| Categoria: Librogame E.L. - Singoli Libri Sortilegio
|
Titolo: 04 - La Corona dei Re | Valutazione: 10.00 Letture:5403 | Steve Jackson | Bastano un paio di dadi, una gomma e una matita per lanciarsi in un’avventura ai limiti dell’impossibile: questa è l’ultima tappa, e la Fortezza di Mampang già si staglia tra le alture nebbiose... Puoi giocare la parte del Mago o quella del Guerriero, le misteriose creature che stai per affrontare impegneranno tutte le tue riserve di energia. Ma non basta: devi anche avere buona memoria, osservare i più piccoli indizi, risolvere qualche enigma... |
Valutazione media:
|
(1)
|
|
(10)
| |
Data pubblicazione 13/1/2007
|
|
Inviata da: CarlosIII il 6/9/2007 |
|
|
|
|
Valutazione generale:
| |
10
|
|
La corona dei re è sicuramente il Librogame più complesso, più riuscito, avvincente e maledettamente intrigante che io abbia mai visto. E' decisamente anche il più difficile da completare, e non per la difficoltà di battaglie o mostri sbilanciati, quanto a una marea di indovinelli, passaggi segreti, misteri, magie e segreti che si celano in questa specie di "cubo di rubik" in forma cartacea.
In questa avventura lo scopo del viaggio è quasi banale: recuperare un oggetto magico ad un arcimago, chiuso nella sua fortezza. Sarà anche banale, ma anche efficace e funzionale.
Innanzi tutto ci sono due modi di giocare questo LG: come avventura singola e come prsecuzione della saga precedente.
Colgo l'occasione per elogiare il grande Steve Jackson i continui collegamenti con eventi avvenuti nei volumi precedenti, che possono influenzare le situazioni nella fortezza,anche radicalmente.
Giocando il volume dopo aver già affrontato i primi tre, disporremo di una varietà di indizi, informazioni, oggetti e vantaggi accumulati nelle avventure precedenti (specialmente i maghi ),e nel migliore dei casi potremmo riuscire ad entrare nella fortezza in incognito. L'impresa non sarà facile e la morte giungerà decine di volte: esiste un unico true path (che concede poche deviazioni) e per trovarlo ci vorrà un mix di astuzia, intuitività, forza (non molta) e fortuna.
Giocando come avventura singola incvece,il rinvenimento del true path si conquista a suon di morti continue, dato che non si hanno, in genere , indizi sufficienti per evitare le numerose trappole, trabocchetti e pericoli ad ogni angolo.
All'inizio dovremo percorrere una specie di canyon per avvicinarci alla fortezza.Nonostante l'aridità del luogo, qui vivono numerose creature(originali come solo questo autore sa crearle),e spesso ostili. Trovare il sentiero giusto non sarà facile, ed anche il viaggiatore più accorto ci lascia le penne, ancor prima di avvicinarsi alla fortezza. Interagire con le creature del posto potrebbe rivelarsi redditizio, anzichè caricare tutti a spada tratta.
La struttura della fortezza è così composta: ci sono 4 porte, dette porte di Throben. Tutte sono magiche, e tutte possono essere attraversate solo conoscendone le contromisure magiche. Per trovare tutti questi indizi ci possono volere innumerevoli tentativi,ma il lettore sarà sempre spronato a tentare e ritentare,mosso da un'atavica curiosità di riuscire nella cosa.
Ci sono anche altri pericoli: gruppi di guardie d'élite, personaggi importanti entro la fortezza, custodi incantati(tutti hanno un punto debole)trabocchetti magici e persino cibi avvelenati. Se il lettore finisce il volume N3 della serie col massimo successo, accede a molte informazioni che gli permetteranno di evitare i pericoli principali.
Oltre a ciò, dovrete ottenere aiuto dalla vostra divinità, resuscitare un defunto, affrontare un guardiano demone (l'ariete senza riposo), farvi aiutare dagli uomini-uccello ribelli,fare un viaggio nel tempo, incontrare l'arcimago (sia sotto mentite spoglie che direttamente),e sconfiggerlo.
A proposito,la battaglia contro l'arcimago non è uno scontro "Titanico" stile Joe Dever, ma una battaglia non eccessiva, da risolvere con l'astuzia,pena...una brutta fine.Anche sconfiggere il mago e recuperare la corona non implica il successo automatico:bisogna essersi preparati un piano di fuga dalla fortezza.Le interazioni con gli abitanti della fortezza determineranno la riuscita di queta fuga rocambolesca,ed il felice ritorno ad Analand.
