uno dei suoi progetti.
Lasciando da parte la polemica, piuttosto sterile vista l'apparente inspiegabilità del fatto, Samurai, per quello che ci viene concesso di poter giocare, è una buona serie, anzi a tratti decisamente ottima, che però presenta un grosso problema di fondo nel bilanciamento della difficoltà a causa delle regole di combattimento. Anche se è lodevole la decisione di puntare verso un maggiore realismo e far disporre al personaggio della possibilità di usare molti stili di combattimento, ognuno dei quali con un punteggio da determinare separatamente, purtroppo la sensazione è che questo sistema non sia stato implementato a dovere nelle meccaniche di gioco. Non ci capiterà praticamente mai di poter scegliere quale stile usare, ma soprattutto saremo costretti a impiegare spessissimo il cosiddetto stile delle due spade, sul quale ricadono le colpe di sfasare del tutto la giocabilità. Sempre che io abbia capito bene il regolamento, perchè a me continua a sembrare un errore di playtesting troppo grossolano perchè lo possa aver commesso l'autore, il punteggio in questa disciplina si determina sommando i due punteggi ottenuti rispettivamente nelle due tecniche a spada singola. All' atto pratico, ciò significa che è sufficente un tiro di dadi discreto, come un punteggio di Difesa di 16, ad esempio, che tirando 4 dadi non è certo impossibile da ottenere, per essere virtualmente invincibili in combattimento quando si usa quello stile. Ovvero nella stragrande maggioranza degli scontri!
Un vero peccato, perchè secondo me, almeno nei primi due volumi, la serie si potrebbe collocare quasi a livelo di Misteri d'Oriente. Invece, ci troviamo qui a parlare dell'ennesima occasione buttata alle ortiche.
Titolo originale: La Loi du Sabre Autori: Doug Headline, Jean-Luc Cambier e Eric Verhoest
È il 1987 e Doug Headline non si è dato per vinto: vuole ancora scrivere librogame e per questo abbandona il gruppo di lavoro con cui ha realizzato Misteri d’Oriente, Superpoteri e Simbad il Marinaio. Da una parte intavola l’ambizioso quanto fallimentare progetto Leggende e Malefici; dall’altra incontra Jean-Luc Cambier ed Eric Verhoest per dare vita a Samurai, con la quale sembra voler ricalcare le avventure del Prete Gianni nell’ambientazione dell’Estremo Oriente.
Il protagonista è Yasaka, un eremita che fu un glorioso samurai distintosi nella guerra di Corea. La sfortunata sconfitta in un combattimento non mortale ha spinto questo devoto seguace del Bushido, la disciplina dei samurai, a sotterrare armi ed armatura per condurre una vita di umiltà e meditazione, lontano dal mondo che lo rattrista. Una notte un sogno gli mostra che il Giappone è minacciato dalla decadenza, conseguente al degrado degli antichi ed onesti costumi; a quanto pare, gli dei chiamano Yasaka a ripercorrere la via del samurai, in cerca dell’anima del popolo giapponese rappresentata da tre oggetti: una sciabola, che ricorda la disciplina dei guerrieri; uno specchio, simbolo delle virtù morali; un gioiello, espressione di arte e ricchezza. La missione è ritrovare questi oggetti e raggiungere la mitica città di Wa, culla della civiltà giapponese e dimora della divina imperatrice Himiko.
O almeno così dice l’introduzione, perché le avventure si rivelano assai diverse. La chiave di lettura che propongo per il sogno di Yasaka è questa: il samurai si è stancato della contemplazione e desidera tornare nel mondo per ridar lustro ai valori in cui crede. “Il cammino è importante quanto la meta”, infatti i librogame sono un’infinita successione di avvenimenti e sfide, dove il protagonista può dimostrare la sua abilità in combattimento, la sua salda rettitudine e passare in rassegna il patrimonio artistico e culturale del Giappone. Il fatto di non arrivare mai alla città di Wa, di non incontrare Himiko e di non trovare i suddetti oggetti non deve sorprendere: io sono convinto che l’impresa abbia una valenza soprattutto simbolica. Ciò non toglie che Samurai sia rimasta tronca e sancisca l’enplain realizzato dagli autori francesi, che non hanno mai portato un progetto a compimento.
