A Camelot, nel leggendario regno di Avalon, il potente Re Artù tiene la sua corte. Le terre più lontane sono costantemente minacciate da draghi assetati di sangue e da crudeli stregoni dotati di malefici poteri. Perciò i cavalieri della Tavola Rotonda, Lancillotto, Galahad, Percival e tanti altri, sono sempre impegnati in difficili imprese per proteggere i deboli e riparare alle ingiustizie. A te è toccato il compito di penetrare nella fortezza del mago Ansalom, devi liberare la regina Ginevra che è stata rapita e langue in qualche oscura segreta.
Quante meraviglie inaspettate nasconde questo piccolo libretto! Il Castello di Tenebra è il volume che apre, come meglio non si potrebbe, la brillante serie di J.H. Brennan ambientata Alla Corte di Re Artù. Immediatamente il mago Merlino chiama il lettore, rivolgendoglisi con tono bonario, quasi come uno zio affettuoso, trasportando via la sua mente e trasferendola nel corpo del giovanissimo protagonista, Pip, che vive con i suoi genitori contadini a Glastonbury, non distante da Camelot.
E’ proprio la prolissità della parte narrata a farla da padrone in questo primo libro. Prima che inizi l’avventura vera e propria c’è infatti un prologo, solo in piccola parte giocabile, che si porta via un’abbondante cinquantina di pagine, e in cui vengono narrate un bel po’ di cose su Camelot e i suoi frequentatori, su Merlino e sullo stesso Pip. Tra un racconto e una descrizione molto dettagliata e discorsiva delle regole di gioco c’è giusto il tempo per una scazzottata a mani nude con un antipatico villico (che dimostra subito quanto sia difficile fare più di 6 con due dadi quando ti serve, alla facciazza del buon senso e della statistica). Sorprende davvero il tono paternalistico che pervade tutto il libro, comunque: ci si sente accolti all’interno di un altro mondo, un’altra epoca, con Merlino (del resto il libro è un suo incantesimo) che sembra sempre lì a sussurrarti all’orecchio quello che sta succedendo, a suggerirti quello che potresti fare… è un’atmosfera strana, ed è meglio godersela visto che sparirà abbastanza presto nei volumi successivi. Nessun altro libro come questo dimostra la straordinaria abilità del Brennan narratore per ragazzi.
Quando finalmente l’avventura comincia, il piccolo Pip si ritrova sul groppone il compito di andare nel castello del mago più bastardo della contea, tale Ansalom, per riprendere la regina Ginevra, rapita sotto il naso del re e dei suoi cavalieri (e da qui si capisce subito che aria tira a Camelot). Raggiungere il castello non è difficile se si prende la strada giusta, ma potrebbe esserlo se si prende l’altra. Una volta arrivati nel Castello di Tenebra, poi, ci si ritrova in un ambiente dove l’autore ci lascia ampia libertà di scelta, tanto da dirci “disegnati una mappa e usala per spostarti in qualsiasi momento nei luoghi che hai già visitato”. Questa idea di farsi una mappa, che sarà fondamentale in seguito ma che purtroppo viene suggerita solo in questo libro, è caldeggiata da due fatti: - avere una mappa significa che, se si muore, si possono evitare a priori tutte le trappole in cui si è caduti. Visto che una di queste può togliere 20 Punti di Vita o addirittura uccidere sul colpo, perché rischiare? - caso unico in tutta la serie, e alquanto infelice, alcuni paragrafi non rimandano indietro al punto da cui ci si è arrivati. Questo evidenzia un punto fondamentale: l’organizzazione del libro è piuttosto grezza. Oltre alle indicazioni mancanti troviamo paragrafi non sequenziali (puoi combattere un nemico al buio, ma se invece riesci a far luce e poi decidi di combattere, vai allo stesso paragrafo del combattimento al buio!), situazioni un bel po’ ambigue (vedere la stanza prima di quella di Ansalom) e in generale una certa superficialità, come si vede dai paragrafi in generale brevi e sbrigativi.
La calibrazione della difficoltà si salva solo per un motivo: Pip indossa una giubba di pelle di drago, che assorbe 4 punti da ogni danno subito. Senza questa giubba l’avventura sarebbe impossibile, visto che ci sono molti nemici che colpiscono facendo 4 o addirittura 3, e dotati di bonus al danno davvero notevoli. Vero, se si muore e si ricomincia i nemici già sconfitti non ritornano, ma si perdono anche tutti gli oggetti… che sono tanti e tra i più gustosi della serie, come la mitica Gemma della Fortuna, che permette di aggiungere o sottrarre 3 ad ogni lancio di dadi e quindi di facilitarsi tantissimo quest’avventura e le due successive.
