A Camelot, nel leggendario regno di Avalon, Re Artù tiene la sua corte. Le terre più lontane sono minacciate da stregoni e draghi assetati di sangue. Per questo motivo i valorosi cavalieri della Tavola Rotonda, sono sempre impegnati per proteggere i deboli e riparare alle ingiustizie. A te è toccato il compito di eliminare il terribile Drago d’Ottone, il mostro infernale che semina il terrore nelle pacifiche contrade di Avalon.
Caccia al Drago è un libro… strano. O straniante, per meglio dire. O tutt’e due, per dirla ancora meglio.
Partiamo dall’inizio. Un altro antefatto di notevole lunghezza, ma decisamente più ironico che nel primo volume, ci introduce la situazione: un Drago di Ottone è apparso a Camelot, nel bel mezzo di una stagione dragonesca già abbastanza feconda di per sé, e sta seminando morte, distruzione, pestilenza e quant’altro il catalogo della specie offre, ma elevato di diverse potenze. Nel mezzo di tutto questo si trovano anche degli interessanti excursus sui cavalieri, sui periodi piovosi a Camelot e soprattutto sulla natura e il comportamento dei draghi, davvero molto interessante e molto ben ideato. Che fare, dunque? Un cavaliere è impegnato qua, un altro là… facciamo che chiamare Pip. OK.
Dunque si viene accolti da un Merlino un po’ meno accomodante che in passato, che tra l’altro ci offre una lista di oggetti, armi e armature… a pagamento (cominciamo bene). Dopodichè il “vecchio imbecille” ci dà una mappa farlocca e ci spedisce alla ricerca della Caverna del Drago, dove ovviamente (perché è tutto dannatamente ovvio, qui) si annida il bestio. E qui iniziano le grane. Praticamente la prima parte dell’avventura consiste nel raggiungere il villaggio di Stonemarten. Una passeggiata, se non fosse che è possibile arrivarci da una serie di strade… una sola delle quali si può imboccare e seguire per libera scelta. Due su tre dei sentieri iniziali portano Pip all’interno di una serie di situazioni che vengono decise unicamente dal lancio dei dadi, e che sono tutte potenzialmente letali. Che si tratti di un burrone, di un troll che ti ruba tutto se non hai un certo oggetto, di un uomo di pietra o di altro, tutto può uccidere, e alla fine si arriva a Stonemarten, purtroppo non si sa bene come. Infatti quello che è evidente è il pasticciaccio compiuto da Brennan nello scrivere e nel concatenare i paragrafi: consequenzialità decisamente dubbie (non entri nel villaggio, e dopo due paragrafi ti ci ritrovi dentro senza aver fatto niente), sezioni smozzicate (“Sì Pip, la magia dovrebbe funzionare. Ora torna al paragrafo e combatti”) o addirittura ridotte all’osso (“Vai al xx”), col risultato che c’è da grattarsi la testa per capirci qualcosa.
Poi c’è il villaggio, e qui l’autore dà il via alla sua più nota mania, ovvero quella di fornire una mappa del luogo con tutte le locazioni visitabili. E Stonemarten è decisamente grande, vario e ricco di cose da fare e da trovare. A parte un paio di morti istantanee, si può esplorare con relativa tranquillità, ma purtroppo anche qui ci sono alcuni dei paragrafi stranianti visti nella prima parte, e la traduzione, che come stile non è male, non riesce a rendere del tutto l’originale, privando della giusta ironia una situazione già abbastanza sconcertante.
Dal villaggio si arriva alla Caverna del Drago, e purtroppo le cose non cambiano di molto a livello di gioco. Per trovare il passaggio che porta fuori dal villaggio ci va un tiro di dadi vita-o-morte veramente ingiusto; poi c’è da decidere la direzione per la caverna, e anche qui chi sbaglia muore; infine, la Caverna stessa è di nuovo il trionfo degli errori di sequenziamento dei luoghi. Ostacoli che bloccano la strada arrivando da una direzione non ci sono se si proviene dalla direzione opposta, un tunnel costituisce una sorta di “teletrasporto” che evita un paio di stanze molto difficili (dico teletrasporto perché se si prova a disegnare una mappa non ha nessun senso)… E poi c’è la bellissima questione della chiave. C’è un posto dove si deve combattere, e se si vince si può aprire due scrigni a scelta tra quattro. Solo uno nasconde la chiave indispensabile per finire l’avventura, e in teoria anche se si perde lo scontro si ottiene comunque lo scrigno con la chiave… peccato che il paragrafo a cui si viene mandati, in questo caso, sia sbagliato e quindi diventa impossibile avere la chiave! Cosa si è bevuto Brennan?