Da notare che il true path è nascosto così bene che potrebbe richiedere un mese di tempo per essere trovato. Una volta note le strade tuttavia, anche un avventuriero sempliciotto può arrivare fino alla corona. Non si riscontrano errori o arbitrio dei dadi, niente affidato al caso, nonostante la mole dell'opera: 800 paragrafi. Impressionante! La coerenza logica, cronologica e logistica degli eventi è a mio parere perfetta.
La corona dei re è un libro che potrebbe non piacere a tutti: non tutti apprezzeranno la complessita'e le complicate macchinazioni dell'autore,ma bisogna riconoscere che pochi autori potrebbero scrivere un'opera così precisa e articolata.
Il mio parere,che in questo caso è forse un pò troppo di parte,è un 10 pieno su tutti i fronti.
Ambientazione: 10 Stile di scrittura: 9 Bilanciamento: 9 Interattività: 10 Aspetto grafico: 10
Voto complessivo: 10 Difficoltà: Elevatissima
|
Inviata da: Gurgaz il 24/9/2007 |
|
|
|
|
Valutazione generale:
| |
10
|
|
Titolo originale: The Crown of Kings Autore: Steve Jackson Anno: 1985 Illustrazioni: John Blanche Traduzione italiana: Angela Izzo (1989)
La Corona dei Re conclude la saga di Sortilegio nel migliore dei modi, attestandosi come uno straordinario capolavoro per quanto riguarda il genere librogame. Steve Jackson ci ha presentato un viaggio lungo tre libri ed ora offre un degno finale, caratterizzato da una tensione spasmodica e da una difficoltà elevatissima. Non sono ammessi errori: più si giunge vicini all’Arcimago, più la probabilità di restare ammazzati sale vertiginosamente.
Per sopravvivere è importante scegliere il percorso giusto fin dalle prime battute. L’ultima parte di viaggio si snoda fra le alture dello Xamen, abitate da Uomini-Uccello e Donne-Satiro; solo uno di questi popoli si mostra amichevole ed è in grado di fornire gli oggetti e le informazioni che permettono di accedere e proseguire a Mampang. Il guerriero, in particolare, è automaticamente tolto di mezzo se non fa le cose per bene, ma in fondo è meglio morire subito che tra 300 paragrafi!
All’interno della fortezza, l’obiettivo è varcare le cinque Porte di Throben, cinque soglie protette da diverse trappole magiche. Nel frattempo è bene esplorare a fondo ogni ambiente, visto che il libro ne dà la possibilità, alla ricerca di possibili alleati, che stavolta si contano sulle dita di una mano. Occorre far tesoro dei suggerimenti ricevuti dai Sette Serpenti, perché a Mampang le infide creature e le raffinate trappole non perdonano gli avventurieri incauti. In aiuto al giocatore giungono le conoscenze e gli oggetti più remoti ed inattesi, perché a questo punto i pezzi del puzzle si ricompongono con precisione maniacale. Si scopre che un goblin ne Le Colline Infernali aveva al collo la chiave della Sala delle Torture, che la fiala donata dal Simulatore ne I Sette Serpenti può effettivamente fermare l’ariete che non può riposare, o che è stato un bene restare fedeli alla propria divinità. Tutto quadra, tutto torna al giusto posto e non restano buchi, come accade solo in un lavoro eccellente e contraddistinto da una costante ricerca dell’esattezza.
Se si escludono gli enigmi, La Corona dei Re è un librogame molto semplice, perché i combattimenti sono pochi e per nulla difficili, tenuto conto dei bonus che si sono ottenuti nel corso dell’avventura. In misura ancora maggiore rispetto al resto della serie, qui non sono richiesti lanci di dado particolarmente fortunati per trarsi d’impaccio. Quando si deve morire, si muore e basta, perché senza una certa informazione od un certo oggetto non si è in grado di proseguire. Si tratta quindi di riportare alla memoria quanto appreso fino alle porte di Mampang, compresa l’importante nozione jacksoniana che bisogna aiutare i ciechi e fidarsi di loro. Chi si è mosso correttamente nei libri precedenti vede i suoi sforzi lautamente ricompensati, grazie alla fantasia con cui l’autore recupera materiale dei libri precedenti.