Se si analizza il regolamento della serie, si nota subito che non è l’aspetto più curato. Le idee di base sono buone e dimostrano che Headline ha fatto passi avanti rispetto a Misteri d’Oriente, tuttavia l’effettiva applicazione è al limite del disastro. Il combattimento è gestito secondo le regole di Superpoteri: ad ogni round si lancia un dado per sé ed uno per il nemico, quindi si somma il relativo risultato sia al punteggio di Attacco che a quello di Difesa (il risultato di questi calcoli dà la Potenza dell’attacco e della difesa). La perdita di Resistenza si ottiene sottraendo la Potenza della Difesa dell’avversario alla Potenza dell’Attacco ottenuta; ovviamente questo va ripetuto anche quando è il nemico ad attaccare. Questa procedura è un po’ macchinosa ma consente di ferire ed essere feriti nello stesso round, perché non è un unico punteggio a decretare la capacità nell’uso delle armi. In Misteri d’Oriente c’è solo la Forza e chi possiede un punto in più dell’avversario ha ottime probabilità di terminare lo scontro senza neanche un graffio.
Yasaka è esperto in ben otto forme di combattimento: combattimento a mani nude (secondo vari stili), sciabola lunga (katana), sciabola corta (wakirashi), due sciabole (ni-to), sciabola extra-lunga, lancia (kumade) e altre armi lunghe, arco (daikyu) e armi diverse (tutte quelle non contemplate). Per ciascuna occorre determinare la propria Abilità, ossia i valori di Attacco e Difesa. Questi possono aumentare durante il gioco. Si lanciano due dadi per ogni valore, per un totale di dodici lanci, poiché l’arco ed il ni-to hanno regole particolari. La combinazione dei nostri punteggi con quelli degli avversari offre una variabilità notevole, almeno sulla carta.
Dal secondo libro in poi gli autori sembrano non aver chiaro che il lancio di due dadi offre un punteggio medio di 7, infatti ci presentano “temibili” avversari con valori A/D (Attacco e Difesa) dal 6 in giù. Questo è in contraddizione con i punteggi del primo volume, conformi allo spirito della regola. Invece l’abilità ichi (altro nome del ni-to) è sbagliata fin da principio, in quanto Attacco e Difesa dovrebbero risultare dalla somma dei valori ottenuti per sciabola lunga e sciabola corta. La media è 14, ciononostante è difficile trovare nemici con punteggi A/D superiori a 10/10 nel primo libro, mentre nei successivi si arriva a proporre risibili 4/4! È evidente che c’è un errore o nel regolamento, o nella sua applicazione o ancora nella traduzione di Doriana Monti, ma io scarterei quest’ultima ipotesi perché l’incongruenza dei punteggi tra i volumi attesta la confusione mentale degli autori.
La conseguenza di questi pasticci è l’eliminazione dei combattimenti, presenti in gran numero ma già vinti in partenza, se si eccettua buona parte degli scontri nel primo capitolo. Resta la spiccata componente narrativa di questi volumi, scritti con uno stile un po’ verboso e ridondante rispetto agli altri titoli firmati Headline, eppure molto gradevoli e capaci di offrire una panoramica dettagliata di Giappone e Cina, rispettando storia e tradizioni. Verso la metà della serie forse è venuta meno l’ispirazione, in quanto distanze ed ambienti si fanno vaghi ed indistinti, abbandonando la concretezza tipica dei librogame francesi. La notevole lunghezza delle avventure può indurre a trascurare il testo, causa noia e stanchezza, perciò suggerisco di suddividere la lettura di ciascun librogame in due parti.
