Durante una delle normali imboscate sui sentieri della foresta, in attesa di qualche ricco possidente da alleggerire, ti trovi davanti un misterioso Cavaliere dell’Ordine dei Templari, dallo sguardo fiero e nobile, armato di una spada che ha la lama di uno strano colore: ti affiorano dei ricordi indistinti, verso il Cavaliere senti un misto di attrazione e odio, e sai che sta per cominciare una strana avventura...
Risulta difficile per me essere obbiettivo parlando di questo piccolo gioiello ... Insieme al numero 3 di D&D è stato infatti il primo librogame a passarmi tra le mani. Che dire, il voto parla da sè. E' un libro affascinante per lo stile di narrazione, più maturo della maggior parte delle altre serie (fatta debita eccezione di LS), ma la cosa che più apprezzo è la varietà di strade da poter percorrere.. ogni bivio ti apre possibilità infinite di sviluppo della storia, contando anche che vi sono finali diversi. Ricordo ancora di esser morto di paura quando una statua d'argento mi fissò con odio dicendo "Questa volta morirai, Uomo incappucciato"!, oppure durante il bellissimo inseguimento dei cani nella brughiera.
L'episodio è scritto da Paul Mason, ed è completamente indipendente dal precedente. Robin e i suoi compagni sono come sempre appostati nela Foresta di Sherwood, sulla strada per Londra, pronti ad avventarsi sui danarosi malcapitati che attraversano quei luoghi poco sicuri. Stavolta però il destino gli riserva un incontro con un inquietante cavaliere templare dal passato sconosciuto, così come ignoto è il motivo che lo porta a Nottingham. Affascinato e allo stesso momento preoccupato dalla presenza del cavaliere, Robin decide di investigare. A questo punto vi è il primo grande bivio del libro, che ci consente di scegliere una strada più "mitologica" ed epica scegliendo di consultare il nostro protettore, il semi-dio Herne, oppure una via più pericolosa nel castello di Nottingham. Entrambe le soluzioni sono molto avvincenti, anche se preferisco la strada per la città, complice il fatto di poter portare a termine più missioni. Infatti durante l'avventura vi capiterà di ricevere più richieste di aiuto; ogni missione completata ci assegna dei punti, e al paragrafo finale si tirano le somme, stabilendo se si è riportata una vittoria totale, notevole, buona o di stretta misura.
Il foglio d'identità è molto ben realizzato, e presenta un piccolo schema del nostro personaggio, con la divisione del corpo in base al numero di colpi che può ricevere (tutto ciò è spiegato meglio nella parte relativa al combattimento, vedi infra). Inizialmente dobbiamo assegnare un certo numero di punti a delle caratteristiche: Comb corpo a corpo, Comb a distanza, Equitazione, Destrezza, Risanamento, Percettività, Orientamento, Poesia, Fascino, Travestimento. Molto utili i punteggi di combattimento (stranamente si preferisce quello corpo a corpo, dico stranamente perchè sempre di Robin Hood si tratta...), chiaramente la destrezza e non dimenticate qualche punticino per travestimento, percettività e risanamento. Caratteristica fondamentale sono i Punti della Luce e delle Tenebre: Robin Hood parte con cinque punti luce, una sorta di potere che pùò essere utilizzato in casi estremi per tirarci fuori dai guai (possono essere usati solo dove espressamente scritto), e una volta consumati provocano l'immediata sconfitta. I punti vengono tolti anche in caso di fallimento di alcune missioni o dopo aver compiuto atti infami! Molto divertente è la sezione relativa ai compagni di Robin: Marion, Tuck, Little John, Will Scarlett, Much, Nasir. Spesso durante l'avventura vi capiterà di perdere alcuni dei vostri compagni o di ritrovarvi solo, il che non sempre è un vantaggio ... Tuck potrebbe venir rapito, Marion potrebbe piantarvi e Will Scarlett si sa, non è mai troppo affidabile! Addirittura potreste farvi nuovi amici (e vi consiglio di farlo).
Il punto di forza della serie è il sistema dei combattimenti, basato anche sulla possibilità di colpire l'avversario in più punti del corpo. La novità è che, come è logico immaginare, non tutte le ferite in determinati punti del corpo risultano uguali al altre. Quattro colpi alle braccia equivalgono ad un colpo alla testa (che chiaramente è più raro da ottenere nella Tabella di Combattimento), anche se già due colpi alle braccia riducono notevolmente la combattività. Senza contare il mitico "tiro libero" che si ottiene colpendo l'avversario in maniera "poco cavalleresca" al basso ventre. Tutto ciò contribuisce a rendere i combattimenti più vari e divertenti della maggior parte delle altre serie.