L’ambiente della fortezza è l’evoluzione de La Rocca del Male, rispetto al quale appare meno raffazzonato e costruito su di un’ambientazione coerente. Vengono recuperate vecchie conoscenze come gli Uomini-Lince e gli Occhi-Rossi, al fianco dei quali si inseriscono creature deformi come i Mucalitti o pericolosamente intelligenti come gli Uomini-Uccello. Geniale la presenza di una fazione di ‘Samaritani’ che si oppone all’Arcimago, che potremo incontrare e riconoscere tra gli umanoidi alati ostili. Sono inseriti diversi personaggi, alcuni con un ruolo essenziale nella vicenda: Valinia l’Avaro, la cuoca Throg, il maestro delle torture Naggamanteh, l’inventore Farren Whyde di Ruddlestone e molti altri. Il bello è che quasi tutto può essere vissuto senza uscire dal true path, per cui si può dire che il quarto volume corregge e compensa i leggeri difetti dei numeri precedenti. Le tavole di John Blanche raggiungono finalemente il massimo della qualità e sono un vero e proprio valore aggiunto per il librogame, poiché ritraggono tutti gli incontri più significativi e trasmettono il senso di sozzura che regna sovrano nella fortezza dell’Arcimago.
Si può obiettare che il librogame è frustrante, che ci sono alcuni punti dove è facile imboccare un percorso sbagliato, che la sfida con l’Arcimago è inferiore alle attese, che non è giusto morire dopo 4 librogame di immani fatiche... ma se anche uno solo di questi pensieri ha sfiorato la mente del lettore, significa che continua a cercare in Sortilegio quello che non c’è ed a misconoscere i suoi svariati pregi. Questa serie non prevede che il giocatore finisca l’avventura al primo colpo, bensì che effettui diversi tentativi per raggiungere la tanto agognata conclusione. In ciascuna occasione si deve prendere nota di quanto accaduto, imparare dai propri errori e rielaborare un piano di contrattacco nei confronti del librogame, perché solo così la lettura successiva permetterà di fare progressi. In Sortilegio non c’è nessuna arte Ramas o lancio di dadi a salvare il giocatore dal pericolo (o ad arrecargli danno), ma tutto è già stato scritto e codificato. Il gioco è decifrare il codice e a molti può piacere più di qualsiasi altra cosa.
Se si aggiunge il fatto che le ambientazioni di Steve Jackson sono colorite e non convenzionali, che la scrittura diventa più elaborata nel corso della serie, che gli eventi e le situazioni sono sempre assai godibili, si può comprendere come mai Sortilegio sia messa al primo posto da tanti appassionati. La Corona dei Re rappresenta il climax della serie ed è una delle più fervide espressione dello stile di librogame con true path, inventato da Jackson e Livingstone per la storica collana Fighting Fantasy. Per me merita il massimo dei voti.
Ambientazione: 10 Stile di scrittura: 10 Bilanciamento: 10 Interattività: 10 Aspetto grafico: 10
Voto complessivo: 10 Difficoltà: alta
|
Inviata da: EGO il 2/3/2009 |
|
|
|
|
Valutazione generale:
| |
10
|
|
Ci sono tanti motivi per ricordare La Corona dei Re. E’ uno di quei librogame che hanno fatto la storia di questo genere editoriale: molto ne è stato scritto e dibattuto, molto ancora ce ne sarebbe. Potremmo discutere dei suoi 800 paragrafi; sì, più di 200 sono dedicati agli effetti degli incantesimi, e allora? Sono comunque 800, un record. Potremmo discutere della sua struttura, un true path terrificante che ha dato ai giocatori tanti incubi quanto l’eponima tomba creata da J.H Brennan. Potremmo discutere dell’incomparabile genialità e originalità degli incontri e delle trappole contenuti in un’ambientazione che più banale e scontata non potrebbe essere. Potremmo discutere dei suoi multipli piani di gioco, come avventura singola e come stupefacente round-up dell’intera serie Sortilegio, per il mago e per il guerriero. Potremmo; facciamolo!
La Corona dei Re si apre sulle montagne del Basso Xamen, sul sentiero che porta alla Fortezza di Mampang. E’ solo l’introduzione, eppure fa anche lei parte del puzzle: sbaglia un passo, una direzione, una decisione, e pagherai caro, pagherai tutto. Magari non subito: ma meglio subito che dopo, perché è possibile che un errore commesso qui si riveli fatale alla fine, persin dopo aver superato indenne tutte le insidie della Fortezza. Il true path della Corona si articola lungo tutto il libro, ed è assolutamente intenzionato a non lasciare in piedi se non l’avventuriero più forte, più saggio, più intelligente, più ardito e caparbio; quest’ultima caratteristica è la più importante, perché tanto nessuno finisce questo librogame senza aver fallito dozzine di volte. Si procede un passo per volta: dopo averne fatto uno in più è quasi garantito sbagliare e dover rifare tutto da capo, aggiungendo un altro passetto alla partita successiva. L’essenza de La Corona dei Re è una ricerca, la ricerca di tutte le informazioni necessarie a superare ogni ostacolo, ogni trappola, ogni creatura. Non esistono indizi utili: sono tutti vitali. I combattimenti, perfino l’ultimo, sono una formalità, quasi un obbligo verso gli schemi del librogame piuttosto che una parte del gioco: vi si deve ricorrere soltanto quando l’oggetto o l’informazione che celano sarebbero troppo facili da trovare.
