A Camelot, nella lontana Avalon, il potente Re Artù tiene la sua corte e i valorosi cavalieri della Tavola Rotonda sono sempre impegnati in difficili imprese per proteggere i deboli e riparare alle ingiustizie. Questa volta il tuo compito è fermare l’invasione dei Sassoni, anche perché Artù ha perso la sua spada Excalibur... Ma una misteriosa Alterazione del Tempo, dovuta (forse) al mago Merlino, ti lancia in uno scenario assolutamente inaspettato!
Viaggio nel Terrore è l’unico libro di Alla Corte di Re Artù in cui, nonostante l’apparenza, la struttura del gioco si avvicina in modo molto marcato al modello della “strada giusta” di Fighting Fantasy. Curiosamente, non si tratta nemmeno dell’unico tributo del volume, che strizza anche l’occhio all’interessante serie Grecia Antica. In effetti anche la premessa e l’ambientazione sono atipiche. A causa di una “distrazione”, l’incantesimo-rete di Merlino riesce male e Pip si ritrova nell’antica Grecia in compagnia degli Argonauti, alla ricerca di nemmeno lui sa bene cosa.
Il libro si apre a bordo di una nave, abbastanza liberamente esplorabile ma con più insidie e difficoltà del previsto. Non ci sono Excalibur Junior o la fidata giubba di pelle di drago, e nemmeno uno straccio di incantesimo a difendere Pip che, solo e disarmato, deve in qualche modo equipaggiarsi a dovere per liberare gli Argonauti prigionieri e, col loro aiuto, affrontare i pirati che controllano l’imbarcazione. Tra ragni velenosi, forzieri-trappola, armi scadenti, porte che si può tentare di aprire una volta sola e nemici forti e ben armati, è sicuramente l’introduzione più difficile mai vista finora nella serie.
Finita questa, però, le cose si mettono ancora peggio. Ottenuto il controllo della nave, è possibile scegliere sulla Carta Nautica un’isola verso cui fare rotta. Interessante l’idea della Navigazione per Occhi Strabici: facendo 2, 3 o 4 quando si sceglie una meta, si sbaglia rotta e si finisce in un’isola casuale, dove possono avvenire incontri decisamente bizzarri (il Grande Uccello Pondoozlewazzle si trova proprio su questi lidi). Ogni isola è diversa dalle altre e presenta le sue belle insidie, e al contrario di quanto avveniva nel libro precedente, qui le morti istantanee sono numerose e non sempre prevedibili. Ma ci sono anche situazioni in cui non avere l’equipaggiamento giusto significa morte certa; altre in cui lo scadente equipaggiamento da battaglia pone serie difficoltà a vincere scontri altrimenti semplici, anche se in generale di scontri semplici ce n’è pochi. Le isole sembrano infatti il ricettacolo di creature di forza spropositata, a prescindere dalle dimensioni: un pappagallo può essere difficile da battere quanto un Ciclope, tanto per fare un esempio.
Per arrivare alla fine del gioco bisogna recuperare dieci chiavi d’oro, che aprono la porta che conduce allo scontro finale (e qui non si può non vedere la citazione a Lo Stregone della Montagna Infuocata di Jackson-Livingstone). La necessità di seguire una “strada giusta” deriva quindi dal fatto che, se si sceglie un itinerario che non sia quello ideale, non si sarà praticamente mai in grado di arrivare alla fine senza morire. Da un lato ci sono un paio di isole dove un lancio di dado sbagliato significa sconfitta sicura; dall’altro abbiamo combattimenti che non sono minimamente superabili se prima non si è reperito da un’altra parte uno dei pochissimi oggetti magici veramente utili. Poi c’è una chiave che può essere presa solo accettando di subire un pesante malus che dura per tutta l’avventura; ancora, per approdare su un’isola si deve perdere tutto l’equipaggiamento che si possiede… Infine, lo scontro finale è difficilissimo, quasi proibitivo, a meno che non si possieda una certa arma. E’ abbastanza evidente che ci sono solo una o due strade per finire il libro onestamente, e sono tuttora oggetto di dibattito tra chi lo ha giocato a fondo; questo perché in realtà nell’avventura ci sono undici chiavi, per cui ognuno può soppesare i pro e i contro delle varie situazioni e decidere qual è il punto più difficile che conviene evitare del tutto.