Altro punto di forza sono le bellissime copertine, chiaramente del bravissimo P.A. Jones. Le ilustrazioni interne sono discretamente belle, peccato siano poche e di piccolo taglio.
E' un librogame da leggere e rileggere per attraverare più strade possibili, e consiglio caldamente a tutti di comprarlo, non ve ne pentirete.
L'unica domanda che mi pongo è: perchè diavolo hanno interrotto la serie??
Interattività (cioè quanto il LG sfrutta le potenzialità a sua disposizione): 9 Stile di scrittura (quanto l'autore sa coinvolgere per qualità letteraria): 10 Ambientazione (quanto l'autore sa coinvolgere per la ricchezza dei luoghi e dei fatti): 10 Bilanciamento (equilibrio tra le regole e l'effettiva difficoltà): 9 Grafica: 10
Voto complessivo: 10 Difficoltà: Media
ps. ho pensato di utilizzare lo schema delle recensioni di altri utenti del forum, dato che le ho trovate estremamente valide e interessanti. Mi scuso per la violazione di copyright!
Titolo originale: The Sword of the Templar Autori: Richard Carpenter (personaggi) e Paul Mason (gioco e testo) Illustrazioni: Russ Nicholson Copertina: Peter Andrew Jones Traduzione italiana: Elena Colombetta (1991)
Con il secondo capitolo, la serie Robin Hood raggiunge il suo apice, per poi giungere ad una prematura conclusione. La Spada del Templare inizia in modo piuttosto simile a Il Demonio del Re: il protagonista incontra un misterioso cavaliere, stavolta dell’Ordine dei Templari, armato di una strana spada dalla lama nera. Spinto da un sesto senso irresistibile, Robin Hood decide di seguire Sir Roger e di scoprire il motivo della sua visita a Nottingham.
L’indagine nei confronti del Templare è solo il leit motiv di una storia ricca di sfaccettature, dove c’è spazio per un’inaspettata varietà di trame parallele. Oltre ai punti di Potere risparmiati, si dovrà valutare la consistenza della vittoria anche in base a quante “side-quest” sono state portate a termine. Sir Roger sembra ben determinato a liberare Sherwood dalla presenza di Herne, secondo lui un’entità malefica, mentre lo Scerifffo ed il suo cerimoniere Ingran de Blois paiono più interessati ad espropriare il Vescovo di Carlisle del feudo di Gatham. Sebbene le storie scorrano su binari distinti, è possibile ottenere successi simultanei ed incrementare la consistenza della propria vittoria finale.
La gestione delle molteplici sottotrame è il punto di forza de La Spada del Templare, che denota una struttura pregevole ed articolata. Compare un nuovo personaggio, Clim del Cleugh, con il quale si possono instaurare relazioni che influenzano moltissimo l’avventura. Si può decidere di seguire il Templare a Nottingham, correndo un sacco di rischi che garantiscono l’accesso ad alcuni sub-plot interessanti; in alternativa si può ricorrere all’aiuto di Herne. In questo secondo caso viene saltato oltre un terzo del librogame, poiché si imbocca subito una pista dal sapore onirico-mitologico, altrimenti ridotta e posticipata.
Non sono presenti storture di sorta e non ci sono grossi ostacoli per chi vuole terminare l’avventura, però se il giocatore decide di tentare la strada più lunga e difficile troverà alcuni check impietosi. Nella malaugurata occasione che finisca catturato nelle celle di Nottingham, la fuga può rivelarsi una pia illusione (io ho tentato due volte e sono morto sempre nello stesso punto). Molto apprezzabile l’uso di personaggi ed oggetti, la cui presenza/assenza ha conseguenze imprevedibili ed apre opzioni impensabili. In nessun altro librogame ho rilevato un uso così selettivo e puntuale degli oggetti trovati.
Il secondo episodio di Robin Hood merita un elogio, perché sa gestire molteplici trame conservando un unico filo logico e senza trascurare il bilanciamento. Peccato per certi lanci proibitivi e per la difficoltà oggettiva di accedere a certi percorsi, perché sarebbe stata preferibile una maggiore libertà di scelta. In fin dei conti, ottenere più punti a fine avventura implica aver fatto buoni tiri nei momenti decisivi, e questo non è quello che l’appassionato di librogame si aspetta. Abbiamo comunque a che fare con un lavoro di buona qualità, capace di intrattenere per molte partite consecutive. Non è un pregio che può essere trascurato.