Come avventura introduttiva Il Castello di Tenebra è comunque ben fatta. Gli oggetti e le poche ma efficaci magie a disposizione creano una bella esperienza di gioco, non troppo lunga ma discretamente impegnativa, anche se non certo MOLTO DIFFICILE come vorrebbe farci credere l’autore, a meno di andare a infognarsi in due o tre combattimenti veramente tosti. L’atmosfera è perfettamente resa usando tutti i clichè del genere: botole, passaggi segreti, scheletri animati, veleni, vampiri, serpenti velenosi, zombi. Arrivare alla fine al primo tentativo non è affatto scontato. Ad aggiungere un po’ di pepe al tutto ci pensano il Demone Poetico, qui alla sua prima, lunghissima ed esaltante apparizione, che ci chiederà di scrivere una poesia (si spera non imitando il suo pessimo stile, al contrario di quella che scrissi io); l’incontro con la Dama del Lago; e un piccolo folletto irlandese, prima vittima delle frecciatine dell’autore su questo o quel popolo della Gran Bretagna.
La traduzione del libro è ECCEZIONALE. E’ davvero incredibile quanto bene sia stato reso lo stile di Brennan, ma soprattutto quanto bene sia stato adattato il tutto per il pubblico italiano. Del succitato folletto si dice: “… ti risponde con uno spiccato accento irlandese (non ti aspettavi mica che parlasse napoletano?)”. Tra i grandi nomi a cui si può paragonare il Demone Poetico spicca nientemeno che Giacomo Leopardi, le rime sono rese in modo egregio… veramente fantastico, anche se bisogna dire che la verve dell’originale è insuperabile (una particolare poesia scritta da Ansalom stesso, per esempio, in inglese è davvero di una bruttezza immonda). Ci sono però due piccole note stonate. Ad esempio, in una stanza trabocchetto in inglese c’è un messaggio evidentemente cifrato, il primo di una lunga serie, che però in italiano è stato semplificato scrivendolo semplicemente a specchio. Secondo, e molto più importante, il serpente al paragrafo 75 dovrebbe colpire con un 6, e non con un 5 come è stato tradotto.
Il Castello di Tenebra è evidentemente un prodotto di transizione per Brennan. Da un lato cerca di conservare l’abbondante ed evocativa narrazione di Fire*Wolf, dall’altro è evidente che vuole offrire un’esperienza di gioco più agile e più equilibrata. Pur nella sua brevità e semplicità, ci riesce in pieno, offrendoci un ottimo “romanzo interattivo” che incanta e fa sorridere a più di vent’anni di distanza.
Titolo originale: Castle of Darkness Autore: John Herbie Brennan Anno: 1984 Illustrazioni: John Higgins Traduzione italiana: Renata Caruzzi e Judy Moss (1987)
Come avviare una serie di librogame fantasy, che utilizzano come sfondo una parodia del ciclo arturiano? Penso che la maggioranza degli autori non saprebbe che pesci pigliare, invece il geniale John Herbie Brennan nel 1984 aveva già le idee chiare. Il Castello di Tenebra è l’affascinante primo volume della serie Alla Corte di Re Artù ed a mio giudizio è il miglior esordio nella collana E.Elle, forte di una realizzazione eccellente e di una traduzione ineccepibile.
Il valore di questo piccolo librogame risiede principalmente nell’approccio letterario, davvero tra i più originali, evoluti ed accattivanti mai proposti ad un pubblico giovane. L’avventura vera e propria è preceduta da un ampio prologo nel quale le regole sono introdotte a piccole dosi, man mano che il lettore prende familiarità con la storia ed i personaggi. Oltre ad un paio di aneddoti sulla vita alla Corte di Re Artù (secondo Brennan, ovviamente!), si assiste alla pomposa e nello stesso tempo segretissima convocazione del giovane Pip da parte del mago Merlino. Il protagonista è un semplice figlio di contadini, per il quale una scazzottata al mercato di Glastonbury costituisce già un’avventura degna di tale nome. Di punto in bianco gli viene chiesto di salvare la regina Ginevra dalle grinfie del mago Ansalom, lo stregone più perfido del regno che si nasconde in un maniero zeppo di trappole e mostri. Perbacco!