Se il punto teoricamente debole del libro è la sua difficoltà veramente pazzesca, il suo punto di forza è che prima di poterlo finire va per forza esplorato tutto quanto, per poter decidere l’esatta sequenza con cui recuperare le chiavi d’oro. Per farlo bisogna morire molte volte, ma almeno non ci sono troppi combattimenti o cavilli come accadeva nel Regno dei Morti, quindi si possono ripercorrere i propri passi molto in fretta. La frustrazione estrema è quindi controbilanciata dalla soddisfazione di vedere, tentativo dopo tentativo, il puzzle che si ricompone. Di primo acchito Viaggio nel Terrore sembra un ribaltamento totale degli schemi della serie, e quindi un libro scarso, troppo difficile e poco divertente; in realtà è ottimo, un perfetto ibrido tra il Brennan migliore ed elementi di librogame di altri autori, qui utilizzati con giudizio. Per rendersene conto, però, bisogna soccombere alle sue trappole più perfide, cosa assolutamente non piacevole. Se si riesce ad arrivare alla fine, la soddisfazione è enorme e si sente di aver portato a termine un’avventura strutturata nei minimi dettagli, divertente, intelligente e impegnativa, corredata tra l’altro da alcuni dei divertissement più geniali mai visti. Tra le proposte troviamo per esempio un brillante lavoretto di origami con cui costruire una graziosa barchetta, e un incantesimo la cui esecuzione prevede di scavare una buca in giardino e di mangiarsi una torta di mele (in originale, del porridge!)! Viaggio nel Terrore è sicuramente uno dei migliori tre libri di Alla Corte di Re Artù, e forse perfino il migliore in assoluto.
Titolo originale: Voyage of Terror Autore: John Herbie Brennan Anno: 1985 Illustrazioni: John Higgins Traduzione italiana: Roberta Gefter Wondrich (1989)
Viaggio nel Terrore è lo spartiacque tra i primi tre volumi e gli ultimi quattro della serie: ciò che è avvenuto prima appartiene al passato e non può influenzare il presente, mentre ciò che segue costituirà un nuovo ciclo narrativo. Il quarto volume è a sé stante, principalmente a causa dell’ambientazione esotica e del particolarissimo retroscena narrativo architettato da Brennan. Quest’ultimo elargisce invenzioni e buonumore a piene mani, mescolando con padronanza miti antichi e moderni, perciò dal punto di vista letterario siamo di fronte ad un capolavoro in piena regola. Purtroppo non si può godere dell’opera a cuor leggero, perché si tratta di uno dei librogame più difficili e spietati mai concepiti.
Avalon è la terra felice per eccellenza, con Re Artù ed gli audaci Cavalieri impegnati a preservare pace ed armonia. Un luogo così spensierato attira ogni sorta di calamità: maghi malvagi, draghi, radiazioni malefiche e... l’invasione dei Sassoni. Merlino convoca Pip con la consueta fretta e gli spiega che la mitica spada Excalibur è scomparsa con il nemico alle porte. C’è bisogno di una potente magia che respinga l’orda sassone, ma, proprio mentre Merlino è concentrato per lanciare l’incantesimo di Alterazione del Tempo, “una giovane scervellata di nome Ludmilla gettò un secchio di legno nel pozzo” (dove Merlino ha costruito la sua nuova ed funzionale dimora).
