1)Prova ad aprire questo libro, ma attenzione: il rischio è quello di trovarsi all’improvviso in un castello tra le verdi foreste della Transilvania...
2)Una orrenda creatura, un mostro spaventoso nato mettendo insieme vari pezzi di diversi cadaveri è fuggito dal laboratorio del dottor Frankenstein!
In questo libro il protagonista sei tu. Scegli da che parte stare...
Nel 1986 J.H. Brennan, il più poliedrico autore di librogame nonché uno dei più geniali in assoluto, ha un’altra delle sue grandi intuizioni e decide di scrivere un paio di librigioco dedicati ai due mostri più famosi dell’horror moderno. Nasce così la miniserie intitolata Horror Classic.
Brennan, essendo anche autore di numerosi libri “non giocabili” ed avendo da sempre una certa passione per il fantastico e l’occulto, dimostra di conoscere molto bene i romanzi da cui prende il via questa serie. Né nel volume dedicato a Dracula, né in quello che riprende (ambientandola negli anni ’80) la tappa conclusiva della storia del barone Frankenstein e del suo mostro, mancano riferimenti e citazioni alle opere originali; ma si tratta comunque solo di una base, perché il testo dei libri reca in ogni paragrafo l’inconfondibile stile dell’autore, vario ed elegante sebbene mai privo di ironia e humor gustosissimi.
Brennan è noto per non aver mai riciclato un sistema di gioco, e quello impiegato in Horror Classic è probabilmente quello che gli è riuscito meglio tra tutte le sue serie pubblicate in Italia, perché è molto facile da apprendere e da applicare, eliminando i calcoli infiniti di Fire*Wolf e velocizzando i combattimenti anche più che in Alla corte di Re Artù. Il personaggio (come i suoi nemici) possiede cinque caratteristiche, tra cui: - Velocità e Coraggio, la cui somma serve per stabilire chi colpisce per primo; - Forza e Abilità, che invece stabiliscono il danno. Salvo specificazioni, per colpire bisogna fare sempre almeno 6, e il punteggio dei dadi, sommato a Forza e Abilità, è l’ammontare del danno inflitto. Raramente entrano in gioco armi e armature che modificano il danno, e quindi i calcoli sono veloci (e i Punti di Vita sottratti sempre tali per cui i combattimenti si risolvono in pochi scontri). L’ultima caratteristica, Psico, è il numero di volte in cui il personaggio o il suo nemico può ricorrere a speciali abilità, alcune insidiose, altre letali, altre ancora a doppio taglio.
La vera trovata geniale di Brennan è però quella di aver allestito, di fatto, due avventure doppie sotto più aspetti. Prima di tutto i paragrafi: ne esistono di due tipi, i Loc e gli Act. I Loc contengono le descrizioni dei vari luoghi visitabili; ogni paragrafo d’azione (Act, appunto) ha un rimando al Loc relativo, cosicché il gioco non viene appesantito da descrizioni eccessive e ripetitive. In più, essendo separati, i Loc possono contenere descrizioni lunghe, accurate e molto evocative, che vanno quasi a costituire una piccola “guida turistica” del libro. Gli Act, dal canto loro, sono organizzati come in Fire*Wolf: testo normale per descrivere la situazione, testo in corsivo per parlare direttamente al lettore e fornirgli le opzioni sul da farsi*. La narrativa è di gran classe, e mescola descrizioni bellissime (non solo quelle dei Loc) a battute graffianti e situazioni assurde degne delle avventure più deliranti di Alla corte di Re Artù (in effetti, i due libri sono zeppi di riferimenti alla serie più famosa di Brennan).
Il secondo “sdoppiamento” consiste nel fatto che ogni libro contiene due avventure: gli Act dispari ci vedono nei panni del mostro di turno, quelli pari invece sono dedicati all’umano che gli dà la caccia. I luoghi visitati sono per lo più gli stessi, ma vengono visti da due prospettive diverse e vi succedono cose completamente differenti. La varietà dei libri ne guadagna moltissimo, e permette a Brennan di sbizzarrirsi come non mai nella creazione di eventi ed esseri completamente fuori di testa. Inoltre i diversi personaggi esplorano anche delle ambientazioni a loro esclusive, come esemplificato dalla magnifica città perduta di Xanthine, visitata dal barone Frankenstein nel secondo volume.