Ma non è finita! Anche riuscendo a proseguire, si arriva ad una sezione dove di nuovo la topografia della Caverna è pura opinione, poi c’è un combattimento semi-proibitivo, e poi c’è da aprire un forziere e anche qui, sbagli a non finire nei rimandi tra un paragrafo e l’altro: - Tagli le ragnatele con EJ? -> Hai perso l’arma che stavi usando (EH?) - Le tagli con un’arma normale? -> Ha funzionato benissimo (EEEEEEH?!?!?!)
Davvero, non c’è modo di capire quanto Caccia al Drago manchi completamente di editing se non leggendolo. E’ un pasticcio continuo, senza logica, sembra di essere nel Paese delle Meraviglie. A peggiorare le cose, il libro è un continuo lancio di dadi per determinare se Pip si salva la pellaccia oppure no. Non sarebbe strano se, dopo aver finito il libro, il lettore passasse qualche giorno a dire “2-6” e “7-12” invece di “destra” e “sinistra”, tante volte questa dicotomia compare nel testo (con opportune varianti: 2-5/6-12, oppure 2-4/5-9/10-12, ecc). Quasi ogni situazione dove non si debba combattere si risolve con un lancio di dadi di questo tipo, e non solo: perfino in molti combattimenti ci sono risultati che possono uccidere istantaneamente Pip. Non dico che il destino non possa avere un ruolo, ma qui si è più che esagerato.
La cosa spiace soprattutto perché l’avventura è ottima sotto tutti gli altri punti di vista. Merlino mette a disposizione un intero libro di incantesimi, dai nomi tradotti con rara genialità (BEN=Botta Esoterica Nullificante, AVIS=Antidoto al Veleno Immunizzante e Sistematico); il villaggio di Stonemarten è un ottimo preludio a quello che si incontrerà nei libri seguenti; e soprattutto la Caverna del Drago offre un crescendo di tensione che raggiunge un climax spettacolare quando si arriva nella stanza dei draghi vera e propria. Qui si possono leggere cinque o sei paragrafi talmente ispirati che si fa fatica a credere che facciano parte dello stesso libro. E di trovate geniali ce ne sono anche moltissime altre, dal celeberrimo enigma del Demone Poetico (ormai un classico per chi lo conosce) al Minotauro che pensa che la sua testa sia diventata così perché ha mangiato troppi hamburger, alle pergamene cifrate, fino appunto al magnifico forziere dalle mille trappole, preludio ad uno scontro finale impegnativo ma non infattibile.
In effetti, dopo averlo finito, Caccia al Drago non lascia delusi, anzi si capisce che si tratta di un buon librogame. Il suo problema non è tanto quello che è, ma quello che poteva essere e non è. Se fosse stato curato meglio nella sequenza dei paragrafi e se non avesse questo tormentone dei lanci di dado, sarebbe eccellente. Così com’è soddisfa e diverte, ma non si può proprio fare a meno, ogni volta che ci si gioca, di chiedersi: “Macheccaz…?”
Titolo originale: The Den of Dragons Autore: John Herbie Brennan Anno: 1984 Illustrazioni: John Higgins Traduzione italiana: Flavio Gregori (1987)
Nel 1984 John Herbie Brennan pubblicò la bellezza di cinque librogame, tre episodi di Grailquest e i primi due capitoli di Sagas of the Demonspawn, l’italiana Fire*Wolf. Un bel carico di lavoro, non c’è che dire. L’ispirazione dell’autore era ai massimi storici e la sua produzione del periodo rivela una quantità di idee e contenuti in grado di surclassare la concorrenza, eppure da qualche parte doveva venir meno la correttezza formale. I librogame richiedono una sapiente pianificazione, altrimenti rischiano di non funzionare, o di funzionare male, pur conservando il loro valore letterario. Solo la mancanza di tempo può giustificare l’organizzazione confusa del secondo episodio di Alla Corte di Re Artù.