In ultimo luogo, Samurai deve la sua discreta difficoltà al numero esorbitante di morti istantanee, che infestano il percorso di Yasaka in tutti i libri ma diventano esiziali dal secondo in poi, quando il percorso si fa rigido. Le scene offrono di solito tre alternative, di cui una è spesso mortale. Non ci vuole troppa perspicacia per subodorare il tranello, però non manca l’occasione di restare con un palmo di naso. Un esempio? Ad un passo dalla fine de Il Monastero Dimenticato, Yasaka finisce in una specie di “mondo perduto” dove incontra un simpatico tirannosauro. Uno sguardo alla copertina, che raffigura il samurai intento a sgozzare il bestione, quindi scelgo di attaccarlo. Mossa falsa. Questo è giocar sporco: non avrei mai attaccato un tirannosauro se la copertina non me l’avesse suggerito!
Samurai ha un buon numero di difetti che ne abbassano il valore complessivo, ma non voglio dare l’impressione che sia riuscita male o che non abbia attrattive. Al contrario, si tratta sicuramente del miglior lavoro di Doug Headline dopo Misteri d’Oriente, della quale segue le orme pur perseguendo un obiettivo diverso. La serie è consigliata agli appassionati dell’autore francese e soprattutto agli amatori del Giappone e del suo amplissimo retroscena culturale, che in queste poche pagine trova una discreta rappresentazione.
La serie è costituita dai seguenti titoli:
1) La Missione 2) Il Monastero Dimenticato 3) I Guerrieri del Fuoco
Da quanti atti è composto il triste teatrino messo in piedi da Doug Headline con il patrocinio dell’editore Hachette? Troppi, comunque, visto che purtroppo si concludono tutti allo stesso modo. Sarebbe molto interessante conoscere esattamente la cronologia e la dinamica delle pubblicazioni di questo brillante autore e dei suoi diversi collaboratori, per capire con precisione come siano riusciti ad avviare, nel giro di due anni, tutti questi progetti e a vederseli tutti troncati di colpo nel 1987.
Quello che è certo è che Headline dev’essere rimasto profondamente scottato dalla chiusura del suo indubbio capolavoro, la Saga del Prete Gianni. La qui presente Samurai, infatti, ne costituisce l’ideale reincarnazione sotto altre spoglie, reincarnazione simbolicamente raffigurata nel primo volume ed evidentissima nei contenuti del secondo. Ma lo spunto stesso, con i dovuti aggiustamenti, è pressoché analogo: il grande samurai Yasaka, ritiratosi in eremitaggio dopo aver subito la sua prima sconfitta in un Giappone feudale ormai allo sbando, riceve in sogno la missione di ritrovare la mitica città di Wa e la sua divina imperatrice Himiko, per restituire la gloria e i valori morali al Paese del Sol Levante. Ma Wa è un luogo etereo e sfuggente, proprio come l’altrettanto mitica Shangri-La, perciò il nostro eroe dovrà viaggiare in lungo e in largo alla ricerca di qualcuno che possa fornirgli indicazioni precise. Il suo viaggio non sarà però solo una marcia: nessuno può accedere a Wa senza prima essersi perfezionato nello spirito e nel corpo, perciò il viaggio di Yasaka prevede anche lo sviluppo della perfetta maestria nell’uso delle armi.
E’ ferocemente ironico, pertanto, che quegli stessi autori che hanno ideato una trama simile siano caduti proprio su questo punto: le regole di combattimento, infatti, sono il contrario della perfezione, e paradossalmente si rivelano sempre meno applicate ed efficaci quanto più il samurai affina le sue tecniche. Yasaka è in grado di utilizzare ben otto tipi di armi diverse: le due sciabole del samurai (lunga e corta), sia separatamente che insieme; la sciabola “extra-lunga” (un nome un po’ ridicolo); lance e alabarde; l’arco lungo, le nude mani, e poi tutto ciò che ancora possa costituire strumento di offesa in una mischia. Ad eccezione dell’arco, per ogni tipo di arma l’abilità di Yasaka va determinata gettando due dadi per stabilire i valori di Attacco e Difesa, visti anche in Superpoteri. Ora, ci si aspetterebbe che un autore scafato di librogame, nel 1987, abbia realizzato che già 6 punti sono un range troppo elevato per bilanciare correttamente i combattimenti, figuriamoci 11. Già da qui è quindi intuibile che è saggio rifiutare qualsiasi risultato inferiore ad almeno 8 in ciascun punteggio.