Da questa descrizione si può capire quanto la varietà e la ricchezza, sia ludica che letteraria, di Horror Classic siano elevate; una lettura diretta può poi velocemente confermare come lo stile dell’autore sia decisamente maturo, in grado di offrire avventure sì gustosamente ironiche, ma non fino ai livelli di delirio puro in cui sprofonda fin troppo volentieri il prode Pip. Horror Classic riesce anzi a far scorrere dei brividi lungo la schiena, a volte per l’intensità emotiva di alcuni passaggi, a volte semplicemente per la strabiliante atmosfera creata dalle descrizioni e dai disegni, splendidi soprattutto nel primo volume (il secondo, seppur notevole sotto questo punto di vista, ha un’ambientazione che meno si presta ad una rappresentazione grafica così efficace). Anche giocando ci si accorge che l’autore ha profuso un certo impegno nella strutturazione degli ambienti e degli eventi: se si escludono alcune sviste nel volume Il conte Dracula, infatti, i due libri si giocano assai bene. Il giocatore ha quasi sempre il controllo della situazione, le morti gratuite sono abbastanza rare, i combattimenti mai impossibili, il lancio di dadi vita-o-morte si vede poco e quasi mai pone condizioni proibitive. E’ un grosso passo avanti rispetto a Fire*Wolf, e in modo particolare il secondo volume raggiunge un livello di qualità molto alto anche per un autore scafato come Herbie. Facendo una media abbastanza ponderata tra i soli due libri disponibili, si può sicuramente dire che Horror Classic sia una serie riuscita; Il Conte Dracula dà sempre la sensazione di un libro scritto senza essere stato giocato a fondo, mentre Frankenstein è un piccolo capolavoro.
*Nota filologica: in realtà, l’uso del corsivo nel testo viene usato da Brennan anche in Grail Quest a partire dal terzo volume, ma in Alla Corte di Re Artù viene eliminato dalla traduzione, scrivendo tutto in caratteri normali.
Titolo originale: Horror Classics Autore: J.H. Brennan Illustrazioni: Tim Sell Copertine: Tim Sell
Nel 1986 John Herbie Brennan non aveva ancora scritto l’ultimo capitolo di Alla Corte di Re Artù ed era già intento ad esplorare nuovi orizzonti. Forte di una vasta esperienza nello sviluppo di librogame, l’inesauribile scrittore britannico ha deciso di ispirarsi a due classici romanzi dell’orrore e di trasformarli in altrettante avventure interattive. In realtà è riuscito a fare di più: da due libri ha tratto quattro avventure, perché ciascuno degli episodi di Horror Classic può essere giocato due volte, nel ruolo di una creatura mostruosa oppure in quello del cacciatore che cerca di salvare il mondo da un simile abominio.
Non ci sono molti “classici dell’horror” nella letteratura mondiale. Brennan ha compiuto le scelte più ovvie affidandosi a Dracula di Bram Stoker e Frankenstein di Mary Shelley, perché questi mostri figli dell’epoca romantica hanno caratteristiche che li accomunano agli esseri umani, rendendo possibile l’immedesimazione. Purtroppo non sono stati trovati altri personaggi adatti allo stesso tipo di librogame, oppure semplicemente è venuta meno la spinta verso questo tipo di letteratura. Ad ogni modo, questa breve serie si contraddistingue per un’impostazione peculiare e per una libertà di movimento assoluta. Laddove nel primo episodio queste caratteristiche sono gestite in maniera approssimativa e non raggiungono l’obiettivo, nel secondo Brennan costruisce un librogame esemplare, tecnicamente così ben realizzato che potrebbe fungere da pietra di paragone.
Lo sdoppiamento dell’avventura è consentito dall’uso dei paragrafi pari per il personaggio umano e dispari per il personaggio mostruoso. È incredibile come ad un numero ridotto di paragrafi pro capite, 115 nel primo e 139 nel secondo, corrispondano avventure molto lunghe e dalla soluzione tutt’altro che banale. Il segreto sta nell’autonomia in cui avviene l’esplorazione, grazie ad una precisa “mappa di paragrafi” entro la quale ci si può spostare a piacimento. Nel primo volume la mappa è integrata da una tabella dei passaggi segreti (Materiale Top Secret) che aggiunge ulteriore complessità agli ambienti; nel secondo è più accentuato il concetto dei luoghi “esclusivi”, cioè disponibili solo ad uno dei due personaggi.