C’è una lunga introduzione tutta da leggere, ancora una volta in grado di trasportare il lettore nelle immaginarie contrade di Avalon, ora minacciate da uno spaventoso Drago d’Ottone. La gigantesca creatura è scaturita da un luogo chiamato Spettrale Regno dei Morti e sta radunando attorno a sé un esercito di draghi, contro cui i Cavalieri della Tavola Rotonda non possono opporsi. Spetta a Pip risolvere la grana ed affrontare il mostruoso rettile nella sua tenebrosa dimora, la Caverna del Drago. Merlino gli assegna un nuovo armamentario di formule magiche e gli propina una ricca “lista della spesa”, ossia un elenco di oggetti da acquistare con il proprio denaro (Merlino non può pagare perché Re Artù minaccia di togliergli la pensione). D’ora in poi Pip non partirà in missione munito di tutto il necessario, ma solo di poche cose che il lettore giudica indispensabili.
Che sorpresa iniziare l’avventura nei pressi della propria fattoria, accanto alla mucca preferita che bruca indisturbata! Ci sono ben quattro strade verso cui dirigersi, scarabocchiate su di una pergamena macchiata di tè; tutte passano per un’intricata foresta e portano, prima o poi, al villaggio maledetto di Stonemarten. Non c’è dubbio che si riesca a raggiungere il paese, solo che la coerenza tra i paragrafi di questa sezione è pura opinione. In balia del caso si può finire ammazzati o derubati, perdendo così i preziosissimi oggetti conquistati ne Il Castello di Tenebra, ma è all’interno di Stonemarten che il gioco si fa duro.
Una bella mappa disegnata da John Higgins, autore anche stavolta di ottime illustrazioni, presenta un enorme villaggio circondato da una palizzata. C’è una discreta quantità di luoghi da esplorare, in cerca di preziose informazioni sulla Caverna del Drago e di utili artifici magici; di pari passo si corre il rischio di cadere in trappole micidiali, come case che crollano, banchetti avvelenati che non è dato rifiutare, ratti appestati, mostri che prosciugano tutti i PUNTI DI VITA ed altre amenità. Una volta scoperti i pericoli è facile evitarli, ma credo che le prime esplorazioni di Stonemarten abbiano un tasso di mortalità del 100% (con relativa scomparsa degli oggetti magici presenti o già posseduti). Se si ha fortuna si troveranno alcune utili pergamene vergate dal personaggio-guida di questo volume, un frate guerriero di nome Etelberto. Costui ha eluso tutti i pericoli disseminati tra Stonemarten ed i più remoti recessi della Caverna del Drago, ma evidentemente non ce l’ha fatta a sconfiggere il mostro.
Anche attenendosi scrupolosamente ai suggerimenti di Etelberto, la strada che da Stonemarten porta alla Caverna è irta di pericoli, in particolare un lancio di dadi vita-morte invertito (lanciare alto è negativo), che sembra fatto apposta per fregare i giocatori avvezzi alle comodità della Gemma della Fortuna. Nel sotterraneo finale le cose non migliorano: la mappa è priva di logica, sono presenti combattimenti piuttosto serrati (lo spettro, il Minotauro ed il mollusco), un azionamento di leve casuale con pericolo di morte (grazie alla traduzione errata) ed un paio di erroracci che pregiudicano lo svolgimento dell’avventura (il clamoroso errore della cesta e altri pasticci di minore entità).