Pip è spedito in una versione ridicola dell’Antica Grecia, senza uno straccio di equipaggiamento e nemmeno una vaga idea del percorso da seguire. Dopo aver perso tempo ad ispezionarsi la bocca in cerca di bave da idrofobo, il prode avventuriero capisce di essere a bordo di una nave pirata. Se la fortuna gli arride può impossessarsi di alcune armi e liberare il vero equipaggio, composto nientemeno che da Giasone e dai suoi Argonauti (tra i quali figurano anche il possente Ercole ed Achille dalle caviglie deboli). Non ci vuole molto a capire che aria tira: in poche stanze ci sono avversari dotati di armi ed armature di tutto rispetto, laddove Pip fatica a trovare dell’equipaggiamento decente (complice una porta difficilissima da scassinare). Se perfino un cuoco è un avversario proibitivo, figuriamoci le creature presenti nel resto dell’avventura, dotate di bonus e di riserve vitali assai maggiori di quelle dei primi tre volumi. Il guaio è che si è privi di E.J. e della più elementare dotazione di incantesimi.
Una volta riconquistata la nave, gli Argonauti si offrono di aiutare Pip a tornare a casa. Giasone estrae una pittoresca Carta Nautica, sulla quale sono indicate undici isole dai nomi preoccupanti, e sembra ovvio che il modo migliore per cercare Avalon sia esplorarle (?!?). Pip non è certo un lupo di mare, perciò ogni volta che vuole recarsi su un’isola deve gettare i dadi: nel malaugurato caso che ottenga 2,3 o 4, il giocatore deve consultare l’Appendice III, Navigazione per Occhi Strabici. Si tratta di una sezione ben più pericolosa del Mondo dei Sogni, sebbene ricca di momenti terribili ed esilaranti (Grande Uccello Pondoozlewazzle Maculato? Cannibali? Vulcani? Uccelli Cricrì? Drago dal Kimono a Strisce di Zebra?).
Le isole non sono certo le più ospitali dei mari del sud. Brennan ci ha piazzato un po’ di tutto: un ciclope che colpisce con 5 o più e provoca +8 di danno, un’Idra a sette teste che attacca sette volte, una strega che può trasformare in maiali (qui farebbe comodo la Gemma della Fortuna, ma non c’è!), un Tirannosaurus Rex (lascio immaginare i punteggi), delle Arpie che si possono colpire solo tirando 8 o più, un serpente di mare da 80 PUNTI DI VITA e +4 di danno, un dio greco che vuole sfidarci in singolar tenzone armato di una mazza +50. Questo solo per citare i combattimenti più tosti (ed assurdi), tuttavia con il miserevole equipaggiamento greco il povero Pip può trovarsi a mal partito anche contro un cinghiale od un ariete. A questo si aggiungono palazzi che crollano, uno scarabeo magico che causa malus pazzeschi, miniere dal soffitto pericolante e un’isola dove si può morire ad ogni paragrafo se si tira 5 o 6 con un dado. Davvero non c’è tempo per prendere il sole e bersi un cocktail con l’ombrellino.
Per terminare l’avventura occorrono dieci chiavi d’oro e per impossessarsene è inevitabile sottoporsi ai suddetti cimenti. In verità il librogame ne mette a disposizione undici, perciò un giocatore esperto può provare a costruirsi una strategia. Oltre alle chiavi sulle isole sono nascosti diversi power-up che riportano la bilancia a favore di Pip, però è impossibile che tutto vada bene. Ci sono rischi talmente elevati e la difficoltà dell’avventura è così fuori scala che è impossibile terminarla al primo tentativo. Ne deriva che Viaggio nel Terrore va completato in due o tre tornate, dando per scontato che il giocatore conosca a menadito la collocazione degli oggetti. Il motivo è il seguente: stavolta i nemici non restano morti, ma risorgono con metà PUNTI DI VITA; in più, gli oggetti già trovati possono essere raccolti di nuovo. Ad ogni giro la difficoltà generale si riduce, finché diventa alla portata. Questo è l’UNICO sistema per completare questa difficilissima avventura.