Merlino è assai premuroso nei confronti dello sparuto giovinetto, per la prima ed unica volta nel corso della serie. Per superare le insidie del Castello di Tenebra Pip riceve un equipaggiamento di tutto rispetto, del quale sentirà la mancanza dal quarto volume in poi; è perfino iniziato all’uso della magia, per ora limitata ad incantesimi offensivi semplici ma efficaci. Nella sezione introduttiva è presente anche una sezione di Suggerimenti che elargisce consigli preziosi, allo scopo di affrontare il gioco nel modo migliore; in particolare si consiglia di tracciare una mappa, attività indispensabile per ripercorrere la strada a ritroso in un librogame che in certi punti è un vicolo cieco. Attenzione, ciò non ha nulla a che vedere con Dimensione Avventura: semplicemente da certe sezioni non è indicata la strada per tornare indietro ed è previsto che il giocatore riprenda da un paragrafo già visitato. Questo sistema consente all’autore di risparmiare paragrafi e di costruire un “dungeon” liberamente esplorabile; l’unica critica che si può muovere a Brennan è l’approssimazione con cui spiega questo punto fondamentale (si consiglia di fare una mappa, ma in realtà è un imperativo).
La prima volta è abbastanza difficile (non veramente) trovare Ansalom e la regina, ma già dalla seconda partita un giocatore sveglio dovrebbe essere in grado di farcela. L’avventura è correttamente bilanciata, tenuto conto che la variabilità dei percorsi è ridotta e che la maggior parte delle trappole può essere elusa con l’esperienza. I combattimenti più serrati si possono evitare ed in quelli obbligatori la giubba di pelle di drago è una protezione adeguata, tenuto conto che ci si può curare con l’abbondante scorta di Balsami e Pozioni; quest’ultime non provocano “effetti dannosi” se conservate a lungo (qui la traduzione zoppica), però se non si usano stabilmente per reintegrare i PUNTI DI VITA ci si può pentire della propria parsimonia.
Il cuore del librogame è costituito dal castello, dalle trappole e dagli incontri, al pari di molte altre avventure fantasy. Tuttavia John Herbie Brennan è un autore famoso per rompere ogni schema, per sorprendere con trovate geniali ed insospettabili. Così ne Il Castello di Tenebra tutto è nello stesso tempo familiare ed anticonvenzionale. Ci sono mastini ringhianti e galline feroci, serpenti velenosi e ragni amichevoli, pozzi trabocchetto e stanze in cui risolvere un enigma, bacchette magiche ed anelli che danno il formicolio, la Donna del Lago ed un Demone Poetico che adora essere paragonato a Gianni Rodari. Tanto di cappello ai traduttori per una trovata così umoristica! Del resto chi diavolo conosce Pam Ayres in Italia?
Il Castello di Tenebra è stato il mio primo librogame ed ogni volta che lo gioco provo un’emozione particolare, intensificata dalle straordinarie illustrazioni di John Higgins. Da un lato c’è un testo ammiccante e paternalistico, con un autore che prende il lettore per mano, lo incoraggia o lo sbeffeggia bonariamente; dall’altro ci sono queste tavole gotiche, inquietanti, capaci di suscitare forti emozioni. Ricordo che da bambino non sopportavo a lungo lo sguardo del vampiro assetato di sangue al paragrafo 122 e che il vecchio guardiano al paragrafo 50 mi trasmetteva una terrificante sensazione di ambiguità. L’ispirazione del disegnatore è gradualmente venuta meno nei volumi seguenti, però in questo ha dimostrato una capacità espressiva impareggiabile.
Data la limitata longevità dell’avventura si tende a sottovalutare la ricchezza e la qualità del materiale, allo stesso tempo avvincente ed esilarante. Il regolamento ed i leit motiv della serie sono introdotti senza fretta, perciò non c’è da stupirsi se restano impressi. Il Castello di Tenebra va letto come un’introduzione alla serie, ma a differenza di librogame con lo stesso obiettivo (mi viene in mente I Labirinti di Krarth, serie Blood Sword) qui c’è una superiore qualità letteraria, un’esaustiva panoramica su regole ed ambientazione, una missione non scontata e correttamente bilanciata. Per chi non si accontenta c’è il gustosissimo humour britannico, in grado di trasformare la fortezza di uno stregone malvagio in un luogo divertente. Divertente sì, ma in cui si può anche tirare le cuoia e capitare al 14 per i motivi più disparati. E ricordatevi di prendere ben atto, che la curiosità ha ucciso il gatto!.
Ambientazione: 8 Stile di scrittura: 9 Bilanciamento: 9 Interattività: 7 Aspetto grafico: 10
La celeberrima saga di Brennan si apre con un volume ispirato alle più tradizionali trame dei film di azione (non necessariamente limitati a quelli di cappa & spada). Abbiamo quindi Pip (Hero) che deve salvare Ginevra (Damsel in Distress) dalle grinfie del mago Ansalom (Villain) e delle sue stupide guardie (Henchmen), grazie all'aiuto di Excalibur Junior (Sidekick), soffermandosi su intermezzi ridanciani come il Demone Poetico (Comic Relief). Gli elementi sono questi, ai quali ovviamente aggiungiamo i cliché ben noti della foresta selvaggia, del castello costruito sul bordo della scogliera e del sotterraneo pieno di mostri feroci. Ma John Brennan, conoscendo bene il proprio mestiere di scrittore, non si ferma a questo (passabile) canovaccio stereotipato: va ben oltre.