A parte la gran quantità di pericoli micidiali spiattellati a tradimento, Caccia al Drago non è troppo difficile da terminare se si possiedono gli oggetti magici de Il Castello di Tenebra, che per la prima ed unica volta sono riassunti ad inizio volume per garantire il perfetto collegamento tra le avventure. Senza la Gemma della Fortuna è un’ordalia della sorte, perché ci sono un sacco di lanci aleatori a decidere il destino della partita ed è perfettamente lecito fallirne qualcuno. Non mancano gli avversari agguerriti, ma almeno contro costoro si possono usare gli incantesimi, non più gratuiti come nel primo episodio. Mi piacerebbe sapere se per un Dito di Fuoco si richiede un lancio di 7 o più e l’investimento di tre PUNTI DI VITA, visto che nel primo librogame la formula funzionava automaticamente. In caso contrario, perché mai utilizzarlo al posto della più efficace D.A.D.? E la B.E.N.? Come cavolo si applica? Occorre colpire per assegnare il danno? C’è tanta confusione intorno al Primo Libro degli Incantesimi e non verrà mai fatta chiarezza nel corso della serie.
Complessivamente l’avventura è avvincente e lo stile di Brennan sa risollevare l’umore anche quando i dadi lo affossano. Questo librogame non è privo di qualità e sotto certi aspetti è largamente superiore alla media; ciononostante dal punto di vista di storia ed ambientazione ci sono carenze, soprattutto personaggi inseriti in maniera estemporanea e per questo incapaci di convincere. Non credo che il lettore possa restare insoddisfatto, tuttavia mi sento in dovere di segnalare Caccia al Drago come un capitolo interlocutorio della serie, un po’ raffazzonato, ma che avrebbe offerto moltissimo in una veste più completa e curata.
Ambientazione: 7 Stile di scrittura: 7 Bilanciamento: 5 Interattività: 7 Aspetto grafico: 8
Il secondo episodio di questa saga parte con premesse abbastanza simili a quelle del primo: a Camelot c'è un problema molto grave e i Cavalieri della Tavola rotonda sembrano tutti troppo presi da altre faccende per potersene occupare. Re Artù chiede aiuto a Merlino che, per la seconda volta, ricorre all'inestimabile assistenza di Pip. Il problema in questo caso è una grande invasione di draghi che stanno depredando il paese. Come se non bastasse, sono guidati da un Drago di Ottone che, a quanto pare, è molto più forte di loro. Anche qui abbiamo una vicenda abbastanza aderente agli schemi ormai consolidati della Heroic Fantasy: un eroe che deve eliminare un mostro, superando nel frattempo una serie di prove.
Per quanto riguarda la continuità con il primo volume, ci sono due aspetti da prendere in considerazione. Dal punto di vista della narrazione (la parte libro-), ci si limita a ripescare gli stessi personaggi della storia precedente a pochi mesi di distanza dalla sua conclusione; dal punto di vista dell'interattività (la parte -game), Brennan esegue invece un lavoro scrupoloso e ci presenta una lista di tutti gli oggetti che potrebbero essere stati trovati nell'avventura precedente, ricordandone l'utilizzo (quando noto) e consentendo di tenerli. La mente del giocatore corre subito alla famigerata Gemma della Fortuna, che infatti è compresa nella lista e rende l'avventura molto più facile. Questa è l'unica volta che ci viene fatto un simile favore e nei prossimi libri la questione dell'equipaggiamento conservato tra una missione e la successiva sarà trattata in maniera molto approssimativa e sarà il giocatore a decidere cosa portare con se e cosa no.
L'avventura inizia con il solito briefing di Merlino e fin da subito vediamo un netto salto in avanti rispetto all'ultimo incontro. L'autore ha chiaramente deciso che direzione prendere e percorre felice il sentiero dell'ironia. Merlino non fornisce nessun equipaggiamento a Pip, eccetto la spada e l'armatura, dato che ha pochi soldi e Re Artù ha minacciato di non dargli una pensione; Pip deve quindi provvedere di tasca propria per equipaggiarsi scegliendo gli oggetti da una lista abbastanza fornita. In compenso Merlino fa ammenda regalando a Pip un intero armamentario di formule magiche dai più svariati effetti, che possono aiutare a rendere più facile l'avventura. Si tratta di incantesimi che possono essere usati in ogni momento (con l'eccezione di uno solo) e forniscono determinati bonus nei combattimenti. Questo renderà molto più vario il gioco perché si potranno sperimentare varie strategie per sconfiggere i nemici.