Un’altra scelta senza precedenti è la separazione delle descrizioni dei luoghi (Loc) dai normali paragrafi di azione (Act). Ciascun Act riporta nell’intestazione il Loc di riferimento, per cui è possibile consultare l’elenco delle descrizioni ad inizio libro prima di procedere. Personalmente trovo questo sistema macchinoso ed inutile. Il lettore tende a passare da un Act al successivo e, se il Loc è cambiato, è piuttosto seccante doversi cercare la descrizione nelle prime pagine. D’altra parte non si comprende l’utilità di tutto ciò, in quanto i Loc che si ripetono in molti paragrafi (es. “gli orizzonti perduti” del secondo volume) non hanno bisogno di una descrizione accurata, mentre quelli che interessano uno o due paragrafi potrebbero benissimo accorpare la descrizione al testo dell’Act. L’unica situazione che giustifica tale suddivisione è l’avventura del Conte Dracula, dove entrare da una porta o da un’altra implica il verificarsi di eventi diversi. In tal caso la descrizione della stanza è la stessa ma l’Act in cui viene sfruttata varia sensibilmente, perciò accorpare Loc e Act porterebbe a paragrafi più lunghi e pesanti. Va però detto che l’organizzazione del castello di Dracula non è certo un capolavoro di coerenza; anzi, va catalogata tra i più colossali pastrocchi mai ideati da Brennan.
Quel che funziona a meraviglia è invece il regolamento, una specie di uovo di Colombo che mette d’accordo tutte le precedenti trovate dell’autore. Ciascun personaggio parte con 100 PUNTI DI VITA, colpisce facendo 6 o più ed infligge un danno pari al punteggio ottenuto ai dadi (quindi 6-12), sommato alle caratteristiche di FORZA e ABILITÀ. Altri due punteggi, VELOCITÀ e CORAGGIO, concorrono nel determinare chi sferra il primo colpo. La quinta ed ultima caratteristica, PSICO, è sfruttata per attivare una delle speciali capacità che contraddistinguono il personaggio. Ad ogni utilizzo si perde un punto di PSICO o, se si è già a zero, 20 PUNTI DI VITA. Le caratteristiche si determinano tirando un dado e spesso il testo richiede di metterle alla prova; il controllo ha successo se con un dado si ottiene meno del punteggio chiamato in causa.
Il pregio principale di questo sistema è la fluidità di gioco. I combattimenti si risolvono in pochi scontri e sono normalmente ben bilanciati, perché anche i nemici devono fare 6 o più per colpire. Brennan non sa resistere alla tentazione di sparare numeri a caso e questo si nota esaminando i punteggi degli avversari, dotati di caratteristiche medie molto alte e di qualche potere fuori dal seminato (vedi la Mano Rugosa di Satana e l’aquila meccanica). Per fortuna il regolamento pare in grado di compensare gli squilibri introdotti dal suo incosciente creatore, infatti i combattimenti assurdi si contano sulle dita di una mano e la partita procede con discreta serenità.
In queste avventure Brennan adotta un registro variabile, che si adatta ai diversi protagonisti ed alle singole situazioni. Le storie dei mostri sono presentate in modo scanzonato ed a tratti marcatamente umoristico, mentre per i personaggi umani sono frequenti le scene inquietanti, la cui tensione può essere infranta da una subitanea battuta oppure mantenuta con fredda lucidità. L’abilità del Brennan scrittore, già evidente nelle altre serie, trova in Horror Classic il terreno ideale per accostare registri diversi e stupire per la repentina capacità di adattamento alle circostanze.
Pur preferendo le amenità e la ricchezza di Alla Corte di Re Artù, devo riconoscere che l’impostazione di questa serie è più rigorosa e matura. Ci sono numerose sviste e perfino errori di principio, ma tutto sommato l’architettura dei librogame regge sempre, quando non assume connotazioni grandiose. Che se ne sia reso conto oppure no, J.H. Brennan ha messo a segno un altro bel colpo con i librogame Horror Classic, confermando il suo ruolo fondamentale in questo genere letterario.