È diffusa la diceria che le chiavi d’oro possano essere conservate da morti; io non sono d’accordo, perché questo viene rivelato al paragrafo finale del librogame. Se il boss finale si rivelasse insuperabile, il testo consente di ritentare il combattimento in qualsiasi momento, magari procurandosi prima un oggetto utile a vincere. Però questo non vale finché non si ha avuto accesso all’Isola Perduta, dato che solo il giocatore giunto all’ultimo paragrafo può pensare di tenersele.
Quando si parla di Viaggio nel Terrore si finisce sempre per commentare la sua eccessiva difficoltà e lo sbilanciamento generale, facendo passare in secondo piano il suo superiore valore narrativo e la devastante vis comica che nasce dalla sintesi tra humour inglese e mitologia greca. Brennan si diverte a sbeffeggiare i tronfi eroi greci (straordinario l’incontro tra Giasone e la principessa Medea), a stuzzicare il lettore con anacronismi (la storia del bruto e della principessa Ecate) e ad inserire personaggi assurdi o fuori luogo. Tra queste pagine compare Long John Silver (che scambia Pip per Jim de L’Isola del Tesoro), dei nani minatori (un po’ morti), Gopi Krishna ex Terzo Reggimento delle Manguste Lancieri del Bengala, degli uccellini parlanti, un T-rex e perfino il famigerato Demone Poetico, qui alla sua apparizione più significativa dopo l’epifania ne Il Castello di Tenebra.
È un peccato che un’avventura scritta così bene, organizzata in maniera originale, ricchissima di spunti comici di tutto rispetto ed illustrata con bravura debba essere così lunga ed involuta, indissolubilmente legata ai dadi. La frustrazione generata dal gioco impedisce di godere liberamente il volume, che altrimenti avrebbe le carte in regola per essere il migliore di Alla Corte di Re Artù, nonché uno dei librogame più entusiasmanti di sempre. Allo stato attuale è un’opera da consigliare a tutti, previo chiaro avvertimento riguardo ai problemi di giocabilità.
Ambientazione: 9 Stile di scrittura: 10 Bilanciamento: 4 Interattività: 10 Aspetto grafico: 10
Pensavate, che dopo aver chiuso il portale dello Spettrale Mondo dei Morti, le peripezie del nostro eroe fossero finite, eh! E invece no! Excalibur, la spada di re Artu' e' sparita e i Sassoni preparano una massiccia invasione. Ovviamente Merlino, richiama lo spirito che anima il nostro eroe dal futuro (noi) e... prende un secchio dell'acqua in testa... Si perche' Merlino, non abita in una casa normale, ma ogni volume ci accoglie in una delle sue assurde abitazioni. In questo caso, dentro il pozzo del villaggio. Da qui cominciano i guai... Infatti l'incantesimo teleporta il nostro malcapitato nella Grecia del mito, su una nave di pirati. Piccolo problema: niente Excalibur Junior, niente Giubba di Drago, niente Balsami, insomma niente equipaggiamento. Bisognera' esplorare la nave per trovare armi e armature e gli Argonauti. Si propio quei Argonauti: Giasone, Ercole, Castore e Polluce...che senza di loro il proseguimento dell'avventura e' impossibile. Una volta presa la nave si dovranno esplorare anche le isole che saranno segnate sulla mappa dataci da Giasone, sempre che non ci si perda... Molti si lamentano della difficolta' di questo libro, che e' alta, ma le trovate, le gag in esso sono una piu' bella dell'altra, cito sopratutto l'incontro con Vulcano (Efesto) per il possesso di un oggetto molto utile e con il Demone Poetico (ancora? Pure qui? Non chiedetemi come ci sia arrivato ma c'e'...)anche lui con un oggetto monouso ancora piu' utile. Segnalo che esplorare le isole e' necessario, ma questo lo scoprirete strada facendo...