Dopo essersi equipaggiato a dovere, Pip si troverà quindi in marcia, munito di una semplice mappa con quattro sentieri segnati. Dopo un breve viaggio (non del tutto privo di imprevisti), arriverà al villaggio di Stonemarten e lì cominceranno i problemi. Qui, infatti, per la prima volta Brennan ricorre ad un espediente che poi diventerà una costante nelle opere successive: la mappa numerata. Al lettore infatti viene presentata una serie di locazioni, a ciascuna delle quali corrisponde un paragrafo, che possono essere visitate più o meno in qualsiasi ordine. Ad essere sincero, non sono sicuro della bontà di questo sistema di gioco. In pratica ogni zona rappresenta un (mini) blocco narrativo e lo sviluppo di una trama lineare ne risente molto: così è troppo facile scrivere un librogame. A difesa di questa scelta, comunque, possiamo controbattere che quasi nessun paragrafo viene sprecato perché un lettore scrupoloso può visitare tutte le locazioni della zona, cosa che ovviamente non sarebbe possibile se lo svolgimento dell'avventura venisse diviso fin da subito in due tronconi. A prescindere dal metodo usato per costruire la storia, il villaggio di Stonemarten è comunque un posto memorabile. Si tratta, in breve, di un piccolo paese rurale colpito da una maledizione che si manifesta nei modi più disparati: è pressoché impossibile andarsene, c'è un mostro di acqua nel pozzo, il banchiere è diventato uno gnomo (di Zurigo!) e altro ancora. La fantasia di Brennan e il suo umorismo surreale non conoscono limiti e la fanno da padroni in questa parte dell'avventura. Bisogna però aggiungere che tutti gli incontri effettuati riescono a non stonare troppo in un'ambientazione fantasy; lo stesso non si potrà dire per i libri seguenti. La seconda parte dell'avventura si svolge in una caverna e segue lo schema dei librogame "normali", con scelte alla fine di ogni paragrafo, anche se in alcuni casi è permesso tornare indietro. Ci sono vari problemi in questa seconda sezione, ma non dovuti all'autore, quanto a un cattivo lavoro di revisione/impaginazione/traduzione. Il modo migliore per giocare serenamente questo volume pare infatti passarlo a un amico con molta pazienza e farsi preparare una paginetta di errata corrige. Il finale è carino, ma non eccezionale, con Pip che finalmente affronta il famigerato Drago di Ottone e riporta la pace ad Avalon. Se il giocatore ha portato a termine anche il primo volume e non ha fatto troppi passi falsi nel secondo, il combattimento è davvero semplice, altrimenti può risultare più ostico (ma mai impossibile).
Tirando le somme (e soprattutto chiudendo uno o due occhi sugli innumerevoli errori qua e là), questo episodio risulta più completo, longevo e impegnativo rispetto al precedente ed è anche uno dei migliori in tutta la serie. Rimane quindi il rimpianto per la scarsa cura con cui è stato trattato prima della pubblicazione.
La caccia al mostro, e'la piu' classica delle avventure fantasy. Con questa premessa inizia il secondo capitolo di questa collana. La costante, di questa serie e' che se c'e' un problema a Camelot, i cavalieri non ci sono mai, quindi tocca al protagonista, l'incombenza della missione. Per fortuna Merlino ci equipaggera' a dovere...pagando... Si perche' la gag iniziale, dopo il lungo prologo, comincia con il nostro mentore che e' a corto di denaro, e il "buon" re Artu' minaccia di decurtagli la gia' misera pensione. Al povero protagonista tocchera' pagare di sua tasca l'equipaggiamento in piu'. Fortunatamente gli oggetti trovati nella precedente avventura sono rimasti e almeno Merlino dona un libro di incantesimi nuovi. Quindi inizia l'avventura, dove nulla e' scontato, per arrivare al drago, dovremo passare da un villaggio dove ne succederanno di tutti i colori. A chi non conosce il libro, lascio il divertimento di scoprirlo. L'organizzazione generale del volume e' meno ordinata di quello precedente, ma comunque e' sempre un'avventura di gusto. C'e qualche errore ma per me perdonabili.