Questo libro, infatti, contiene già in nuce quelli che saranno il leitmotiv e le running gag dei sette libri successivi. Tanto per cominciare, l'autore stesso è uno dei personaggi: nei primi paragrafi parla al lettore per bocca di Merlino spiegando le regole (invece di scriverle a inizio volume), per tutto il resto del libro è la voce narrante che non si limita a enunciare i fatti ma li commenta anche, come un vecchio zio che legge da sopra la spalla del nipotino, pronto a sgridarlo o a consigliarlo. Inizia poi una sistematica opera di dissacrazione ai danni dei vari Cavalieri della Tavola rotonda, degna del miglior Monty Python. Re Artù si fa soffiare Ginevrà sotto il naso dal mago Ansalom, i suoi cavalieri accampano le scuse più cretine che si possano sentire per non farsi affibbiare la missione (sembrano le giustificazioni di uno scolaro delle medie) e Re Pellinore (unico ad accollarsi l'ingrato compito) si perde nei boschi... Lo stesso Ansalom, mago potente e spietato, commette crimini così orrendi che ci si spaventa solo a nominarli: manda pestilenze, prosciuga fossati e ruba maiali! Non a caso, qualora si scoprisse verso la fine del libro la sua stanza del tesoro, insieme a denaro e preziosi si troverebbero anche molti suini (l'autore precisa che questa è l'unica parte del bottino che va assolutamente restituita ai legittimi proprietari). E' pur vero che, nella prima opera del ciclo, l'autore non spinge a fondo sul pedale della parodia e buona parte del libro ha un tono abbastanza serio, senza necessariamente scadere nel pedante. Solo a partire dal secondo libro, Brennan darà libero sfogo alla propria vena satirica. Ma di questo parlerò a tempo debito (ovvero nelle recensioni seguenti).
La difficoltà della missione è calibrata piuttosto male, perché Pip ha un equipaggiamento di eccezionale qualità e quantità e, nel corso dell'avventura, trova una serie di oggetti che lo rendono potenzialmente invulnerabile (uno su tutti è la famigerata Gemma della Fortuna). Se aggiungiamo anche una struttura abbastanza lineare del castello stesso (la strada per arrivare dal mago è una sola) e un numero di paragrafi inferiore a duecento, si vede subito che il libro è pensato come introduzione soft al mondo di Re Artù e il dodicenne medio lo finisce senza problemi nel giro di un pomeriggio. Questo spiega il voto non eccelso che ho dato. Mi piace pensare, però, che l'eccessiva semplicità di questo libro non sia solo un caso dovuto a inesperienza o assenza di cura. Sarebbe davvero bello che Brennan avesse appositamente aperto la saga con un titolo adatto a chiunque, per poi infierire impietosamente sul povero lettore ignaro nei sette libri successivi: questo sì che sarebbe un ottimo esempio di British Humour.
Brennan ha sempre amato gli scherzi e, tra tutti, questo potrebbe essere il più colossale!
La collana "Alla corte di Re Artu'", si apre nel migliore dei modi. Una parte narrativa mai noiosa, humor e humor a manetta. Brennan,scardina tutti gli schemi di un' avventura di questo genere e quindi ogni paragrafo, e' una vera sorpresa. Altro che l'eroe nobile senza macchia e senza paura, il protagonista e' un povero villico che senza tanti patemi, viene prelevato di peso e lo ficcano dentro in un impresa che sa di beffa. L'immagine del povero re Artu' che e' cosi disperato da affidare la missione al primo che passa, (tutti i cavalieri avevano una scusa piu' o meno fantasiosa) e' geniale. L'intera serie sara' improntata in questo modo. Questo volume, sara' comunque il piu' facile, infatti e' molto lineare e a vantaggio del giocatore che sara' equipaggiato con un'arma magica, una armatura e 2 incantesimi diretti e distruttivi. Esplorando il castello del titolo, trovera' alri oggetti MOLTO utili e sopratutto il personaggio secondario idolo delle folle: il Demone Poetico, che riciccera' fuori, in tutti i volumi, in luoghi o in contesti sempre diversi. Plauso anche all'illustratore John Higgins, che con il suo tratto pulito illustra magnificamente il libro.