Ambientazione: 8 Stile di scrittura: 8 Bilanciamento: 6 Interattività: 9 Aspetto grafico: 7
Paul Mason sostiene che lui e Graham Staplehurst hanno entrambi partecipato alla stesura di tutti e due i volumi di Robin Hood. Eppure i fatti sembrano smentirlo clamorosamente: com’è possibile che le modalità di lavoro siano state le stesse se tra il primo e il secondo libro ci sono così tante differenze? La spada del Templare ha un solo paragrafo di morte collettivo, a cui rimandano tutte le situazioni andate a mal fine; lo stile narrativo è infinitamente più gradevole, più vivace, più chiaro e dettagliato, potente ed evocativo; infine, la storia segue un filo conduttore ben definito, pur concedendosi divagazioni come è giusto che sia in un librogame.
Tutto comincia quando un cavaliere Templare, Sir Roger di Ledbury, attraversa Sherwood e affronta Robin armato di una spada nera dall’aspetto temibile, evidentemente dotata di grandi poteri. L’origine dell’arma è il mistero su cui far luce, e neutralizzare chi la usa è lo scopo ultimo della missione, perché il Templare ha il compito di eliminare il culto di Herne e tutti i seguaci del Cacciatore.
Il filone principale è sviluppato egregiamente, prevedendo un viaggio dal sapore onirico durante il quale incontreremo personaggi misteriosi e leggendari e affronteremo minacce illusorie, eppure assolutamente concrete. Ogni passo è lasciato alla decisione del giocatore, che ha piena libertà di scelta e troverà pane per i suoi denti lungo qualsiasi percorso. C’è un gran numero di oggetti e di bonus da conquistare, e ciascuno ha il suo utilizzo; rischi e benefici sono sempre ben bilanciati, la morte è costantemente in agguato ma non mancano i mezzi per sfuggirle.
Oltre a questo sentiero obbligato, molto affascinante e abbastanza ricco di possibilità da offrire spazio a ripetute esplorazioni, esistono anche un paio di sub-quest molto intricate e ben congegnate, il cui scopo è quello di incrementare il punteggio finale. Risolvendo con successo (e non è per niente facile) queste missioni collaterali si realizza pienamente il valore del libro, che altrimenti sarebbe sì bello e soddisfacente, ma effettivamente un po’ troppo breve. Purtroppo bisogna riconoscere che ottenere il punteggio massimo è molto difficile, per via della controintuitività di certe scelte, di lanci di dado assurdamente difficili e di requisiti finali elevatissimi. La vittoria totale si ottiene con 22 punti o più, ma per quel che ne so io fare di più è matematicamente impossibile, perché un personaggio equilibrato al meglio dei punti disponibili all’inizio non avrà occasione di guadagnare un singolo punto di Potere; al contrario, avrà molteplici modi per consumarne, e così facendo si precluderà il massimo dei voti, che quindi è raggiungibile solo con una “prestazione” perfetta sotto tutti i punti di vista. Mi sembra un tantinello troppo esoso, anche se è certamente un ottimo sistema per indurre il lettore a sviscerare per bene tutti i piccoli anfratti del libro, compresi quelli da cui è quasi impossibile uscire (vedi la prigione di Nottingham).
La spada del Templare è un buon librogame, ma come il suo compagno soffre a causa di un regolamento applicato in modo inspiegabilmente punitivo. Per quale motivo il numero di controllo per il Travestimento è 3 in una situazione di grande rischio e quello di tutte le altre caratteristiche dev’essere sempre zero o meno, magari in contingenze banali? Gli autori dovevano sapere benissimo che un personaggio equilibrato non ha molte possibilità di riuscire in una serie di lanci così pretenziosi. Eppure la situazione è questa, e la conseguenza è che ci si perde molto facilmente un buon numero di scene interessanti (la testa d’argento è particolarmente memorabile) e diventa quasi miracoloso riuscire in azioni il cui successo è invece importante.
Dispiace che sia così, perché l’avventura ha ben più di un’ossatura solida: ha anche un contorno fatto di scene, dialoghi, personaggi interessantissimi, tutti ben scritti e ben caratterizzati, con qualche pezzo memorabile come lo scontro con William di Cloudesley. La coerenza della narrazione è encomiabile, così come i suoi collegamenti con il telefilm, che stavolta risultano facilmente comprensibili anche a chi non vi abbia assistito di persona. Sono soltanto i dadi ad impedire che un libro già bello possa essere bellissimo.