Il sistema di combattimento vero e proprio, benché ricco di buone intenzioni, a mio parere è scomodo e macchinoso. Ogni contendente aggiunge ai propri Attacco e Difesa il risultato di un dado; se l’Attacco supera l’altrui Difesa, il ferito riceve un danno pari alla differenza tra i punteggi. Così facendo entrambi i lottatori possono colpirsi nello stesso turno, ma oltre alla reale scomodità dei calcoli (provare per credere), è lampante che se la Difesa supera l’Attacco avversario di 6 punti, è impossibile essere colpiti. La cosa diventa farsesca quando si combatte con le due sciabole insieme (tecnica detta ichi, cioè “uno”), i cui punteggi sono ottenuti sommando quelli delle sciabole separate; impensabile bilanciare un simile ventaglio di valori, e quel che è peggio è che i punteggi di quasi tutti gli avversari sono risibili in confronto a quelli di uno Yasaka adeguato; e così, combattere con questa tecnica significa avere la vittoria in tasca. Buffo errare alla ricerca di una perfezione che si possiede fin dall’inizio…
A livello di regolamento, l’altra caratteristica degna di nota è l’Onore, che parte da 4 punti e non può mai superarli, come si conviene ad un eroe con la testa sulle spalle (diversamente dal simile Ego di Superpoteri, che invece poteva salire fino a diventare controproducente). Mantenere salvo l’Onore è sicuramente il vero leitmotiv che deve guidare le scelte del giocatore, perché l’arrogante sfoggio di potenza, o il suo opposto la figuraccia, attendono dietro ad ogni bivio, e possono concludere di punto in bianco l’avventura. Se l’Onore arriva a 1 Yasaka, da vero samurai, commette seppuku; se scende a zero, non può nemmeno morire da eroe, ma solo rassegnarsi a una vita da reietto e fallito. Spesso e volentieri non si arriva neppure a questo, perché gli autori preferiscono punire il samurai indegno con scene di morte particolarmente spettacolari e compiaciute.
Lo stile con cui è vergata la serie è infatti quello che ci si aspetta da Headline & soci: un fiume spumeggiante di parole che trascina con sé il sublime e l’orrendo, il lucido sogno e l’onirica realtà, trascendendo a volte il confine della pagina per parlare direttamente a te che te ne stai lì con il libro in una mano e i dadi nell’altra. Un certo grado di divertito delirio permea tutti i libri di questo autore, ma in Samurai, l’indefinitezza della missione e il rigido codice di comportamento da osservare gli servono sul piatto d’argento ogni buona scusa per punire una scelta sbagliata, nelle solite tinte coloritissime. Non è facile essere un samurai, ma a volte questi librogame diventano davvero frustranti, anche perché molto lunghi. Per fortuna il piacere viene elargito in quantità almeno equiparabili al dolore, grazie ad una serie apparentemente inesauribile di avventure e sorprese straordinarie che uniscono leggende e realtà del Giappone antico in un mosaico che non può mancare di affascinare. La passione degli autori per la storia e i miti è evidente in tutte le loro opere, e Samurai è forse quella che può contare sul background più ricco e più solido, che viene sfruttato con passione e competenza.
La cosa più amareggiante di Samurai è che le sono stati concessi tre volumi prima della chiusura, un numero sufficiente perché la collana maturasse da un esordio incerto fino ad un livello decisamente promettente, che fa addirittura dimenticare l’inesistenza di un regolamento degno di questo nome. Samurai è un capolavoro mancato, più che un capolavoro mutilato, perché il sistema di combattimento è troppo assurdo nel suo essere così complicato cercando di essere completo, e nella sua quasi totale inapplicabilità; fosse stato perfetto, però, la chiusura della serie avrebbe sicuramente scatenato alte grida di indignazione. Invece a noi Samurai è arrivata come contentino da parte di un editore E.Elle ansioso di sfruttare la notorietà degli autori in un periodo di magra assoluta, ed è passata inosservata dai più. Che non si sono persi poi troppo, ma tra i sogni di Headline interrotti da un risveglio precoce, questo è uno di quelli di cui più dispiace non poter vedere la conclusione.