Allo stesso modo, la Fortezza è solo un dungeon qualsiasi, niente di più di quanto già visto nella Rocca del Male. E’ il suo contenuto a fare la differenza: i personaggi, le trappole, le creature. La principale sottotrama dell’avventura consiste nelle quattro Porte di Throben, ognuna delle quali va superata con un metodo diverso: una chiave, una parola segreta, una conoscenza particolare – e ognuna ha il suo corollario di passaggi da seguire, in precisa sequenza, per arrivare a quel particolare metodo. Se il libro viene giocato da solo, allora non c’è scampo: ogni mossa è prestabilita, e risolvere l’avventura equivale a decifrarne la struttura. Se invece si è giocata tutta la serie dal numero 1, allora lo schema può cambiare completamente: si scopre che oggetti trovati sulle Colline Shamutanti trovano il loro impiego in queste stanze, le informazioni ricevute dai Sette Serpenti si rivelano esatte al millesimo, e aver ucciso tutti i Serpenti apre scorciatoie incredibili. Ogni tassello si incastra al suo posto, ogni parentesi lasciata aperta si chiude, ogni dubbio si chiarisce, e tutto acquista un senso. In questo favoloso mosaico c’è solo un tassello che stona un po’: è l’obbligo di avere ancora Libra al proprio fianco. Questa clausola può tarpare le ali anche al giocatore partito dal volume 1; indubbiamente è cosa di poco conto se si considera che per rinnegare Libra bisogna deviare dal true path multi-libro, però non è impossibile, ed è l’unica cosa veramente ingiusta di tutta l’avventura.
In rispetto al titolo della serie, La Corona dei Re è la definitiva consacrazione del mago, che troverà finalmente il modo di usare la misteriosa formula ZED in una scena che costituisce forse l’apice della tensione di tutta la storia. Il ricorso alla magia richiede tutta l’esperienza accumulata durante tre avventure, perché se è vero che tutte le formule proposte esistono, è anche vero che in molte situazioni usare un incantesimo è l’approccio sbagliato, e il risultato è nullo. La magia non è più una facilitazione, ma uno strumento come tutti gli altri, chiavi pozioni e parole d’ordine: va usata quella giusta al momento giusto, ed è bello che a risolvere l’ultimo scontro siano proprio quelle formule che le regole raccomandavano come più potenti e indispensabili, chiudendo un altro cerchio. Il guerriero, dal canto suo, non viene sminuito più di tanto, perché il suo percorso ricalca fedelmente quello del mago: tra i due c’è una ZED di differenza, che narrativamente parlando non è poco, ma può anche dare qualche guaietto non da poco. Oltretutto il guerriero ha il vantaggio di poter conservare quasi intatta la Resistenza, mentre il mago deve fare molta attenzione a non farsi prendere la mano: nella Fortezza le occasioni di recupero sono pressoché nulle.
La Corona dei Re è l’espressione del più puro Steve Jackson: la narrazione raggiunge i massimi livelli della saga, gli enigmi basati sui numeri si susseguono senza sosta, ogni creatura e ogni dialogo porta l’impronta inconfondibile di Steve. Leggere questo librogame significa fare un tuffo nella mente di Jackson, misurarsi faccia a faccia con lui e con il suo personalissimo modo di intendere il libro-gioco. Svelare i suoi inganni, superare le sue trappole, scoprire i suoi codici segreti è difficile, frustrante, persino estenuante; ma riuscirci è così soddisfacente che non gli si può rimproverare nulla, perché è chiaro che Jackson ha impiegato in Sortilegio tanto impegno quanto ne richiede a chi ci gioca. Anche se qualcuno lo odierà, se La Corona dei Re fosse meno austero, non sarebbe La Corona dei Re. Una fenomenale performance di John Blanche ai disegni è l’ovvio complemento di un’esperienza unica e irripetibile nell’ambito dei librogame, un “volume triplo” che vale molto di più della notevole cifra necessaria all’epoca per acquistarlo.
ERRATA CORRIGE 82: guadagni 2 punti di Fortuna, non di Resistenza. 458: la dea si chiama Glantanka, non Glaxanta. 132: manca l’opzione di non voler fare alcuna offerta, ossia la più importante! 162: senz’arma perdi 3 punti di Abilità, non di Resistenza.
|
|
|
|